lunedì 14 aprile 2025

Colligite fragmenta/ Domenica delle Palme

Nella nostra traduzione da OnePeterFive la consueta meditazione settimanale che, nell'ottava della Domenica precedente, ci consente di approfondirne i doni spirituali qui.

Questa domenica sono iniziati gli ultimi giorni di Cristo. Questa domenica ripartiamo liturgicamente. Attraverso il nostro culto liturgico sacro8i e il nostro crisma battesimale (che imprime il sigillo spirituale indelebile del carattere), questi sacri misteri, nella loro devota celebrazione,  sono resi presenti a noi, e noi a loro. Ora, di nuovo, nostro Signore viene a Gerusalemme, in groppa a un puledro d'asina.

Il contesto. Per mesi, gli scribi e i farisei sono diventati sempre più ostili al Signore. Poco prima del grande pellegrinaggio a Gerusalemme per la Pasqua, Cristo ha compiuto il Suo più grande miracolo: la resurrezione di Lazzaro di Betania (Giovanni 11:1-45). I capi del Tempio "tennero consiglio sul come farlo morire" (v. 53).

domenica 13 aprile 2025

Seconda Domenica di Passione o Domenica delle Palme

Con la Domenica delle Palme, Domenica dell'Osanna o più propriamente Domenica della Passione del Signore, inizia la solenne annuale celebrazione della Settimana Santa, nella quale vengono ricordati e celebrati gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù, con i tormenti interiori, le sofferenze fisiche, i processi ingiusti, la salita al Calvario, la crocifissione, morte e sepoltura e infine la sua Risurrezione e Ascesa al cielo. 
Per una visione d'insieme su questo tempo litugico, vedi: Cap. I - Storia del tempo di Passione e della Settimana Santa [qui]; Cap. II - Mistica del Tempo di Passione [qui]; Pratica del tempo di Passione e della Settimana Santa [qui]; Domenica di Passione [qui].

Seconda Domenica di Passione 
Domenica delle Palme

Ant.
- Matt. 21, 9 - Hosánna fílio David: benedíctus qui venit in nómine Dómini. Rex Israël: Hosánna in excélsis.
Matt. 21, 9 - Osanna, o figlio di Davide: Benedetto Colui che viene nel nome del Signore. O Re di Israele: Osanna nell’alto dei cieli.

La partenza da Betania.
Di primo mattino, Gesù lascia a Betania Maria sua madre, le due sorelle Marta e Maria Maddalena, con Lazzaro, e si dirige a Gerusalemme in compagnia dei discepoli. Trema la Vergine, nel vedere così il Figlio avvicinarsi ai suoi nemici, che bramano versare il suo sangue; però oggi, Gesù, non va incontro alla morte a Gerusalemme, ma al trionfo. Bisogna che il Messia, prima d'essere sospeso alla croce, sia, in Gerusalemme, proclamato Re dal popolo; e che di fronte alle aquile romane, sotto gli occhi dei Pontefici e dei Farisei rimasti muti per la rabbia e lo stupore, la voce dei fanciulli, mescolandosi con le acclamazioni della cittadinanza, faccia echeggiare la lode al Figlio di David.

Avveramento della Profezia.
Il profeta Zaccaria aveva predetta l'ovazione preparata dalla eternità al Figlio dell'uomo, alla vigilia delle sue umiliazioni: "Esulta grandemente, o figlia di Sion, giubila, o figlia di Gerusalemme; ecco viene a te il tuo Re, il Giusto, il Salvatore: egli è povero, e cavalca un'asina e un asinello" (Zc 9,9). Vedendo Gesù ch'era venuta l'ora del compimento di questo oracolo, prende in disparte due discepoli, e comanda loro di portargli un'asina ed un puledro d'asina che troveranno poco lontano di lì. Mentre il Signore giungeva a Betfage, sul monte degli Olivi, i due discepoli s'affrettano ad eseguire la commissione del loro Maestro.

I due popoli.
I santi Padri ci han data la chiave del mistero di questi due animali. L'asina figura il popolo giudeo sottoposto al giogo della Legge; "il puledro sul quale, dice il Vangelo, nessuno è ancora montato" (Mc 11,2), rappresenta la gentilità, non domata da nessuno fino allora. La sorte di questi due popoli sarà decisa da qui a pochi giorni: il popolo giudaico, per aver respinto il Messia, sarà abbandonato a se stesso e in suo luogo Dio adotterà le nazioni che, da selvagge che erano, diventeranno docili e fedeli.

Il corteo del trionfo.
I discepoli stendono i mantelli sull'asinello; allora Gesù, perché fosse adempita la figura profetica, monta su quell'animale (ivi 11,7) e s'accinge così ad entrare nella città. Nel contempo si sparge la voce in Gerusalemme che arriva Gesù. Mossa dallo Spirito divino, la moltitudine dei Giudei, convenuta d'ogni parte nella santa città per celebrare la festa di Pasqua, esce ad incontrarlo, agitando palme e riempiendo l'aria di evviva. Il corteo che accompagnava Gesù da Betania si confonde si confonde con quella folla trasportata dall'entusiasmo: ed alcuni stendono i loro mantelli sulla terra che Gesù dovrà calcare, altri gettano ramoscelli di palme al suo passaggio. Echeggia un grido: Osanna! E la grande nuova per la città è, che Gesù, figlio di David, vi sta facendo il suo ingresso come Re.

Regalità del Messia.
In tal modo Dio, con la potenza che ha sui cuori, approntò un trionfo al Figliol suo in questa città, che di lì a poco doveva a gran voce reclamare il suo sangue. Questo giorno fu un momento di gloria per Gesù; e la santa Chiesa vuole che tutti gli anni noi rinnoviamo tale trionfo dell'Uomo-Dio. Al tempo della nascita dell'Emmanuele, vedemmo arrivare i Magi dal lontano Oriente e cercare e chiedere, in Gerusalemme, del Re dei Giudei per offrirgli i loro doni; oggi è la stessa Gerusalemme che si muove al suo incontro. Questi due fatti sono in rapporto ad un unico fine: riconoscere la regalità di Gesù Cristo: il primo da parte dei Gentili, il secondo da parte dei Giudei. Mancava che il Figlio di Dio, prima di soffrire la Passione, ricevesse l'uno e l'altro omaggio insieme: e l'iscrizione che presto Pilato farà collocare sul capo del Redentore, Gesù Nazareno, Re dei Giudei, esprimerà il carattere indispensabile del Messia. Invano i nemici di Gesù si sforzeranno in tutti i modi di far cambiare i termini di quella scritta; non ci riusciranno. "Quel che ho scritto ho scritto", risponderà il governatore romano, che, senza saperlo, di sua mano dichiarò l'adempimento delle Profezie. Oggi Israele proclama Gesù suo Re; domani Israele sarà disperso in punizione del suo rinnegamento; ma Gesù da lui oggi proclamato Re, tale rimane nei secoli. Così s'adempiva esattamente l'oracolo dell'Angelo che parlò a Maria, annunciandole le grandezze del figlio che doveva nascere da lei: "Il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre, e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe" (Lc 1,32-33). Oggi comincia Gesù il suo regno sulla terra; e se il primo Israele non tarderà a sottrarsi al suo scettro, un nuovo Israele, sorto dalla porzione fedele dell'antico, e formato da tutti i popoli della terra, offrirà a Cristo un impero più vasto, che mai conquistatore sognò.
Tale è il mistero glorioso di questo giorno, in mezzo alla tristezza della Settimana dei dolori. La santa Chiesa oggi vuole che siano sollevati i nostri cuori da un momento di allegrezza, e che salutiamo Gesù nostro Re. Ella ha perciò disposto il sevizio divino di questa giornata, in modo da esprimere insieme la gioia, unendosi agli evviva che risuonarono nella città di David; la tristezza, tornando subito a gemere sui dolori del suo Sposo divino. Tutta la funzione è suddivisa come in tre atti distinti, di cui successivamente spiegheremo i misteri e le intenzioni.

La benedizione delle palme.
La benedizione delle palme, o dei rami, è il primo atto che si svolge sotto i nostri occhi; e se ne può giudicare l'importanza dalla solennità di cui fa pompa la Chiesa. Si disse per tanto tempo, che il Sacrificio veniva offerto con l'unico intento di celebrare l'anniversario dell'ingresso di Gesù in Gerusalemme. L'Introito, la Colletta, l'Epistola, il Graduale, il Vangelo e lo stesso Prefazio si succedevano come a preparare l'immolazione dell'Agnello senza macchia; ma arrivati al triplice: Sanctus! Sanctus! Sanctus! la Chiesa sospendeva queste formule solenni, e per mezzo dei suo ministro procedeva alla santificazione dei rami che sono lì accanto.
Dopo la recente riforma, appena cantata l'antifona Osanna, questi rami, oggetto della prima parte della funzione, ricevono, in virtù di una sola preghiera seguita dall'incensazione e dall'aspersione di acqua benedetta, una forza che li eleva all'ordine soprannaturale e li rende capaci di santificare le anime, di proteggere i nostri corpi e le nostre case. Durante la processione, i fedeli devono tenere rispettosamente in mano questi rami e portarli poi nelle loro case come segno della loro fede e promessa dell'aiuto divino.

Antichità del rito.
È superfluo spiegare al lettore, che le palme ed i ramoscelli di olivo che ricevono in questo momento la benedizione della Chiesa, stanno a ricordare quelle con le quali il popolo di Gerusalemme onorò l'entrata trionfale del Salvatore; ma è opportuno aggiungere qualche parola sull'antichità di questa tradizione. Essa cominciò presto in Oriente, probabilmente dalla pace della Chiesa a Gerusalemme. Nel IV secolo san Cirillo, vescovo di questa città, pensava che ancora esistesse nella valle del Cedron il palmizio che fornì i rami al popolo che andò incontro a Gesù (Catechesi, x); quindi, niente di più naturale che prendere da ciò occasione per istituire una commemorazione anniversaria di questo avvenimento. Nel secolo seguente si vede questa cerimonia, non solo fissata nelle chiese d'Oriente, ma anche nei monasteri, di cui erano popolate le solitudini dell'Egitto e della Siria. Arrivata la Quaresima, molti santi monaci ottenevano il permesso dal loro abate d'internarsi nel deserto, per passare questo tempo in un profondo ritiro; ma dovevano rientrare al monastero per la Domenica delle Palme, come sappiamo dalla vita di sant'Eutimio, scritta dal suo discepolo Cirillo. In Occidente, questo rito non si stabilì così presto; la prima traccia la riscontriamo nel Sacramentarlo di san Gregorio: il che equivale alla fine del VI secolo, od all'inizio del VII. Man mano che la fede si propagava verso il Nord, non era più possibile solennizzare tale cerimonia in tutta la sua integrità, poiché in quei climi non crescevano né palmizi né oliveti. Fu giocoforza sostituirli con rami d'altri alberi; però la Chiesa non permise di cambiare nulla delle orazioni che erano prescritte nella benedizione di questi rami, perché i misteri che si espongono in queste belle preghiere si fondano sull'olivo e sulla palma del racconto evangelico, figurati dai nostri rami di bossolo o di lauro.

