Don Georg: «La Chiesa vive dove la liturgia
è celebrata con riverenza e coscienziosità»
Pochi conoscono la Chiesa come lui, lui che ne è stato fedele servitore ai massimi vertici. Parliamo dell’arcivescovo Georg Gänswein segretario particolare di Benedetto XVI, cui è stato accanto per quasi 30 anni. Al giornale tedesco Bunte ha raccontato come la sua vita abbia subito una svolta decisiva a partire dalla lettura del libro Introduzione al cristianesimo che lo avrebbe ispirato a studiare teologia e a diventare sacerdote, fino ad essere consacrato vescovo in Vaticano. Ma soprattutto, al giornale tedesco, avrebbe fornito delle risposte importanti sull’evoluzione attuale del sinodo tedesco che l’arcivescovo avrebbe commentato con una certa franchezza.
In particolare ha sgombrato il campo dall’equivoco che sta generando l’espressione “chiesa tedesca”: «Non c’è nessuna chiesa tedesca, c’è la Chiesa cattolica in Germania, e le cose al momento non sembrano rosee, anzi. In tutto il Paese sembra esserci un solo tema ed è il “cammino sinodale”. La risposta alle sfide attuali non sono le dispute e dibattiti su questioni strutturali o di potere. Ciò che colpisce è che là dove si proclama autenticamente la fede, dove si celebra la liturgia con riverenza e coscienza e si vive l’amore fraterno cristiano, lì vive la Chiesa».
E a proposito di questioni di potere, Bunte, non gli ha risparmiato la domanda su una delle questioni affrontate dal sinodo, quella del sacerdozio femminile, sottolineando come tra le obiezioni mosse alla chiesa cattolica dall’assemblea sinodale, sia quella di essere scarsamente al passo coi tempi, perciò in essa le donne “moderne” non si riconoscerebbero più. Obiezione a cui Gänswein ha risposto sostenendo che non esiste una “chiesa per gli uomini” e che l’affermazione che le donne di oggi non si sentano rappresentate nella chiesa sarebbe un «luogo comune, che viene ripetuto regolarmente ma non rappresenta l’opinione della maggior parte delle donne».
Gänswein ha poi affondato il colpo denunciando la tendenza, che emerge in modo particolarmente eclatante dal sinodo in Germania, ma che è piuttosto diffusa, a creare non solo una fede personale, basata sul fai da te, ma persino una Chiesa a propria immagine e somiglianza: «La fede non è creta da modellare che può essere plasmata in un modo o in un altro, a seconda dello spirito dei tempi e delle circostanze del momento» -ha sottolineato- «Una fede ridotta, annacquata non ha efficacia. La misura della predicazione è il vangelo, è Gesù Cristo stesso».
E non si tratta solo di belle parole, perché come sottolinea nella sua intervista, si tratta di convinzioni, di cui avrebbe pagato personalmente il prezzo. Infatti l’arcivescovo, ricorda di essere stato per lungo tempo stigmatizzato col marchio di “intransigente” e “fondamentalista”. Ma si difende: «Qual è il mio reato? Credo e annuncio ciò a cui ho promesso di credere e ciò che ho promesso di annunciare durante la mia ordinazione sacerdotale prima e nell’ordinazione episcopale, dopo: la fede cattolica, opportuna o inopportuna che sia. Nient’altro. Chiunque lo definisca “fondamentalista” deve chiedersi se ha un problema con la propria fede» (Foto: Imagoeconomica).
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