martedì 3 dicembre 2019

Il Mes e il “Non facciamo brutte figure”

Leo Longanesi era dell’idea che il motto da incidere sul bianco del tricolore fosse “Tengo famiglia”; l’eterna scusante che nel nostro paese giustifica corruzione, reati grandi e piccoli e quella somma di furbizie che sono lo stigma dell’italica gens.
Longanesi non sbagliava. Ma purtroppo non poteva prevedere che democristiani ed eredi più o meno legittimi – veri titolarli del copyright sul “Tengo famiglia” - non solo avrebbero dato in locazione ai compagni la cultura, la magistratura, la scuola e l' università ma che avrebbero consentito loro di smontare proprio la famiglia. Sistematicamente. Un pezzo alla volta.
Ma il centro della bandiera non è vuoto. Cancellato il “Tengo famiglia”, ora campeggia l’altrettanto italico “Non facciamo brutte figure”, ipostasi gnomica di quella vocazione masochistica che “per far vedere”, obbliga gli italiani a fare scelte clamorosamente svantaggiose e a caricarsi di pesi senza nessun reale bisogno.
Ricordo che una ventina di anni fa, in una banca, assistetti a una scena tra il penoso e il ridicolo: una madre piangeva tutte le lacrime del mondo perché il prestito di 9.000 euro per mettere su il matrimonio della figlia, non sarebbe arrivato in tempo. “Che brutta figura! Che brutta figura!” gridava la donna, cercando con lo sguardo una comprensione che, almeno da me, non ebbe. Perché non è affatto necessario, anche avendoceli, buttare nel cesso 9.000 euro per far mangiare 150 persone. So di matrimoni magnifici e solidissimi che si sono conclusi con un brindisi in sacrestia e un paio di notti a Roma o a Firenze. Senza alcuna “brutta figura”

Ora, la faccenda del MES – il cosiddetto “Fondo salva stati” – è il tipico caso da “Non facciamo brutte figure”. La Banca d’Italia – ora ha fatto una piroetta e non me ne stupisco: è la Banca d’Italia, non di Germania – il CER, altri istituti terzi ed economisti di vaglia hanno avvertito che, firmando e ratificando un trattato del genere, abbiamo solo da perdere; per certo la nostra residua sovranità finanziaria e 125 miliardi di pubblici denari ed eventualmente anche i risparmi privati: i nostri conti correnti, cioè. Senza peraltro poter accedere a nessun fondo. Perché siamo tra i reprobi del debito pubblico. A differenza della Germania e di quattro paesi vassalli del Reich.
Queste semplici ragioni – banali nella loro evidenza - hanno ripetuto da quest’estate le forze della destra nazionale e alcune - rare – voci intelligenti della sinistra e perfino dei grillotti.

Ma niente da fare. Tipi come Letta – tutti ricorderete la sua leadership di governo: una combinazione implementata tra de Gaulle, Churchill e Kennedy – e Gentiloni - il nobiluomo che, come molti suoi parigrado de Roma, liquidano l’argenteria per pagare il salumiere, stava per svendere alla Francia un pezzo di mare italiano per tirare su due lire - e più in generale tutti i piddini gridano e strepitano, come vergini velate davanti a un branco di satiri in foia, che se non firmiamo il MES non saremo “credibili”. Faremo insomma “una brutta figura”.

Ora: alzarsi da un tavolo – come ha chiesto il centrodestra – e dire “Questa robaccia ve la firmate da voi. Anzi non la firmate affatto perché l’Italia pone il suo veto”, non è una brutta figura. E’ dignità, è sacro egoismo nazionale. Ma dalla dignità i sinistri hanno divorziato alla nascita e quando sentono la parola “egoismo”, berciano con l’isteria di una sardina che scopre che la zia della fidanzata vota Salvini.

E dunque come finirà? Non lo so. Se l’Italia fosse un paese appena serio, un governo spaccato su una faccenda del genere – che impegna il futuro della nazione per decenni - dovrebbe dimettersi in un due ore. E invece il governo non si dimetterà. Fingerà di aver trovato un accordo sul MES e rimanderà a dopo le elezioni la scelta. Che sarà di accettare tutto quel che l’Europa ci impone. Per “non fare brutte figure”. E amen. (Biagio Buonomo)

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