La processione.
Il secondo rito di questa giornata è la celebre processione che segue alla benedizione delle palme. Essa ha lo scopo di rappresentare al vivo l'avvicinarsi del Salvatore a Gerusalemme ed il suo ingresso in quella città; appunto perché nulla manchi all'imitazione del fatto descritto nel santo Vangelo, le palme benedette vengono portate da tutti quelli che prendono parte a detta processione. Presso i Giudei, tenere in mano dei rami d'albero significava allegria; e la legge divina sanzionava loro quest'uso. Dio aveva detto nel libro del Levitino, stabilendo la festa dei Tabernacoli: "Nel primo giorno prenderete i frutti dell'albero più bello, dei rami di palma e dell'albero più frondoso, dei salici del torrente, e vi rallegrerete dinanzi al Signore Dio vostro" (Lv 23,40). Fu dunque con l'intenzione di manifestare l'entusiasmo per l'arrivo di Gesù fra le loro mura, che gli abitanti di Gerusalemme, compresi i bambini, ricorsero a tale gioiosa dimostrazione. Andiamo incontro anche noi al nostro Re, e cantiamo Osanna al vincitore della morte ed al liberatore del suo popolo.
Nel Medio Evo, in molte chiese, si portava in processione il libro dei santi Vangeli, che per le parole che contengono rappresentano Gesù Cristo. A un punto stabilito e preparato per una stazione, la processione si fermava: allora il diacono apriva il sacro libro e cantava il passo ov'è narrato l'ingresso di Gesù in Gerusalemme. Quindi si scopriva la croce, fino allora rimasta velata; e tutto il clero veniva a prostrarsi solennemente in adorazione, depositando ciascuno ai suoi piedi un frammento di ramoscello che teneva in mano. Poi la processione ripartiva preceduta dalla croce, che rimaneva senza velo, fino a che il corteo non fosse rientrato in chiesa.
In Inghilterra e in Normandia, nell'XI secolo, si praticava un rito che rappresentava ancora più al vivo la scena di questo giorno a Gerusalemme. Alla processione veniva portata in trionfo la santa Eucaristia. Difatti a quest'epoca era scoppiata l'eresia di Berengario contro la presenza reale di Gesù Cristo nell'Eucaristia; ed un tale trionfo della sacra Ostia doveva essere un lontano preludio dell'istituzione della Festa e della Processione del Ss. Sacramento.
A Gerusalemme, nella Processione delle Palme, si pratica anche un'altra usanza, sempre allo scopo di rinnovare la scena evangelica. L'intera comunità dei Francescani, che sta alla custodia dei luoghi sacri, si reca di mattina a Betfage, ove il Padre Guardiano di Terra Santa, in abiti pontificali, monta un asinello adorno di vestiti e, accompagnato dai religiosi e dai cattolici di Gerusalemme, tenendosi tutti in mano la palma, fa l'ingresso nella città e smonta alla porta della chiesa del Santo sepolcro, dove si celebra la Messa con la maggiore solennità.
Abbiamo qui riuniti, secondo il nostro costume, i differenti fatti che possono servire ad elevare il pensiero dei fedeli ai diversi misteri della Liturgia. Queste manifestazioni di fede li aiuteranno a comprendere come nella Processione delle Palme, la Chiesa intenda onorare Gesù Cristo, presente al trionfo che oggi gli tributa. Cerchiamo dunque con amore "quest'umile e mite Salvatore che viene a visitare la figlia di Sion", come dice il Profeta. Egli è qui in mezzo a noi: a lui s'indirizzi l'omaggio delle nostre palme, insieme a quello dei nostri cuori; egli viene a noi per diventare nostro Re: accogliamolo anche noi, dicendo: Osanna al figlio di David!

L'entrata in chiesa.
La fine della processione, prima della recente riforma, si distingueva per una cerimonia improntata al più alto e profondo simbolismo. Al momento di rientrare in chiesa, il corteo trovava le porte serrate. S'arrestava la marcia trionfale; ma non venivano sospesi i canti di gioia; un lieto ritornello risuonava nell'inno speciale a Cristo Re, fino a che il Suddiacono batteva con l'asta della croce la porta; questa s'apriva, e la folla, preceduta dal clero, rientrava in chiesa, glorificando colui che, solo, è la Risurrezione e la Vita.
Questa scena sta ad indicare l'entrata del Salvatore in un'altra Gerusalemme, di cui quella della terra è soltanto la figura. Quest'altra Gerusalemme è la patria celeste, di cui Gesù ci ha aperte le porte. Il peccato del primo uomo le aveva chiuse; ma Gesù il Re della Gloria, ce le ha riaperte in virtù della Croce, alla quale non hanno potuto resistere. Il canto in onore di Cristo Re è stato conservato, mentre invece è stato soppresso il particolare della porta chiusa. Continuiamo pertanto a seguire i passi del Figlio di David; egli è pure Figlio di Dio e ci invita a partecipare al suo regno.
Nella Processione delle Palme, commemorazione dell'avvenimento realizzatosi in questo giorno, la santa Chiesa solleva la nostra mente al mistero dell'Ascensione col quale termina, in cielo, la missione del Figlio di Dio sulla terra. Ma, ahimé, i giorni che separano l'uno dall'altro questi due trionfi del Figlio di Dio, non sono sempre giorni di gioia; infatti, è appena terminata la processione con la quale la Chiesa s'è liberata per un attimo della sua tristezza, che già iniziano i gemiti e i lamenti.

La Messa.
La terza parte della funzione odierna è l'offerta del santo Sacrificio. Tutti i canti che l'accompagnano esprimono desolazione e per completare la tristezza che è caratteristica della giornata, la Chiesa ci fa leggere il racconto della Passione del Redentore. Da cinque o sei secoli fa, la Chiesa ha adottato un particolare recitativo per la lettura di questo brano evangelico, che diventa così un vero dramma. Si sente prima lo storico raccontare quei fatti in tono grave e patetico; le parole di Gesù hanno un accento nobile e dolce, che contrastano in una maniera penetrante col tono elevato degli altri interlocutori e coi gridi della plebaglia giudaica.
Nel momento in cui, nel suo amore per noi, si lascia calpestare sotto i piedi dei peccatori, noi dobbiamo proclamarlo più solennemente nostro Dio e nostro Re.
Questi sono in genere i riti della grande giornata. Non ci rimane che inserire nel corso delle sacre letture, secondo il solito, quei dettagli che crederemo necessari per completare il significato.

Nomi dati a questa Domenica.
Oltre al nome liturgico e popolare di Domenica delle Palme, essa è chiamata anche Domenica dell'Osanna, per il grido di trionfo col quale i Giudei salutarono l'arrivo di Gesù. Anticamente i nostri padri la chiamarono Domenica della Pasqua fiorita, perché la Pasqua dalla quale ci separano solo otto giorni, oggi si considera in fiore, e i fedeli possono, fin da oggi, adempiere il dovere della comunione annuale. Per il ricordo di tale denominazione gli Spagnoli, avendo scoperta, la Domenica delle Palme del 1513, quella vasta regione che confina col Messico, la chiamarono Florida. Questa domenica la troviamo chiamata anche Capitilavium, cioè lava-testa, perché nei secoli della media antichità, quando si rinviava al Sabato Santo il battesimo dei bambini nati nei mesi precedenti, che potevano aspettare questo tempo senza pericolo, i genitori lavavano oggi il capo dei loro neonati, affinché il prossimo sabato si potesse fare con decenza l'unzione del Sacro Crisma. In epoca più remota tale Domenica, in certe chiese, veniva chiamata la Pasqua dei Competenti, cioè dei Catecumeni ammessi al santo battesimo. Questi si riunivano oggi in chiesa, e si faceva loro una spiegazione particolare del Simbolo che avevano ricevuto nello scrutinio precedente. Nella chiesa gotica di Spagna lo si dava solo oggi. Infine, presso i Greci, tale Domenica è designata col nome di Bifora, cioè Porta Palme.

Messa
La Stazione è a Roma, nella Basilica Lateranense, la chiesa Madre e Matrice di tutte le chiese. Ai nostri giorni, però, la funzione papale ha luogo a S. Pietro; ma tale deroga non arreca pregiudizio ai diritti dell'Arcibasilica la quale, anticamente, aveva oggi l'onore della presenza del Sommo Pontefice, ed ha tuttora conservate le indulgenze accordate a quelli che oggi la visitano.
Alla Messa solenne, il Sacerdote si porta all'altare, e dopo aver tralasciato il salmo Iudica me, Deus, e il Confiteor, sale i gradini e lo bacia nel mezzo e lo incensa.
EPISTOLA (Fil 2,5-11) – Fratelli: abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, il quale, esistendo nella forma di Dio, non considerò questa sua uguaglianza con Dio come una rapina, ma annichilò se stesso, prendendo la forma di servo, e, divenendo simile agli uomini, apparve come semplice uomo; umiliò se stesso fattosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo però anche Dio lo esaltò e gli donò un nome, che è sopra ogni altro nome, tale che nel nome di Gesù si deve piegare ogni ginocchio in cielo, in terra e nell'inferno, ed ogni lingua deve confessare che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre.
Umiliazione e gloria di Gesù.
La santa Chiesa prescrive di genuflettere al punto dell'Epistola dove l'Apostolo dice, che ogni ginocchio si deve piegare nel pronunciare il nome di Gesù; e noi ne abbiamo seguito il comando. Dobbiamo comprendere che, se vi è un'epoca dell'anno in cui il Figlio di Dio ha diritto alle nostre più profonde adorazioni è soprattutto in questa Settimana, nella quale è lesa la sua maestà, e lo vediamo calpestato sotto i piedi dei peccatori. Indubbiamente i nostri cuori saranno animati da tenerezza e compassione alla vista dei dolori che sopporta per noi; ma non meno sensibilmente dobbiamo risentire gli oltraggi e le bassezze di cui è fatto segno, lui che è uguale al Padre e Dio come lui. Con le nostre umiliazioni, rendiamo a lui, per quanto ci è possibile, la gloria di cui egli si sveste per riparare la nostra superbia e le nostre ribellioni; ed uniamoci ai santi Angeli che, testimoni di tutto ciò che Gesù ha accettato per il suo amore verso l'uomo, s'annientano più profondamente, nel vedere l'ignominia alla quale è ridotto.
Ma è ormai tempo d'ascoltare il racconto della Passione del Signore. La Chiesa ne legge la narrazione secondo i quattro Vangeli, nei quattro differenti giorni della Settimana. Oggi comincia col racconto di san Matteo, che per primo scrisse i fatti della vita e della morte del Redentore.

