venerdì 9 settembre 2022

Il magistero come un piumino

Ringrazio Don Claude Barthe per il testo che segue che mette in risalto diversi punti caldi dell'odierna realtà ecclesiale focalizzandoli nell'ottica del controverso cammino sinodale tedesco, sul quale trovate approfondimenti in diversi link a partire da qui.

Il magistero come un piumino
«Sono un generale, che non combatte più
e che è stato nominato direttore di scuola» (cardinal Ottaviani).
«Un tempo il Sant’Uffizio aveva il dovere di difendere la fede,
ma ora le cose sono cambiate» (cardinal Seper, successore di Ottaviani)

Si può dire che una frattura di fatto con la Chiesa romana, la sua fede e la sua disciplina fondamentale si sia consumata presso un certo numero di vescovi, di preti, di fedeli tedeschi. D’altronde ben altre lacerazioni esistono, ma è giocoforza constatare come nessuna di queste sia dichiarata: i devianti, anche su punti essenziali di morale o della dottrina, restano tranquillamente in mezzo al gregge. Se coloro che, in un modo o nell’altro, rimettono in discussione il Concilio vengono facilmente etichettati come scismatici e talvolta trattati di conseguenza, agli eterodossi più manifesti molto raramente e con quanti riguardi viene invece intimato di scegliere chiaramente tra l’accettazione o il rifiuto della fede cattolica e quindi, nella seconda ipotesi, mai vengono tolti ufficialmente dal Corpo, con maggior danno per i membri ancora sani ed anche per loro stessi, dato che non vengono invitati a pentirsene.

Verso uno scisma tedesco? No, verso una transazione
Le eresie o il disprezzo della disciplina della Chiesa, che si sono manifestati durante il Cammino sinodale, il Synodale Weg tedesco, sono considerevoli. Il 4 febbraio scorso, un complesso di risoluzioni è stato approvato con l’85 o l’86% dei voti, a seconda dei casi, compresi i voti di due terzi dei vescovi. Tali risoluzioni raccomandavano niente meno che l’ordinazione sacerdotale delle donne, l’ordinazione degli uomini sposati, l’autorizzazione al matrimonio per i sacerdoti in attività, la revisione della morale sessuale (in particolare, quella della dottrina della Chiesa sulla contraccezione e sull’omosessualità, con possibile benedizione delle coppie omosessuali), la condivisione del governo della Chiesa con i laici.

Delle voci si sono levate, come quella del cardinale Müller e persino del cardinale Kasper [è emersa anche la preoccupazione di Ratzinger dal recinto di Pietro qui - qui e la voce di mons. Schneider qui -ndr], senza parlare dei 74 vescovi, tra cui 4 cardinali, che hanno inviato una lettera di monito (qui) ai loro confratelli tedeschi[1]. Ma nessuna ritrattazione è giunta da parte loro. Chi d’ora in avanti dirà a questi uomini di Chiesa, soprattutto ai pastori, che sono naufragati nella fede? Roma? Per il momento è inimmaginabile. I vescovi tedeschi in disaccordo coi loro confratelli? È molto improbabile.

In realtà, questa crisi, come molte altre, si risolverà con una transazione, così come avviene per i conflitti ideologici nelle democrazie. La contestazione della morale non pone particolari problemi all’apparato ecclesiastico: l’adulterio pubblico o la vita «matrimoniale» omosessuale non impediscono oggi a nessuno di ricevere la comunione eucaristica, poiché il discorso ufficiale fa in modo d’adeguarsi alla prassi nella modalità della misericordia e dell’accompagnamento, in linea con Amoris lætitia [vedi].

Al contrario, l’ordinazione delle donne e degli uomini sposati protestantizzerebbe la Chiesa laicizzandola e dunque provocandone inevitabilmente il dissolvimento tanto del potere romano quanto dei poteri episcopali. Perché l’istituzione ecclesiastica, che sembra non esser più che un quadro amministrativo, ideologicamente molto vincolante, è in realtà molto fragile. Nella sua intervista del 19 maggio 2022 con i direttori delle riviste culturali europee dei Gesuiti, Francesco è stato molto chiaro: «Al presidente della Conferenza episcopale tedesca, mons. Bätzing, ho detto: “C’è una Chiesa evangelica molto buona in Germania. Non abbiamo bisogno di una seconda!”».

