È cristiana, non può fare la premier
Forbes doveva succedere alla dimissionaria Sturgeon ma è naufragata perché “troppo” cristiana.
Forse nemmeno i più radicali fra gli illuministi francesi avrebbero mai pensato che un giorno potesse accadere. Fatto sta che oggi essere cristiani, anche nel mondo occidentale, significa sempre più essere svantaggiati nella vita sociale. Siamo passati dalla società secolarizzata a quella post-cristiana, dal principio di laicità a quello di esclusione. Che è poi quanto di più illiberale possa esserci, quasi una riproposizione col segno cambiato di quella intolleranza che i vecchi illuministi imputavano, non sempre a ragione, ai cristiani.
È questo il senso della vicenda capitata a Kate Forbes, la trentaduenne ministro delle Finanze del governo scozzese candidata a succedere alla dimissionaria (per stanchezza) Nicola Sturgeon, leader dello Scottish National Party, a capo del governo. Benché data subito per favorita, la candidatura di Forbes è naufragata quando i riflettori sono caduti sul suo essere cristiana, e quindi sulla sua contrarietà di principio alle nozze gay e all’aborto, seppur solo in privato e senza che ciò compromettesse minimamente il suo rispetto per le leggi in vigore che disciplinano la materia.
Il Times ha subito centrato, in un commento, il punto. “Una volta – ha scritto il giornale londinese – l’appartenenza alla Chiesa conferiva status, oggi il cristianesimo sta diventando un impedimento all’ascesa di una persona ai livelli alti della società. Chiunque tenti di sposare gli insegnamenti cristiani tradizionali nell’ambito di un moderno studio legale, banca o società di consulenza, si vede messo alla porta”.
Il paradosso più grande è che però ciò che non viene concesso ai cristiani viene concesso ai musulmani. Dopo l’esclusione della Forbes, il candidato alla leadership più forte è proprio un seguace della religione di Allah, Humza Yousaf, che a sua volta ha detto di rispettare le leggi dello Stato e persino quella molto controversa da poco approvata dal parlamento scozzese (e su cui la Forbes aveva manifestato non pochi dubbi) sul cambio automatico di sesso mediante semplice autocertificazione.
Cosa ci dice, più in generale, questa vicenda scozzese? Prima di tutto che non viviamo affatto in una società post-religiosa ma semplicemente post e anzi anti-cristiana.
Le altre religioni non solo sono tollerate, ma in virtù dei processi di pensiero propri del cosiddetto politically correct (espiazione di colpa, risarcimento, ecc. ecc.) sono addirittura favorite nell’agone politico e nella vita sociale. In barba ad ogni principio di uguaglianza. Senza minimamente considerare il loro contenuto, e nella fattispecie quello essenzialmente teocratico della religione islamica. E senza riflettere o avere cognizione del fatto che è proprio sulle libertà cristiane che si è costruito nei secoli il moderno liberalismo delle nostre “società aperte”.
C’è come una masochistica voglia dell’Occidente di autoannullarsi, rinnegarsi, tagliare le gambe alla sedia su cui siamo seduti. In sostanza, di mettere in moto, in nome del pluralismo e della diversità, pratiche di disciplinamento e esclusione non indifferenti. Il risultato è che la religione che si vorrebbe far uscire dalla porta rientra, con un aspetto intollerante, dalla finestra. I miti e i dogmi del nostro tempo, quelli della mentalità corrente più accreditata e della politica progressista, non sono meno potenti e prepotenti di quelli del passato, con l’aggravante che non vengono riconosciuti tali.
La nostra epoca si vorrebbe illuminata ma, per chi vuol vedere, ha sacche di oscurantismo non irrilevanti e che allignano soprattutto fra i sedicenti “illuminati” e i progressisti. Corrado Ocone - Fonte
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