Le lacrime di Gesù.
Terminiamo questa giornata del Redentore a Gerusalemme, richiamando alla memoria gli altri fatti che la segnalarono. San Luca c'informa, che fu durante la sua marcia trionfale verso questa città che Gesù, vicino ad entrarvi, pianse su di lei e manifestò il suo dolore con queste parole: "Oh se conoscessi anche tu, e proprio in questo giorno quel che giova alla tua pace! Ora invece è celato agli occhi tuoi. Ché verranno per te i giorni nei quali i nemici ti stringeranno con trincee, ti chiuderanno e ti assedieranno d'ogni parte, e distruggeranno te e i tuoi figli che sono in te, e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai conosciuto il tempo in cui sei stata visitata" (Lc 19,42-44).
Qualche giorno fa il santo Vangelo ci mostrò Gesù che piangeva sulla tomba di Lazzaro; oggi lo vediamo spargere nuove lacrime sopra Gerusalemme. A Betania piangeva pensando alla morte del corpo, conseguenza e castigo del peccato; ma questa morte non è senza rimedio. Gesù è "la risurrezione e la vita; chi crede in lui non rimarrà nella morte eterna" (Gv 11,25). Ma lo stato dell'infedele Gerusalemme rappresenta la morte dell'anima; ed una tale morte è senza risurrezione, se l'anima non ritorna tempestivamente all'autore della vita. Ecco perché sono tanto amare le lacrime che sparge oggi Gesù. Il suo cuore è triste, proprio in mezzo alle acclamazioni che fanno accoglienza al suo ingresso nella città di David: perché sa, che molti "non conosceranno il tempo che furono visitati". Consoliamo il cuore del Redentore, e siamogli una Gerusalemme fedele.

Gesù torna a Betania.
Sappiamo da san Matteo che il Signore andò a chiudere la giornata a Betania. Naturalmente la sua presenza dovette sospendere le materne inquietudini di Maria e tranquillizzare la famiglia di Lazzaro. Ma in Gerusalemme nessuno si presentò ad offrire ospitalità a Gesù; almeno il Vangelo non fa alcuna menzione a questo riguardo. Le anime che meditarono la vita del Signore si sono soffermate su questa considerazione: Gesù onorato la mattina con solenne trionfo, alla sera è ridotto a cercarsi il nutrimento e il riposo fuori della città che lo aveva accolto con tanti applausi. Nei monasteri dei Carmelitani della riforma di santa Teresa esiste una consuetudine che si propone d' offrire a Gesù una riparazione, per l'abbandono in cui fu lasciato dagli abitanti di Gerusalemme. Si presenta una tavola in mezzo al refettorio e vi si serve un pasto; dopo che la comunità ha finito di cenare, quel pasto offerto al Salvatore del mondo, viene distribuito ai poveri, che sono le sue membra.

Preghiamo
O Dio onnipotente ed eterno, che per dare al genere umano esempio d'umiltà da imitare, hai deciso l'incarnazione del Salvatore e la sua passione in croce; concedici propizio d'imitarlo nella sofferenza per poter poi partecipare alla risurrezione.
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 674-683)

sabato 12 aprile 2025

La censura si abbatte su Chiesa e Postconcilio

Riprendo dal blog Letturine di Esistenzialmente Periferico
La censura si abbatte su Chiesa e Postconcilio

Dall'altra sera alle 17 la piattaforma Blogspot (che fa capo a Google, e che ospita anche questo blog) ha censurato il blog Chiesa e postconcilio, su cui anch'io avevo pubblicato (sotto diversi pseudonimi) parecchi articoli e traduzioni nel corso di oltre quindici anni. Inutile precisare che considero Chiesa e postconcilio di valore molto maggiore di questo mio stesso blog. Non sappiamo dire se e quando tornerà online (possono essere giorni, possono essere settimane o mesi), né quanto potrebbe durare una volta tornato online.
Posso supporre che qualche utile idiota a zelante servizio del demonio, non necessariamente laico, abbia creato un buon numero di "profili" falsi con cui inviare false segnalazioni di "violazioni". Dato che l'intera piattaforma è automatizzata e le decisioni vengono prese da un'intelligenza artificiale (cioè da un modello meramente probabilistico), al di sopra di una certa proporzione fra segnalazioni e visite scatta la censura automatica.
Contro tale censura l'amministratore del blog non può far altro che richiedere una "revisione" della decisione, senza sapere quali sarebbero i contenuti incriminati, e senza neppure poter modificare o cancellare pagine o commenti. Una situazione kafkiana-orwelliana, a essere gentili.
C'è da aggiungere che Google non ha più interesse a mantenere una piattaforma gratuita di blogging (tanto meno allocarvi personale stipendiato per dirimere questioni), che dieci-quindici anni fa aveva senso per la raccolta pubblicitaria mentre oggi lo vede come un inutile costo, anche perché grandissima parte dei bloggers è migrata a piattaforme più "immediate" e meno impegnative. Scrivere una pagina blog anche di sole dieci righe, è molto più faticoso e impegnativo che esalare un fetido TikTok. La stessa censura l'hanno avuta altri blog cattolici come Neocatecumenali e l'argentino Caminante Wanderer. Quest'ultimo ha semplicemente traslocato su uno spazio web a pagamento. (Purtroppo, quando il numero di visitatori è consistente, uno spazio web può costare anche migliaia di euro l'anno). L'internet non è mai stato ospitale per i cattolici.

Le miracolosissime Litanie Domenicane

Anche noi possiamo dire: "I tempi che corrono non sono per la Chiesa da meno di quei del 1300". E dunque facciamo tesoro delle armi spirituali di cui la nostra Chiesa è miniera inesauribile. Sta a noi, con l'aiuto della Grazia, disseppellirle e farne buon uso anche oggi.

Le Litanie Domenicane (ben diverse dalle ordinarie) furono in uso fin da’ primordi dell’Ordine e sembrano composte da quei primi ferventi Apostoli che illustrarono il suo primo nascere ed il suo primo apparire nella Chiesa e però sperimentate efficacissime ad ottenere per la protezione di Maria i pronti soccorsi dalla divina Misericordia alla presenza di gravi tribolazioni dell'Ordine o della Fede. È memorabile nella Storia del 1300 l’accanita vessazione mossa a’ primi due Ordini Mendicanti, quello de’ Predicatori e quello de’ Minori da un certo Guglielmo di S. Amore Dottore e Canonico, che dettava a Parigi. Fiorivano allora nella Sorbona i due grandi luminari della Chiesa S. Tommaso e S. Bonaventura che colla fama di eminente dottrina e santità di vita traevano a sé numeroso stuolo di discepoli. E forse Guglielmo più da invidia che da mancanza di lumi si mosse a combattere questi due Ordini prendendo di mira le basi fondamentali della loro professione: la mendicità, la pubblica Salmodia, la predicazione e l’insegnamento. Dettò un libro col titolo De periculis novissimorum temporum nel quale abusando della S. Scrittura e dell’autorità de’ Padri pretendeva mostrare che la professione di Mendicanti non andava disgiunta dall’eterna dannazione. Né è da negarsi che per quanto questo libro fosse pieno di errori e di eresie non facesse breccia nell’animo di molti e di molte e gravi angustie arrecasse ai due mentovati Ordini. Sedeva allora sulla Cattedra Apostolica il Pontefice Innocenzo IV. In sì fatte angustie i Frati Predicatori ebbero speciale ricorso alla Madre di Dio. Il B. Umberto che allora reggeva l’Ordine ordinò che in tutti i Conventi e monasteri si recitassero dopo il mattutino i sette Salmi Penitenziali e le litanie della B. Vergine, aggiuntavi l’Orazione al Patriarca S. Domenico, come a quello che sotto la tutela di Maria istituì ed assicurò il suo Ordine. E fu in questa circostanza che un Santo religioso nel fervore di sua fiducia vide la Madre di Dio che insisteva presso il suo diletto Figlio dicendo: Fili exaudi eos! Fili exaudi eos! Furono di fatto esauditi.

venerdì 11 aprile 2025

Vescovo Strickland / Fraternità di preghiera sacerdotale con inizio il Giovedì Santo

Nuova iniziativa del vescovo Strickland. Qui l'indice dei precedenti.
Vescovo Strickland / Fraternità di preghiera sacerdotale con inizio il 17 aprile 2025, Giovedì Santo

Condividete questa lettera con tutti i preti che conoscete. Questa fraternità di preghiera inizierà ufficialmente il giovedì santo quest'anno, 17 aprile 2025. Pregate per i preti.

La foto, benedetta, è presa mentre celebro la Messa sull'altare dove è venerato il corpo di San Giovanni Vianney. San Giovanni Vianney, prega per noi.