E nondimeno, ricevendo nuovamente, il 24 giugno, mons. Georg Bätzing, Francesco lo ha incoraggiato a «proseguire nel Cammino sinodale» ed a formulare «raccomandazioni per un cambiamento nelle modalità d’azione della Chiesa». Niente sacerdotesse ma, in linea col motu proprio Spiritus Domini dell’11 gennaio 2021, i ministeri laicali di accolito e lettore verranno conferiti alle donne e senza alcun dubbio presto per loro si avrà un ministero di diaconato femminile [qui] e, perché no?, di presidente di assemblee cui parteciperebbero anche i preti istituiti per consacrare, con la possibilità sicuramente data alle donne di assicurare la predicazione liturgica.

E in questo chiaroscuro transazionale, il Simposio sul sacerdozio, organizzato dal cardinal Ouellet e tenutosi in Vaticano dal 17 al 19 febbraio 2022, ha giocato il ruolo di valvola di sfogo per gli ambienti moderati, facendo sentire discorsi ben più classici, tuttavia con «aperture» di principio sul sacerdozio battesimale e sul ruolo delle donne nella Chiesa.

Le eresie ordinarie
Molti sono rimasti sorpresi dall’intervento critico contro il Cammino sinodale tedesco, fatto dal cardinal Kasper, ritenuto alquanto progressista. In realtà, se, come il cardinale Schönborn o altri alti prelati bergogliani, ha partecipato all’apertura della breccia nella morale, difesa da Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, egli non vuole una secolarizzazione definitiva dell’istituzione. In una lunga intervista pubblicata il 9 giugno 2021 sul bollettino diocesano di Passau, il cardinale Kasper critica, del Cammino sinodale, gli eccessi più «sociologici» che «evangelici» e dà questo giudizio sull’ecumenismo rivendicato dal Cammino: «Molti non sanno nemmeno più cosa sia cattolico e cosa sia protestante. Non hanno superato le differenze, non le conoscono neanche più. Così, ci evolviamo in un sogno fumoso diffuso ed in un ecumenismo apparente».

L’ex-Presidente del Consiglio per l’Unità dei Cristiani dice cose giustissime, non solamente a proposito della coscienza dell’identità cattolica, ma anche in generale della ricezione del Credo. Si può accennare al caso della fede – dell’assenza di fede – nel peccato originale[2], tanto più sintomatico in quanto la negazione del peccato originale è, a sentire, tra gli altri, Donoso Cortès, il segno della civiltà delle passioni nata dalla Rivoluzione.

È evidente che la stragrande maggioranza della teologia contemporanea nega il carattere storico del peccato originale e si rifiuta di dire che il padre dell’umanità ha commesso un peccato di disobbedienza, che gli ha fatto perdere la grazia di Dio ed i doni che l’accompagnavano, così da trasmettere una natura umana ferita a tutta la sua discendenza.

Questo peccato, che sarebbe stato «inventato» da sant’Agostino, viene negato frontalmente da taluni, di cui Padre Gustave Martelet è buon esponente: l’azione, che viene descritta nel capitolo terzo della Genesi, non è il primo peccato, in senso cronologico, bensì «il peccato attuale parabolicamente gettato all’inizio della storia»[3], l’effetto cumulativo dei peccati individuali degli uomini, effetto che costituisce un’eredità, un «mondo» in cui si entra tramite la generazione umana. Il peccato originale viene così chiamato solo «perché è anteriore alla libertà di ciascun individuo, che ne è oggettivamente segnato, in quanto entra in un mondo storicamente peccatore».