* * *
Cari fratelli preti,
Prego affinché questi giorni quaresimali che stiamo attraversando siano per voi un tempo di grazia abbondante, approfondendo la vostra vita di sacerdoti di Gesù Cristo e rinnovando il vostro cuore nella Sua verità e nel suo amore.
Vi esorto a conoscere San Pier Damiani, un impavido difensore della verità che si è opposto alla corruzione del suo tempo. Visse in un'epoca molto simile alla nostra, quando il marciume della sodomia era come un acido che mangiava la Chiesa. Eppure, credo che se San Pier Damiani dovesse parlarci oggi, avverrebbe che il degrado che ora affrontiamo è ancora più insidioso e radicato di quello che ha affrontato ai suoi tempi. Mentre innalziamo preghiere per Papa Francesco e tutti i vescovi, dobbiamo farlo con abbondante carità ma anche con una chiarezza inflessibile nella verità. Se il Santo Padre, e i tanti cardinali, vescovi e sacerdoti che si dichiarano al suo fianco, si rifiutano di richiamare contro la sirena della sodomia, dobbiamo rimanere saldi. La vera misericordia verso i nostri fratelli negli Ordini Santi esige che li richiamiamo instancabilmente alla verità, indipendentemente da quanto sordi possano rimanere alle nostre suppliche. Se state leggendo, è probabile che abbiate già subito le conseguenze di dire la verità sul Deposito di Fede che è il nostro tesoro. Siete tra una folta schiera di fratelli fedeli rimasti saldi e non scossi, e che si sono rifiutati di abbracciare la moderna tendenza della Chiesa di essere nel mondo E del mondo. È vero che l'istituzione della Chiesa nel mondo si è compromessa in modi dolorosi e devastanti. Dobbiamo combattere contro questa costante erosione della fede in Gesù Cristo che è l'unica via per la salvezza delle nostre anime e per l'eternità presso Dio. Anche se i traditori e i tradimenti in questi giorni sono molti, dobbiamo combattere la sodomia come il più maligno e virulento di tutti i attacchi. Attacca la nostra purezza virile, la sacralità del matrimonio e il fondamento della società che dovrebbe essere costituito dalle famiglie sante.
Vi scrivo ora per offrirvi il mio sostegno per gettare le basi per la creazione di una comunità sacerdotale di fratelli uniti nella preghiera e nella verità. Per favorire questo legame, ho istituito una mail, asacredday@gmail.com , come mezzo per riunirci in una comunità di preghiera dedicata a rafforzarci a vicenda nella nostra sacra vocazione di sacerdoti di Gesù Cristo. Per favore condividete questo con tutti i nostri fratelli che sono con noi nell'incrollabile perseguimento della nostra vocazione di essere veri sacerdoti di Gesù Cristo. La semplice richiesta con cui inizio è che facciamo del giovedì il nostro giorno di preghiera e digiuno l'uno per l'altro. Offriamo in questi giorni la Santa Messa per i nostri fratelli sacerdoti, affinché tutti noi possiamo avvicinarci al Sacro Cuore di Gesù attraverso il Cuore Immacolato della Beatissima Vergine Maria, Madre nostra.

Imploriamo l'intercessione di San Pier Damiani mentre intraprendiamo questa iniziativa insieme.
Vescovo Joseph E. Strickland, Vescovo emerito

11 aprile 2025, I Sette Dolori di Maria.

Venerdì dopo l la domenica di Passione Stazione a San Stefano al Celio.
11 aprile 2025, I Sette Dolori di Maria.

"La Madonna era ai piedi della Croce, dove «tutti le rimproveravano con gli occhi di aver dato la vita a un seduttore del popolo, un peccatore, un malfattore, un pazzo, un indemoniato, un bestemmiatore che il supremo tribunale della nazione (il Sinedrio) aveva condannato alla morte degli schiavi e dei ribelli. 
Tutta la pietà che si poteva avere per una madre così infelice suggeriva, al massimo, di tacere il nome negli ultimi insulti gridati senza risparmio. La spada predetta da Simeone quaranta giorni dopo la nascita di Gesù devastava il cuore di Maria senza trascurare neppure una fibra. "La madre del condannato, la madre del crocifisso" ... Sotto la Croce, «con il Figlio che soffre e muore, soffre e quasi muore anche Ella, abdica ai suoi diritti materni sul Figlio per la salvezza degli uomini, e per quanto dipende da lei, immola il Figlio suo per placare la divina giustizia, di modo che a ragione si può dire che Ella stessa abbia redento il genere umano insieme con Cristo”».
(Salvatore Garofolo, "La Madonna della Bibbia", pag. 134-135, Milano 1958, con una citazione di Benedetto XV, A.A.S. 1918).
 Nell'immagine: La Madonna Addolorata venerata nella Cappella del Calvario all'interno della basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme.
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1. Regina dei Martiri, addolorata Maria, per lo sconcerto e il dolore che ti afferrarono quando ti fu predetta da Simeone la passione e morte di tuo Figlio, ti supplico affinché mi sia concessa la conoscenza esatta dei miei peccati e la volontà ferma di non più peccare. Ave Maria.
2. Regina dei Martiri, addolorata Maria, per il dolore che avesti quando ti fu annunziata dall'Angelo la persecuzione di Erode e la fuga in Egitto, ti supplico affinché mi sia dato sollecito aiuto per superare gli assalti del Nemico e fortezza presta per sfuggire il peccato. Ave Maria.
3. Regina dei Martiri, addolorata Maria, per il dolore che ti annichilì quando smarristi nel Tempio tuo Figlio e per tre giorni instancabile lo cercasti, ti supplico affinché io non abbia mai a perdere la grazia di Dio e la perseveranza nel Suo servizio. Ave Maria.
4. Regina dei Martiri, addolorata Maria, per il dolore che sentisti quando ti fu recata la notizia della cattura e delle torture inflitte a vostro Figlio, ti supplico affinché mi sia concesso il perdono del male fatto e pronta risposta alle chiamate di Dio. Ave Maria.
5. Regina dei Martiri, addolorata Maria, per il dolore che ti sorprese quando incontrasti sulla strada del Calvario il tuo Figlio insanguinato, ti supplico affinché io abbia fortezza bastante per sopportare le avversità e per riconoscere in tutti gli eventi le disposizioni di Dio. Ave Maria.
6. Regina dei Martiri, addolorata Maria, per il dolore che provasti alla Crocifissione di tuo Figlio, ti supplico affinché io possa ricevere nel giorno della morte i santi Sacramenti e deporre nelle tue amorose braccia l'anima mia. Ave Maria.
7. Regina dei Martiri, addolorata Maria, per il dolore che ti sommerse quando vedesti morto e poi sepolto tuo Figlio, ti supplico affinché io mi distacchi da ogni piacere terreno e brami di venire a lodarti per sempre in Cielo. Ave Maria.

giovedì 10 aprile 2025

Victimæ paschali laudes / Sequenza

Sequenza della Domenica di Pasqua. Insieme ad altre quattro sequenze medievali Victimae Paschali Laudes è tra quelle che sono state preservate nel Missale Romanum pubblicato nel 1570 in seguito al Concilio di Trento.

1. Victimæ paschali laudes immolent christiani
2. Agnus redemit oves: Christus innocens Patri reconciliavit peccatores.
2a. Mors et Vita duello conflixere mirando: dux vitæ mortuus, regnat vivus.
3. Dic nobis, Maria, quid vidisti in via?
3a. Sepulcrum Christi viventis, et gloriam vidi resurgentis,
4. Angelicos testes, sudarium et vestes.
4a. Surrexit Christus spes mea: praecedet suos in Galilaeam.
5. [Credendum est magis soli Mariae veraci quam Judaeorum turbae fallaci].
5a. Scimus Christum surrexisse a mortuis vere: Tu nobis, victor Rex, miserere.
Amen. Alleluia.
1. Alla vittima pasquale si innalzi il sacrificio di lode,
2. l'Agnello ha redento il gregge, Cristo l'innocente ha riconciliato i peccatori col Padre.
2a. Morte e Vita si sono affrontate in un duello straordinario: il Signore della vita era morto, ora, regna vivo.
3. Raccontaci, Maria, che hai visto sulla via?
3a. La tomba del Cristo vivente, la gloria del risorto;
4. e gli angeli testimoni, il sudario e le vesti;
4a. Cristo mia speranza è risorto e precede i suoi in Galilea.
[5. Bisogna credere più alla sola veritiera Maria, piuttosto che alla folla menzognera dei Giudei.]
5a. Siamo certi che Cristo è veramente risorto dai morti. Tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi. Amen. Alleluia.

mercoledì 9 aprile 2025

Regem venturum Dominum.

Regem venturum Dominum, venite adoremus
Regem venturum Dominum,
venite adoremus.


Iucundare filia Sion, et exulta satis filia Ierusalem, ecce Dominus veniet,
et erit in die illa lux magna et stillabunt montes dulcedine et colles fluent lac et mel, quia veniet Propheta magnus et Ipse renovabit Ierusalem.

Regem venturum Dominum,
venite adoremus.


Ecce veniet Deus, et Homo de domo David sedere in throno; et videbitis et gaudebit cor vestrum.

Regem venturum Dominum,
venite adoremus.


Ecce veniet Dominus protector noster,
Sanctus Israël, coronam Regni habens in capite suo et dominabitur a mari usque ad mare et a flumine usque ad terminos orbis terrarum.

Regem venturum Dominum,
venite adoremus.

Ecce apparebit Dominus, et non mentietur: 
si moram fecerit, expecta eum quia veniet et non tardabit.

Regem venturum Dominum,
venite adoremus.


Descendet Dominus sicut pluvia in vellus, orietur in diebus eius iustitia et abundantia pacis et adorabunt eum omnes reges terrae, omnes gentes servient ei.

Regem venturum Dominum,
venite adoremus.


Nascetur nobis parvulus et vocabitur Deus fortis; ipse sedebit super thronum David patris sui et imperabit; cuius potestas super humerum eius.

Regem venturum Dominum,
venite adoremus.


Betlehem civitas Dei summi, ex te exiet
dominator Israel, et egressus eius
sicut a principio dierum aeternitatis, et magnificabitur in medio universae terrae, 
et pax erit in terra nostra dum venerit

Regem venturum Dominum,
venite adoremus.
Venite, adoriamo il Re Signore
che sta per venire.


Godi figlia di Sion, esulta figlia di Gerusalemme, ecco il Signore verrà ed in quel giorno vi sarà gran luce; i monti stilleranno dolcezza e dai colli scorreranno latte e miele, perché verrà un gran profeta ed Egli rinnoverà Gerusalemme.

Venite, adoriamo il Re Signore
che sta per venire.


Ecco, dalla casa di Davide verrà il Dio-Uomo
a sedersi sul trono; vedrete e godrà il vostro cuore.

Venite, adoriamo il Re Signore
che sta per venire.


Ecco, verrà il Signore, il nostro Protettore, il Santo d'Israele, portando sul capo la corona regale e dominerà da un mare all'altro e dal fiume ai confini estremi della terra.

Venite, adoriamo il Re Signore
che sta per venire.


Ecco, apparirà il Signore e non mancherà di parola; se indugerà attendilo, perché verrà e non potrà tardare.

Venite, adoriamo il Re Signore
che sta per venire.


Il Signore discenderà come pioggia sul vello, in quei giorni spunterò la giustizia e l'abbondanza della pace; tutti i re della terra lo adoreranno e i popoli lo serviranno.

Venite, adoriamo il Re Signore
che sta per venire.


Nascerà per noi un bimbo e sarà chiamato Dio forte; egli siederà sul trono di Davide suo padre e sarà un dominatore e avrà sulle spalle la potestà regale.

Venite, adoriamo il Re Signore
che sta per venire.


Betlemme, città del sommo Dio, da te nascerà il dominatore d'Israele; la sua nascita risale al principio dei giorni dell'eternità e sarà glorificato in mezzo a tutta la terra; e, quando Egli sarà venuto, vi sarà pace sulla nostra terra.

Venite, adoriamo il Re Signore
che sta per venire

lunedì 7 aprile 2025

A Prato si festeggia la fine del Ramadan nel cortile della parrocchia

La richiesta della comunità bengalese è stata accolta dal vescovo della città: un "atto di amicizia". Purtroppo diffuse in troppe parrocchie, in nome di un sincretismo anomalo e del tutto incosciente, frutto di totale ignoranza di cos'è davvero l'Islam, se non di connivenza (miserabile sottomissione già consolidata). Un "atto di amicizia" stolto, che per l'Islam è un atto di sottomissione degli infedeli voluto da Allah, per il quale quella Parrocchia diventa Islam, certamente non ricambiato consentendo preghiere cristiane nelle Moschee dei Paesi mussulmani, in cui non è consentito nemmeno portare la Croce al collo, pena la fustigazione e l' arresto. Oltre che stupido è un atto blasfemo, poiché profana la Chiesa di Cristo, unica via, verità e vita. E dunque non ha nulla a che vedere con la carità cristiana, né con l' amicizia. Qui l'indice dei precedenti sul filo-islamismo.

A Prato i musulmani festeggiano la fine 
del Ramadan nel cortile della parrocchia

L’ultimo delirio pro-Islam arriva direttamente dall’Italia. Più precisamente dalla Toscana, dove a Prato il Centro islamico bengalese di Prato celebrerà la fine del Ramadan, periodo di digiuno, nell’antico complesso di San Domenico, convento cristiano. La festa musulmana per eccellenza festeggiata nel cortile del luogo più sacro per la religione cristiana.

All’interno del cortile interno della chiesa - non adibito al culto - verrà celebrato l’Eid al-Fitr, la celebrazione che segna la fine del Ramadan. Si tratta quindi dlela festa che, dopo un mese, interrompe il digiuno dall’alba al tramonto. Il rito, che inizia alle 6 e finisce alle 10, prevede che nelle sessioni di preghiera uomini e donne siano divisi. Prima delle preghiere ogni musulmano che può permetterselo dona cibo o denaro a chi è più povero, affinché tutti possano festeggiare.

Indicazioni di Padre Pio per i tempi dell'apostasia. Preghiera di Leone XIII e Litanie a San Michele Arcangelo

Indicazioni di Padre Pio per i tempi dell'apostasia. Preghiera di Leone XIII e Litanie a San Michele Arcangelo
Da Il Settimanale di Padre Pio, n.12, anno 2021
(…) c’è una preziosa perla di padre Pio, il cui contesto storico è l’immediato post-Concilio Vaticano II.
Si riferisce a qualcosa che diceva soprattutto negli ultimi anni della sua vita (intorno agli anni 1965-68).
Si tratta di un avvertimento che padre Pio aveva indirizzato ad una sua figlia spirituale, inginocchiata presso il suo confessionale per ricevere la sua benedizione a seguito della Confessione. Eccolo:
Ricordati… quando verranno quei tempi: i Comandamenti di Dio, preghiere del mattino e della sera, Santo Rosario, Sacramenti, catechismo, i santi e fate tutto nella fede dei nostri padri, nella fede dei nostri padri!… nella fede dei nostri padri!!… e non ascoltate più nessuno.
Quando padre Pio dice “quando verranno quei tempi” si riferisce ai nostri tempi, al nostro momento storico.
Egli si preoccupava di sostenere, nella buona battaglia della fede, i suoi figli spirituali che sarebbero vissuti più a lungo di lui; esistono, per giunta, non pochi messaggi che hanno predetto - in primo luogo ai figli spirituali - il dramma che si sarebbe consumato nei decenni dopo la sua morte, come pure hanno indicato la necessità di combattere spiritualmente per non crollare e non finire preda del demonio e delle sue arti malefiche.

domenica 6 aprile 2025

Litanie dei Santi (Messale Romano Antico) - Regina Sanctorum omnium, intercede pro nobis!

La chiesa cattolica l’1 novembre fa memoria di tutti i santi. Come il rito è ripetizione, ma è sempre nuovo nel sacrificio di Cristo che è reso presente come fosse la prima ultima unica volta, così la 'santa routine' della ripetitività ci invita a solennizzare la Ricorrenza di oggi. I frutti maturano nella ripetizione e nell'abitudine. 
Una volta ancora estraiamo dai tesori della Chiesa quelle ricchezze spirituali che rischierebbero di cadere nell'oblìo se non le custodissimo, continuando a praticarle. Tra l'altro è di tutta evidenza come la pratica devozionale sia anche foriera di insegnamenti perché, oltre ai nomi dei Santi consegnati alla nostra memoria e a cui chiedere l'intercessione, ad ogni invocazione corrispondono verità di fede che la prassi consente di interiorizzare, anche ora che troppo si sorvola e spesso si taglia selvaggiamente.
Buona Festa di Ognissanti a tutti! 
Vedi precedenti nel blog [qui - qui]

Le Litanie proposte alla nostra devozione sono accompagnate da un commento storico-teologico (ripreso qui) rielaborato a partire dalle informazioni contenute nel Liber Sacramentorum del beato Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano. Per aiutare la fluidità della recita ve ne ripropongo in calce il testo latino.
Litanie dei Santi
(dal Messale Romano Vetus Ordo)

Anticamente, ogni diocesi e ogni monastero aveva le proprie litanie dei Santi, con i nomi dei loro patroni e dei loro beati, che venivano recitate al termine dell'Ufficio Mattutino e durante le processioni. Quello Romano, compostosi attorno al III secolo, inizialmente con gli stessi nomi dei Santi ricordati nel Canone Eucaristico, presto prevalse sugli altri, assumendo diffusione pressoché universale nel rito latino, con poche aggiunte esplicitamente concesse.

sabato 5 aprile 2025

Sequentia - Lauda Sion Salvatorem

Solennità del Corpus Domini, Basilica San Giovanni in Laterano:  madre e capo di tutte le Chiese, a fianco dell'antichissimo Patriarchio. Era il 23 giugno 2011, ma sembra sia passata un'era geologica.... E noi custodiamo.
Lauda, Sion Salvatórem,
lauda ducem et pastórem
in hymnis et cánticis.
Quantum potes, tantum aude:
quia maior omni laude,
nec laudáre súfficis.
Laudis thema speciális,
panis vivus et vitális
hódie propónitur.
Quem in sacræ mensa cenæ,
turbæ fratrum duodénæ
datum non ambígitur.
Sit laus plena, sit sonóra,
sit iucúnda, sit decóra
mentis iubilátio.
Dies enim solémnis ágitur,
in qua mensæ prima recólitur
huius institútio.
In hac mensa novi Regis,
novum Pascha novæ legis
Phase vetus términat.
Vetustátem nóvitas,
umbram fugat véritas,
noctem lux elíminat.
Quod in cena Christus gessit,
faciéndum hoc expréssit
in sui memóriam.
Docti sacris institútis,
panem, vinum, in salútis
consecrámus hóstiam.
Dogma datur Christiánis,
quod in carnem transit panis,
et vinum in sánguinem.
Quod non capis, quod non vides,
animósa firmat fides,
præter rerum órdinem.
Sub divérsis speciébus,
signis tantum, et non rebus,
latent res exímiæ.
Caro cibus, sanguis potus:
manet tamen Christus totus,
sub utráque spécie.
A suménte non concísus,
non confráctus, non divísus:
ínteger accípitur.
Sumit unus, sumunt mille:
quantum isti, tantum ille:
nec sumptus consúmitur.
Sumunt boni, sumunt mali:
sorte tamen inæquáli,
vitæ vel intéritus.
Mors est malis, vita bonis:
vide paris sumptiónis
quam sit dispar éxitus.
Fracto demum sacraménto,
ne vacílles, sed memento,
tantum esse sub fragménto,
quantum toto tégitur.
Nulla rei fit scissúra:
signi tantum fit fractúra:
qua nec status nec statúra
ignáti minúitur.
Ecce panis Angelórum,
factus cibus viatórum:
vere panis fíliórum,
non mitténdus cánibus.
In figúris præsignátur,
cum Isaac immolátur:
agnus paschæ deputátur:
datur manna pátribus.
Bone Pastor, panis vere,
Iesu, nostri miserére:
tu nos pasce, nos tuére:
tu nos bona fac vidére
in terra vivéntium.
Tu, qui cuncta scis et vales:
qui nos pascis hic mortales:
tuos ibi commensáles,
coherédes et sodales
fac sanctórum cívium.
Amen. Allelúia.
Loda o Sion il Salvatore,
loda la Guida e il Pastore
in inni e cantici.
Quanto puoi tanto ardisci:
perché (Egli è) superiore ad ogni lode,
e (tu) non basti a lodarlo.
Come tema di lode speciale,
il Pane vivo e datore di vita
viene oggi proposto,
il quale, alla mensa della sacra cena,
alla schiera dei dodici fratelli,
non si dubita dato.
La lode sia piena, sia risonante,
sia lieto, sia appropriato
il giubilo della mente,
poiché si celebra il giorno solenne,
nel quale di questa mensa si ricorda
la prima istituzione.
In questa mensa del nuovo Re,
la nuova Pasqua della nuova legge
pone fine al vecchio tempo.
La novità (allontana) la vetustà,
la verità allontana l'ombra,
la luce elimina la notte.
Ciò che Cristo fece durante la cena
comandò da farsi
in suo ricordo.
Ammaestrati coi sacri insegnamenti,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salute.
Ai cristiani vien dato come dogma
che il pane si cambia in carne,
e il vino in sangue.
Ciò che non comprendi, ciò che non vedi,
ardita assicura la fede,
contro l’ordine delle cose.
Sotto specie diverse,
(che sono) solamente segni e non cose,
si nascondono cose sublimi.
La carne (è) cibo, il sangue bevanda:
eppure Cristo resta intero
sotto ciascuna specie.
Da colui che (lo) assume, non spezzato,
non rotto, non diviso:
(ma) intero è ricevuto.
(Lo) riceve uno, (lo) ricevono mille:
quanto questi tanto quello;
né ricevuto si consuma.
(Lo) ricevono i buoni, (lo) ricevono i malvagi,
ma con ineguale sorte:
di vita o di morte.
È morte per i malvagi, vita per i buoni:
vedi di pari assunzione
quanto sia diverso l’effetto.
Spezzato finalmente il Sacramento,
non tentennare, ma ricorda
che tanto c’è sotto un frammento
quanto si nasconde nell’intero.
Nessuna scissura si fa della sostanza;
si fa rottura solo del segno:
per cui né lo stato né la dimensione
del Segnato è sminuita.
Ecco il pane degli angeli
fatto cibo dei viandanti:
vero pane dei figli
da non gettare ai cani.
Nelle figure è preannunciato,
con Isacco è immolato,
quale Agnello pasquale è designato,
è dato qual manna ai padri.
Buon pastore, pane vero,
o Gesù, abbi pietà di noi:
Tu nutrici, proteggici,
Tu fa' che noi vediamo le cose buone
nella terra dei viventi.
Tu, che tutto sai e puoi,
che qui pasci noi mortali:
facci lassù Tuoi commensali,
coeredi e compagni
dei santi cittadini.
Amen. Alleluia.