Oppure l’opposto, che è ancor più imbarazzante, come ciò che viene sostenuto da mons. André Léonard, già arcivescovo di Malines-Bruxelles: «Questo racconto [quello del peccato di Adamo nella Genesi] è evidentemente simbolico, non perché esso narri un’illusione, bensì perché la realtà che evoca e che non appartiene al mondo storico presente – collocandosi appunto alle sue origini – viene espressa con termini e secondo schemi propri della nostra esperienza attuale, quindi in modo fortemente inadeguato[4]». In altre parole, il peccato originale sarebbe fuori dalla storia e la precederebbe. È quanto spiega David Sendrez, che insegna presso la Facoltà Notre-Dame e presso l’Istituto superiore di Scienze religiose del Collegio dei Bernardini: propone ciò ch’egli definisce finemente una «lettura debole» di Genesi 3 e di Romani 5 («per un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e mediante il peccato la morte e così la morte si è diffusa a tutti gli uomini…»): «Il peccato originale originante è il primo peccato, dove primo è inteso in maniera meta-storica. […] Il dato dogmatico, secondo cui il peccato d’Adamo ha cambiato lui e la sua discendenza in una condizione peggiore, nei loro corpi e nella loro anima, non necessita, per essere onorato, di supporre due stati del mondo realizzati sul piano storico ed in successione, quello antecedente il peccato e quello seguente[5]». Così, s’insegna al Collegio dei Bernardini, il peccato originale apre la serie dei peccati nella storia, ma non è esso stesso situato nella storia: non v’era alcuno stato prima della colpa, se non nel «progetto creatore». Comprenda chi lo possa. Ad ogni modo, ciò respinge il fallimento del peccato nell’azione creatrice, ciò che non corrisponderebbe al progetto divino…

Ed è anche dalla dottrina dei fini ultimi (praticamente scomparsa dalla predicazione) che la teologia di oggi prende le distanze, assieme a quella della risurrezione corporea di Cristo, della verginità perpetua di Maria, ecc.

* * *
Tuttavia, ai giorni nostri, nessuna interpretazione innovatrice divergente dall’interpretazione tradizionale implica un rischio d’esclusione. Senza denunciare tali interpretazioni devianti del Credo, è l’oggettività dell’annuncio del messaggio che si dissolve nella soggettività dell’interpretazione. Nulla è più chiaramente cattolico, poiché tutto è confusamente cattolico. Come potrebbe essere altrimenti, quando documenti ufficiali, come il capitolo VIII dell’esortazione Amoris lætitia o testi conciliari quali Unitatis redintegratio sull’ecumenismo, hanno essi stessi questo carattere fumoso e confuso, evidenziato dal cardinale Kasper. Prima d’esser recepita dai cattolici, tale nebbia è nel messaggio loro consegnato («La Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica», Lumen Gentium n.8 [vedi Nota di Chiesa e e post-concilio]). O, per usare le parole di David Sendrez, nella «lettura debole» del dogma, ovvero, in realtà, nell’esposizione di una dottrina debole offerta dai pastori, che a sua volta genera nei fedeli una fede debole. Di tale debolezza sistemica la Conferenza episcopale francese, tra le altre, dovrà un giorno pentirsi.
Don Claude Barthe - Fonte
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[1] Si veda il nostro articolo «Se il papa tace, che parlino i vescovi!», Res Novæ giugno 2022.
[2] Vedere il dossier de La Nef, luglio-agosto 2019, «Le péché originel. Ce que l’Église en dit» [«Il peccato originale. Ciò che ne dice la Chiesa»].
[3] Gustave Martelet, Libre réponse à un scandale [Libera risposta ad uno scandalo], Cerf, 1986.
[4] André Léonard, Les raisons de croire [Le ragioni del credere], Fayard, 1987.
[5] David Sendrez, Le péché originel [Il peccato originale], Parole et Silence, 2018.

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Nota di Chiesa e post-concilio
Si tratta della distinzione conciliare tra Chiesa di Cristo e Chiesa cattolica. Il problema del “subsistit in” dà l’impressione che esistano due realtà separate: da una parte la Chiesa di Cristo, dall’altra la Chiesa cattolica; e la sua posizione nei confronti delle religioni non cristiane e del mondo contemporaneo.

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