Luglio. Il Mese dedicato al Preziosissimo Sangue di Gesù

In questo mese di Luglio, che è dedicato a celebrare le glorie e i benefici del Preziosissimo Sangue di Gesù, continuiamo ad onorarLo anche con le Litanie del Preziosissimo Sangue che la Chiesa ci dona. Chi non ha il Messale, ne può riprendere qui il testo. Sono bellissime e contengono la Summa della Redenzione.
Litanie del Preziosissimo Sangue di Gesù

Kyrie, eléison.
Christe, eléison.
Kyrie, eléison.
Christe, audi nos.
Christe, exáudi nos.

Pater de cælis Deus,
miserére nobis.
Fili, Redemptor mundi, Deus,
miserére nobis
Spiritus Sancte, Deus,
miserére nobis
Sancta Trinitas, unus Deus,
miserére nobis.

Sanguis Christi, Unigéniti Patris Æterni,
salva nos.
Sanguis Christi, Verbi Dei incarnáti,
salva nos.
Sanguis Christi, Novi et ætérni Testamenti,
salva nos.
Sanguis Christi, in agonia decúrrens in terram, salva nos.
Sanguis Christi, in flagellatióne prófluens,
salva nos.
Sanguis Christi, in coronatióne spinárum emánans, salva nos.
Sanguis Christi, in Cruce effúsus, salva nos.
Sanguis Christi, prétium nostræ salútis,
salva nos.
Sanguis Christi, sine quo non fit remissio,
salva nos.
Sanguis Christi, in Eucharístia potus
et lavácrum animárum, salva nos.
Sanguis Christi, flumen misericórdiæ,
salva nos.
Sanguis Christi, victor dǽmonum,
salva nos.
Sanguis Christi, fortitúdo Mártyrum,
salva nos.
Sanguis Christi, virtus Confessórum,
salva nos.
Sanguis Christi, gérminans Vírgines,
salva nos.
Sanguis Christi, robur periclitántium,
salva nos.
Sanguis Christi, levámen laborántium,
salva nos.
Sanguis Christi, in fletu solácium,
salva nos.
Sanguis Christi, spes pæniténtium,
salva nos.
Sanguis Christi, solámen moriéntium,
salva nos.
Sanguis Christi, pax et dulcédo córdium,
salva nos.
Sanguis Christi, pígnus vitæ ætérnæ,
salva nos.
Sanguis Christi, ánimas líberans de lacu Purgatórii, salva nos.
Sanguis Christi, omni glória et honóre digníssimus, salva nos.

Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi,
parce nobis, Dómine.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi,
exáudi nos, Dómine.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi,
miserére nobis.

V. Redemísti nos, Domine, in Sánguine tuo.
R. Et fecísti nos Deo nostro regnum.

Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus,
qui unigénitum Fílium tuum
mundi Redemptórem constituísti,
ac eius Sánguine placári voluísti:
concéde, quǽsumus, salútis nostræ
prétium ita venerári, atque a praeséntis vitæ
malis eius virtúte deféndi in terris,
ut fructu perpétuo lætémur in cælis.
Per eúndem Christum Dóminum nostrum.
R. Amen.
Signore, pietà.
Cristo, pietà.
Signore, pietà.
Cristo, ascoltaci
Cristo, esaudiscici

Padre del cielo, che sei Dio
abbi pietà di noi
Figlio, Redentore del mondo, che sei Dio
abbi pietà di noi
Spirito Santo, che sei Dio
abbi pietà di noi
Santa Trinità, unico Dio
abbi pietà di noi

Sangue di Cristo, Unigenito dell'eterno Padre salvaci
Sangue di Cristo, Verbo di Dio incarnato,
salvaci
Sangue di Cristo, Nuovo ed Eterno Testamento, salvaci
Sangue di Cristo, che stillò  fino a terra durante l'agonia, salvaci
Sangue di Cristo, che sgorgò nella flagellazione, salvaci
Sangue di Cristo, che scaturì nella coronazione di spine, salvaci
Sangue di Cristo, effuso sulla croce, salvaci
Sangue di Cristo, prezzo della nostra salvezza, salvaci
Sangue di Cristo, senza il quale non c'è perdono, salvaci
Sangue di Cristo, nell'Eucaristia bevanda e
lavacro delle anime, salvaci
Sangue di Cristo, fiume di misericordia,
salvaci
Sangue di Cristo, vincitore dei demoni,
salvaci
Sangue di Cristo, fortezza dei martiri,
salvaci
Sangue di Cristo, vigore dei confessori,
salvaci
Sangue di Cristo, che generi i vergini,
salvaci
Sangue di Cristo, sostegno nei pericoli,
salvaci
Sangue di Cristo, aiuto degli oppressi,
salvaci
Sangue di Cristo, conforto nel pianto,
salvaci
Sangue di Cristo, speranza dei penitenti,
salvaci
Sangue di Cristo, sollievo dei moribondi,
salvaci
Sangue di Cristo, pace e dolcezza dei cuori
salvaci
Sangue di Cristo, pegno della vita eterna,
salvaci
Sangue di Cristo, che liberi le anime del purgatorio, salvaci
Sangue di Cristo, degnissimo di ogni onore e gloria, salvaci

Agnello di Dio che prendi su di te i peccati del mondo - perdonaci, Signore
Agnello di Dio che prendi su di te i peccati del mondo - esaudiscici, Signore
Agnello di Dio che prendi su di te i peccati del mondo - abbi pietà di noi

V. Ci hai redenti, o Signore, con il tuo Sangue.
R. E ci hai fatti regno per il nostro Dio.

Preghiamo
Dio onnipotente ed eterno,
che hai costituito Redentore del mondo
il tuo Figlio unigenito ed hai voluto
esser placato nel suo Sangue,
concedici di venerare il prezzo della nostra salvezza e di essere protetti in terra,
per la sua potenza, dai mali della vita presente, in modo da goderne per sempre il frutto in cielo. Per lo stesso Cristo nostro Signore.
R. Amen.

venerdì 4 aprile 2025

Festa del Santissimo Nome di Gesù

Fu San Bernardino da Siena a incentrare la predicazione sul Nome di Gesù, ideando il trigramma IHS, in alfabeto greco ΙΗΣ, Nomen sacrum (tra i Nomina sacra), con le prime tre lettere del nome di Gesù in greco antico (ΙΗΣΟΥΣ).
La ricorrenza del Santissimo Nome di Gesù, nel Rito riformato da Paolo VI, viene celebrata il 3 gennaio con il grado di memoria facoltativa.
Nel Rito Romano Antico, è celebrata nella domenica tra il 2 e il 5 gennaio compresi (o il 2 gennaio dove l'Epifania non è festa di precetto o se nessuna domenica cade tra il 2 e il 5 gennaio). 
Nel Rito Ambrosiano la memoria dell'imposizione del nome a Gesù è stata assommata alla solennità dell'Ottava di Natale nella Circoncisione del Signore (1º gennaio), in cui si legge come Vangelo il brano di Lc 2,18-21 che menziona entrambi i segni rituali. Si conserva nel messale ambrosiano il formulario per la messa votiva del Santissimo Nome di Gesù. 
Inserisco, per la nostra devozione il testo delle Litanie del SS. Nome di Gesù, composte nell’ambito della predicazione di san Bernardino da Siena e di san Giovanni da Capestrano, propagatori della devozione al Nome Divino. Furono approvate per l’uso privato dei fedeli prima da Papa Sisto V nel 1585 e poi, nella forma attuale, da Pio IX nel 1862. Papa Leone XIII ne estese l’uso pubblico alla Chiesa universale e le inserì nel Rituale Romano.
Di seguito alle Litanie trovate il testo di dom Guéranger sulla ricorrenza.
Litanie del SS. Nome 
Perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi
– nei cieli, sulla terra e sotto terra
. (Phil 2, 10)

giovedì 3 aprile 2025

Il significato dei numeri per la Festa di Tutti i Santi. Con un'appendice sull'origine a la trasformazione di Halloween

Il significato dei numeri per la Festa di Tutti i Santi. Con un'appendice sull'origine a la trasformazione di Halloween

Fr. Cassian Folsom, O.S.B.
Ap 7,2-12; Mt 5,1-12
Sant’Agostino, durante il tempo Pasquale, predicava ogni anno sul significato dei 153 grossi pesci presi nella miracolosa pesca fatta dagli apostoli sul lago di Galilea dopo la Risurrezione del Signore. L’assemblea d’Ippona conosceva bene questo brano evangelico, ma ogni anno aspettava con piacere da Sant’Agostino la spiegazione della numerologia. Similmente, la ricorrenza annuale della festa di Tutti i Santi ci fornisce l’occasione di parlare della numerologia della liturgia. Per coloro che hanno già sentito questa spiegazione, sarà una ripetizione; per coloro invece che non l’hanno mai sentito, sarà una scoperta del significato profondo dei numeri nella Bibbia e nella liturgia.

mercoledì 2 aprile 2025

Giubileo 2025, Bergoglio dedica una giornata ad una categoria dipellegrini

Registriamo una delle tante scelte spiazzanti e controverse di Bergoglio, lo stesso che, con Fiducia Supplicans (qui) — promossa dal Dicastero per la Dottrina della Fede di cui è prefetto il fedelissimo cardinal Fernandez — ha aperto alla possibilità di benedire le coppie omosessuali. Qui l'indice degli articoli sui precedenti. Qui un interessante articolo sul Giubileo, il suo vero significato e da dove proviene.

Giubileo 2025, Bergoglio dedica una giornata 
a tutta la comunità Lgbtqia+

Leggiamo su Il Messaggero: “Nella Chiesa di Papa Francesco, aperta a todos, todos, todos, a indicare che tutti sono inclusi e nessuno è più escluso, il Giubileo del 2025 spalancherà le porte al primo pellegrinaggio dedicato espressamente ai gay e a tutte le persone Lgbtqia+. Una novità assoluta, impensabile fino a qualche anno fa, frutto di un'attenzione pastorale estesa ad ambienti solitamente considerati ai margini”. Così viene comunicata un'importante scelta di Bergoglio in vista dell'imminente Anno Santo.
Una novità assoluta, soprattutto ricordando che nel 2000, anno dell’ultimo Giubileo ordinario, il Vaticano si oppose con fermezza alla parata del World Gay Pride, che quell’anno si teneva proprio a Roma, capitale della Cristianità, che  alla fine si svolse; ma non senza numerose polemiche.

Regina Sanctorum omnium, intercede pro nobis!

Regina Sanctorum omnium, intercede pro nobis!

Come il rito è ripetizione, ma è sempre nuovo nel sacrificio di Cristo che è reso presente come fosse la prima, ultima, unica volta, così la 'santa routine' della ripetitività ci invita a solennizzare la Ricorrenza di oggi. I frutti maturano nella ripetizione e nell'abitudine. 
Buona Festa di Ognissanti a tutti!  -  Vedi precedente nel blog.

Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate
(Disc. 2; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968] 364-368)

Affrettiamoci verso i fratelli che ci aspettano

A che serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità? Perché ad essi gli onori di questa stessa terra quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre celeste li onora? A che dunque i nostri encomi per essi? I santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. Ѐ chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro. Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri.
Il primo desiderio, che la memoria dei santi o suscita o stimola maggiormente in noi, è quello di godere della loro tanto dolce compagnia e di meritare di essere concittadini e familiari degli spiriti beati, di trovarci insieme all'assemblea dei patriarchi, alle schiere dei profeti, al senato degli apostoli, agli eserciti numerosi dei martiri, alla comunità dei confessori, ai cori delle vergini, di essere insomma riuniti e felici nella comunione di tutti i santi.
Ci attende la primitiva comunità dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo? I santi desiderano di averci con loro e noi e ce ne mostreremo indifferenti? I giusti ci aspettano, e noi non ce ne prenderemo cura? No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo. Sentiamo il desiderio di coloro che ci desiderano, affrettiamoci verso coloro che ci aspettano, anticipiamo con i voti dell'anima la condizione di coloro che ci attendono. Non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia dei santi, ma anche di possederne la felicità. Mentre dunque bramiamo di stare insieme a loro, stimoliamo nel nostro cuore l'aspirazione più intensa a condividerne la gloria. Questa bramosia non è certo disdicevole, perché una tale fame di gloria è tutt'altro che pericolosa.
Vi è un secondo desiderio che viene suscitato in noi dalla commemorazione dei santi, ed è quello che Cristo, nostra vita, si mostri anche a noi come a loro, e noi pure facciamo con lui la nostra apparizione nella gloria. Frattanto il nostro capo si presenta a noi non come è ora in cielo, ma nella forma che ha voluto assumere per noi qui in terra. Lo vediamo quindi non coronato di gloria, ma circondato dalle spine dei nostri peccati.
Si vergogni perciò ogni membro di far sfoggio di ricercatezza sotto un capo coronato di spine. Comprenda che le sue eleganze non gli fanno onore, ma lo espongono al ridicolo.
Giungerà il momento della venuta di Cristo, quando non si annunzierà più la sua morte. Allora sapremo che anche noi siamo morti e che la nostra vita è nascosta con lui in Dio.
Allora Cristo apparirà come capo glorioso e con lui brilleranno le membra glorificate. Allora trasformerà il nostro corpo umiliato, rendendolo simile alla gloria del capo, che è lui stesso.
Nutriamo dunque liberamente la brama della gloria. Ne abbiamo ogni diritto. Ma perché la speranza di una felicità così incomparabile abbia a diventare realtà, ci è necessario il soccorso dei santi. Sollecitiamolo premurosamente. Così, per loro intercessione, arriveremo là dove da soli non potremmo mai pensare di giungere.

Vexilla Regis / Per l'Esaltazione della Santa Croce, e per tutta la Quaresima

Vexilla Regis è stato inserito tra diversi altri Preghiere, Inni e Litanie – tesori della nostra Fede da custodire – di cui trovate l'indice nella colonna di destra del blog (nella visualizzazione web).

Vexilla Regis / Per l'Esaltazione della Santa Croce, e per tutta la Quaresima.
(A I Vesperis Dominicae in Palmis in Passione Domini usque ad nonam feriae V Hebdomadae Sanctae inclusive)

Il Vexilla Regis è un inno (Carm. II, 6), le cui parole sono tratte dal poemetto in dimetri giambici composto da Venanzio Fortunato in occasione dell'arrivo della reliquia della Vera Croce a Poitiers (nel 568). Per ascoltarlo qui.
Esso prende titolo dalle parole iniziali della prima stanza. Viene principalmente cantato il Venerdì santo in onore della Santa Croce, nella ricorrenza della festa, ormai soppressa, della Invenzione della Croce (3 maggio), e nella celebrazione della Esaltazione della Santa Croce (14 settembre).

Testo originale (antico)
Vexilla regis prodeunt,
fulget crucis mysterium,
quo carne carnis conditor
suspensus est patibulo.

Confixa clavis viscera
tendens manus, vestigia
redemptionis gratia
hic inmolata est hostia.

Quo vulneratus insuper
mucrone diro lanceae,
ut nos lavaret crimine,
manavit unda et sanguine.

Inpleta sunt quae concinit
David fideli carmine,
dicendo nationibus:
regnavit a ligno deus.

Arbor decora et fulgida,
ornata regis purpura,
electa, digno stipite
tam sancta membra tangere!

Beata cuius brachiis
pretium pependit sæculi!
statera facta est corporis
praedam tulitque Tartari.

Fundis aroma cortice,
vincis sapore nectare,
iucunda fructu fertili
plaudis triumpho nobili.

Salve ara, salve victima
de passionis gloria,
qua vita mortem pertulit
et morte vitam reddidit.
Traduzione italiana
I vessilli del Re avanzano;
risplende il mistero della Croce,
al cui patibolo il creatore della carne
con la propria carne fu appeso.
Confitti con i chiodi le membra,
tendendo le mani, e i piedi,
per la [nostra] redenzione
qui è stata immolata la vittima.
Oltre a ciò, trafitto
da crudele punta di lancia,
per lavarci dalla colpa,
effuse acqua e sangue.
Si compì quel che cantò
Davide con veridica profezia,
quando disse ai popoli:
"Dio regnò dal legno".
Albero appropriato e splendente,
ornato di porpora regale,
scelto a toccare con il degno tronco
così sante membra!
[Albero] beato, ai cui bracci
fu appeso il prezzo del riscatto del mondo:
sei divenuto stadèra del corpo
e strappò via la preda dell'inferno.
Effondi un aroma dalla corteccia,
superi per profumo il nettare,
lieta per il ricco frutto,
lodi l'illustre trionfo.
Salute a te, o altare! Salute a te, o vittima,
a seguito della gloria della Passione,
per la quale la Vita sopportò la morte
e attraverso la morte restituì la vita.
Salve, o Croce, unica speranza!
In questo tempo di Passione
ai fedeli accresci la grazia
e ai peccatori cancella le colpe.
Te, Trinità, fonte di salvezza,
esalti ogni essere vivente:
coloro che salvi attraverso il mistero della croce,
proteggi per l'eternità.

 Protagonista dell’inno è la Croce, albero nobile e fulgido, e la celebrazione del suo Mistero. Tuttavia, esso riprende diversi contenuti già evidenziati da Venanzio in un altro celebre inno sacro, il Pange Lingua [qui testo in calce all'articolo]. Nella scena della Passione sono riproposti alcuni particolari presenti nel Pange lingua: i chiodi (v. 5) e la lancia (v. 10), nonché il sangue e l’acqua (v. 12). Diverse sono però le modalità con cui viene veicolato il contenuto: come evidenzia, infatti, Stefania Filosini “nel Pange lingua la serie asindetica di sostantivi fa leva sul potere evocativo della parola e i singoli termini sono funzionali a richiamare agli occhi del lettore una serie di episodi evangelici; nel Vexilla Regis Venanzio presenta in successione i momenti della crocifissione, zoomando su particolari rilevanti per le loro implicazioni teologiche”.
Nell'immagine a lato (da ingrandire) uno spartito musicale.

La fama dell’inno è testimoniata anche dal fatto che Dante Alighieri lo introdurrà nella Divina Commedia, in Inf. XXXIV [ «Vexilla regis prodeunt inferni / verso di noi; però dinanzi mira» / disse 'l maestro mio «se tu 'l discerni» (Inf. XXXIV, 1-3)], rovesciandone il senso, introducendo un significato parodico: se nell’inno latino i vexilla Regis indicano la Croce, qui rappresentano le sei ali di Lucifero (descritte successivamente ai vv. 46-52). Natalino Sapegno, invece, ci offre una chiave di lettura diversa: “il tono non ha nulla in sé, come si suol ripetere, di ironico o parodistico: la rappresentazione di Lucifero vuole essere paurosa, con quegli aspetti mostruosi e grotteschi che il poeta attinge alla leggenda popolare e alle invenzioni figurative dell’arte romanica e gotica […]; in essa si raccoglie il concetto e il simbolo di tutto il male del mondo.” 
L'inno è citato anche da James Joyce in A Portrait of the Artist as a Young Man, capitolo V, nell'omonima novella di Luigi Pirandello e da Reinhold Messner in Vite al Limite, la sua biografia. 
L'inno ha sempre avuto una grande importanza nella storia della musica. Veniva tradizionalmente cantato nelle processioni precedute dalla croce. Celebre l'esecuzione con coro a cappella, che accompagna la processione del Santo Legno e del Cristo Morto il venerdì santo a Mola di Bari, e del Cristo Morto e della Pietà a Molfetta, e a Barcellona Pozzo di Gotto (ME), dietro la processione delle "varette". 
Successivamente è stato musicato da Anton Bruckner. Anche Giacomo Puccini ha composto un suo adattamento per coro di voci maschili ed organo. "Vexilla Regis" è stato anche l'inno dell'Esercito Reale e Cattolico che nel 1793 combatté i rivoluzionari in Vandea. 
Come la grande maggioranza degli inni, anche Vexilla Regis non scampò alla riforma di Urbano VIII che volle raddrizzare le gambe a tutti i testi che a lui parevano non abbastanza "classici" o elevati. Il gusto seicentesco purista del Papa che si reputava un poeta latinista portò, effettivamente, a migliorie formali di certi inni, ma certo a scapito del contenuto teologico di scritti redatti spesso da grandi santi del passato. Per questo motivo il latino medievale degli inni venne sottoposto ad una profonda revisione, con massicci interventi testuali per rendere più scorrevole o solamente più aulico il testo degli inni. Comunque già dai tempi di Pio X la tendenza è di tornare alla versione "antiqua" degli inni (che spesso appaiono in appendice ad alcune edizioni del breviario).
Il "Liber Hymnarius" di Solesmes, frutto della riforma liturgica post-conciliare, riabilita tutti i testi in forma antica che erano stati cambiati nel Breviarium Romanum.

martedì 1 aprile 2025

Praeconium Paschale - Per l'ascolto: Exsultet. Basilica Vaticana 23 Aprile 2011

Il termine Exultet corrisponde alla prima parola del canto liturgico, il praechonium paschale, che dall'alto del pulpito viene intonato dal diacono nella solenne veglia pasquale della notte del Sabato Santo.
L'immagine a lato riproduce una miniatura dell'anno 1000.

Nel Video, l'Exultet risuonato nella Basilica Vaticana il 23 aprile 2011, alla presenza di Benedetto XVI.
Inserisco di seguito il testo nell'originale latino e nella traduzione italiana perché, volendo, possiate seguirlo nell'ascolto.

Exultet iam angelica turba caelorum:
exultent divina mysteria:
et pro tanti Regis victoria tuba insonet salutaris.
Gaudeat et tellus tantis irradiata fulgoribus:
et, aeterni Regis splendore illustrata,
totius orbis se sentiat amisisse caliginem.
Laetetur et mater Ecclesia,
tanti luminis adornata fulgoribus:
et magnis populorum vocibus haec aula resultet.
Quapropter astantes vos, fratres carissimi,
ad tam miram huius sancti luminis claritatem,
una mecum, quaeso,
Dei omnipotentis misericordiam invocate.
Ut, qui me non meis meritis
intra Levitarum numerum dignatus est aggregare,
luminis sui claritatem infundens,
cerei huius laudem implere perficiat.

Vers. Dominus vobiscum.
Resp. Et cum spiritu tuo.
Vers. Sursum corda.
Resp. Habemus ad Dominum.
Vers. Gratias agamus Domino Deo nostro.
Resp. Dignum et iustum est.

Vere dignum et iustum est,
invisibilem Deum Patrem omnipotentem
Filiumque eius unigenitum,
Dominum nostrum Iesum Christum,
toto cordis ac mentis affectu et vocis ministerio personare.
Qui pro nobis aeterno Patri Adae debitum solvit,
et veteris piaculi cautionem pio cruore detersit.

Haec sunt enim festa paschalia,
in quibus verus ille Agnus occiditur,
cuius sanguine postes fidelium consecrantur.
Haec nox est,
in qua primum patres nostros, filios Israel
eductos de Aegypto,
Mare Rubrum sicco vestigio transire fecisti.
Haec igitur nox est,
quae peccatorum tenebras columnae illuminatione purgavit.
Haec nox est,
quae hodie per universum mundum in Christo credentes,
a vitiis saeculi et caligine peccatorum segregatos,
reddit gratiae, sociat sanctitati.
Haec nox est,
in qua, destructis vinculis mortis,
Christus ab inferis victor ascendit.
Nihil enim nobis nasci profuit,
nisi redimi profuisset.
O mira circa nos tuae pietatis dignatio!
O inaestimabilis dilectio caritatis:
ut servum redimeres, Filium tradidisti!
O certe necessarium Adae peccatum,
quod Christi morte deletum est!
O felix culpa,
quae talem ac tantum meruit habere Redemptorem!
O vere beata nox,
quae sola meruit scire tempus et horam,
in qua Christus ab inferis resurrexit!
Haec nox est, de qua scriptum est:
Et nox sicut dies illuminabitur:
et nox illuminatio mea in deliciis meis.
Huius igitur sanctificatio noctis fugat scelera, culpas lavat: et reddit innocentiam lapsis
et maestis laetitiam.
Fugat odia, concordiam parat
et curvat imperia.
In huius igitur noctis gratia, suscipe, sancte Pater,
laudis huius sacrificium vespertinum,
quod tibi in hac cerei oblatione sollemni,
per ministrorum manus
de operibus apum, sacrosancta reddit Ecclesia.
Sed iam columnae huius praeconia novimus,
quam in honorem Dei rutilans ignis accendit.
Qui, licet sit divisus in partes,
mutuati tamen luminis detrimenta non novit.
Alitur enim liquantibus ceris,
quas in substantiam pretiosae huius lampadis
apis mater eduxit.
O vere beata nox,
in qua terrenis caelestia, humanis divina iunguntur!
Oramus ergo te, Domine,
ut cereus iste in honorem tui nominis consecratus,
ad noctis huius caliginem destruendam,
indeficiens perseveret.
Et in odorem suavitatis acceptus,
supernis luminaribus misceatur.
Flammas eius lucifer matutinus inveniat:
Ille, inquam, lucifer, qui nescit occasum:
Christus Filius tuus,
qui, regressus ab inferis, humano generi serenus illuxit,
et tecum vivit et regnat in saecula saeculorum.
Resp. Amen.
Esulti il coro degli angeli,
esulti l'assemblea celeste:
un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto.
Gioisca la terra inondata da così grande splendore;
la luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo.
Gioisca la madre Chiesa, splendente della gloria del suo Signore,
e questo tempio tutto risuoni
per le acclamazioni del popolo in festa.
E voi, fratelli carissimi,
qui radunati nella solare chiarezza di questa nuova luce,
invocate con me la misericordia di Dio onnipotente.
Egli che mi ha chiamato, senza alcun merito,
nel numero dei suoi ministri, irradi il suo mirabile fulgore,
perché sia piena e perfetta la lode di questo cero.

Il Signore sia con voi.
E con il tuo spirito.
In alto i nostri cuori.
Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio.
È cosa buona e giusta.

È veramente cosa buona e giusta
esprimere con il canto l'esultanza dello spirito,
e inneggiare al Dio invisibile, Padre onnipotente,
e al suo unico Figlio, Gesù Cristo nostro Signore.
Egli ha pagato per noi all'eterno Padre il debito di Adamo,
e con il sangue sparso per la nostra salvezza
ha cancellato la condanna della colpa antica.
Questa è la vera Pasqua, in cui è ucciso il vero Agnello,
che con il suo sangue consacra le case dei fedeli.
Questa è la notte in cui hai liberato i figli di Israele, nostri padri,
dalla schiavitù dell'Egitto,
e li hai fatti passare illesi attraverso il Mar Rosso.
Questa è la notte che ha vinto le tenebre del peccato
con lo splendore della colonna di fuoco.
Questa è la notte che salva su tutta la terra i credenti in Cristo
imprigionati dall'oscurità dei peccati e dalla corruzione del mondo,
li consacra all'amore del Padre
e li unisce nella comunione dei santi.
Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte,
risorge vincitore dagli inferi.
Nessun vantaggio per noi essere nati,
se lui non ci avesse redenti.
O immensità del tuo amore per noi! O inestimabile segno di bontà:
per riscattare lo schiavo, hai sacrificato il Figlio!
Davvero era necessario il peccato di Adamo,
che è stato distrutto con la morte del Cristo.
Felice colpa,
che meritò di avere un così grande redentore!

O notte beata,
tu sola hai meritato di conoscere il tempo e l'ora
in cui Cristo è risorto dagli inferi.
Questa è la notte di cui è stato scritto:
la notte splenderà come il giorno,
e sarà fonte di luce per le mie delizie.
Il santo mistero di questa notte sconfigge il male,
lava le colpe, restituisce l'innocenza ai peccatori,
la gioia agli afflitti.
Dissipa l'odio, piega la durezza dei potenti,
promuove la concordia e la pace.

In questa notte di grazia accogli, Padre santo, il sacrificio di lode,
che la Chiesa ti offre per mano dei suoi ministri,
nella solenne liturgia del cero,
frutto del lavoro delle api, simbolo della nuova luce.
Riconosciamo nella colonna dell'Esodo
gli antichi presagi di questo lume pasquale
che un fuoco ardente ha acceso in onore di Dio.
Pur diviso in tante fiammelle non estingue il suo vivo splendore,
ma si accresce nel consumarsi della cera
che l'ape madre ha prodotto
per alimentare questa preziosa lampada.

O notte veramente gloriosa,
che ricongiunge la terra al cielo e l'uomo al suo creatore!
Ti preghiamo, dunque, Signore, che questo cero,
offerto in onore del tuo nome
per illuminare l'oscurità di questa notte,
risplenda di luce che mai si spegne.
Salga a te come profumo soave,
si confonda con le stelle del cielo.
Lo trovi acceso la stella del mattino,
questa stella che non conosce tramonto:
Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena
e con te vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen.