sabato 23 novembre 2019

La chiesa come l'araba fenice? - Don Elia

Segnali, non evidenti ai più, da non trascurare.

Cornice sacrale, contenuto ambiguo
Le forze occulte che operano per trasformare il cattolicesimo in una nuova “religione” continuano a seminare indizi significativi, leggibili da parte degli iniziati come precisi messaggi, indicatori della direzione che stanno seguendo. Così, nella Messa celebrata nella sua cattedrale per l’investitura delle neonate équipe pastorali composte di custodi del fuoco, [vedi] lo scorso 9 novembre, il Vescovo di Roma ha indossato una casula recante le figure, sul davanti, di san Giovanni Battista che battezza il Signore e, sul retro, della fenice e della palma. Sebbene l’ufficio liturgico diocesano si sia premurato di avvertirci che il mitologico pennuto sarebbe un simbolo medievale di risurrezione, la sua vera origine va in realtà rintracciata nella gnosi antica, sia egizia che greca. La palma rappresenta inoltre il giudaismo, piuttosto che il cristianesimo. Perfino la rappresentazione più ineccepibile, quella del Battesimo al Giordano, può esser letta in chiave esoterica, sullo sfondo delle incredibili asserzioni sulla non-divinità di Cristo che un vecchio mentitore – ricevendo peraltro una fiacca smentita – ha osato porre sulle labbra del Pontefice regnante.

Non a caso la massoneria moderna, che ha raccolto e rilanciato le tradizioni templari e rosacruciane, fa risalire la propria nascita al 24 giugno 1717, data di fondazione della gran loggia madre di Londra. Il culto del Battista, la cui natività è celebrata in prossimità del solstizio d’estate, è reinterpretato in relazione con i culti solari, legati a quello della fecondità. Per motivi analoghi anche san Giovanni Evangelista viene associato a un solstizio, quello d’inverno, ed è “venerato” in coppia con l’altro. Essi rappresentano, insieme, le due facce dell’unico Giano bifronte, il quale detiene le chiavi che aprono e chiudono il cielo, prerogativa di cui si sarebbe poi appropriata la Chiesa nella persona del Successore di san Pietro. Il nome Ioannes (foneticamente accostato a Ianus) è altresì spiegato come colomba di fuoco, secondo quella simbologia esoterica di distruzione e rinascita che abbiamo già considerato proprio a proposito della forzata formazione delle inopinate squadre “consacrate” una settimana fa. Come essere focoso, il Battista avrebbe trasmesso lo “spirito” a Gesù, che sarebbe così stato in grado di esercitare capacità divine, ma per soli tre anni…

Ora, il nesso con la fenice è più che evidente. L’uccello del mito, per poter rinascere, si lancia verso il sole, ne rimane bruciato e risorge dalle proprie ceneri, contenenti un misterioso seme. In Egitto il suo culto era connesso alle esondazioni del Nilo e alla terra nera, il limo depositato dalle acque sui campi fertilizzandoli (come quella offerta sull’altare della Confessione, nella basilica vaticana, nella Messa di chiusura del sinodo per l’Amazzonia…). Tale processo di “morte e risurrezione” non è altro che una rappresentazione mitologica del ciclo della natura, come pure la storia di Adone, il babilonese Tammuz che ogni anno, dopo essersi unito alla dea madre Ishtar, muore e rinasce. Non c’è dubbio che si tratti di una concezione prettamente naturalistica e immanentistica; ciononostante l’immagine della fenice, nell’esoterismo massonico, assurge a simbolo di un perpetuo progresso che si attuerebbe mediante fasi successive e sempre migliori, separate da un annientamento che darebbe luogo ad una nuova creazione più perfetta delle precedenti, nella quale gli illuminati raggiungerebbero uno stadio più elevato di coscienza e di vita.

Nel 2001 usciva in Francia un libro intitolato Une Église condamnée à renaître, una raccolta di conversazioni tra il domenicano André Gouzes e Philippe Baud, prete svizzero. Con rara acutezza profetica, i due preconizzavano una Chiesa che, sbarazzatasi di ogni apparato esteriore, si dissolvesse in piccole comunità domestiche raccolte intorno a “liturgie” informali e animate da preti sposati o da ministri donne. Con sorprendente “originalità”, la proposta precorreva di quasi vent’anni l’ultimo sinodo, nel quale dei gerarchi “cattolici”, facendone oggetto di pubblico dibattito ai massimi livelli, hanno finalmente varcato inviolabili tabù. Ciò che lascia ancor più sbalorditi, tuttavia, è che proprio alla vigilia della sua solenne chiusura un vescovo francese, nella medesima basilica di San Pietro (sebbene in un contesto, almeno in apparenza, diametralmente opposto, quello di un pellegrinaggio mondiale della Tradizione) abbia perorato la causa di una Chiesa chiamata a… rinascere dalle sue ceneri. Curiosa coincidenza… o è solo paranoia?

La seconda ipotesi sarebbe senz’altro più comoda. Il fatto è che l’omelia del presule, tutta intrisa di velata simbologia massonica, si apriva già con un ricordo – come dire? – di fuoco: l’incendio di Notre Dame dello scorso 15 aprile, che nelle sue parole assurgeva addirittura a segno dei tempi di una Chiesa in fiamme. Anziché ravvivare un comprensibile dolore, quel fatto finiva con l’apparire, tutto sommato, di buon auspicio, quasi fosse premonitore di una risurrezione. Bisogna ricostruire un Tempio spirituale – proseguiva l’oratore – su un basamento da cui tutto può ripartire, un’infrastruttura religiosa sepolta che va ritrovata (?), come un punto d’Archimede su cui far leva. Il cristianesimo, a suo dire, rappresenterebbe l’involucro antropologico e sociale garante di un’omogeneità che ha attraversato i secoli. A dispetto dei falsi indovini che ne han profetizzato la fine o l’uscita verso altre religioni, esso è quindi qualcosa di cui il mondo postcristiano, nel profondo disagio del suo vuoto esistenziale, avrebbe un immenso bisogno per riconciliarsi con la propria realtà umana. La Chiesa è pur sempre l’avvenire dell’umanità

Anche la liturgia, con la sua continuità di riti, di segni e di forme, costituisce un importante elemento di stabilità. Il Vaticano II ne avrebbe assicurato la conservazione come opera di Cristo e della Chiesa (senza alcun accenno al sacerdozio ordinato; cf. Sacrosanctum Concilium, 7). Essa mette l’uomo in rapporto con Dio, centro gravitazionale del mondo e al contempo interiorità trascendente di cui egli non può fare a meno per pensare se stesso: «Sì, la fede continua ad essere l’inconscio della nostra società, vale a dire ciò che permette alla gente di vivere insieme a partire da rappresentazioni sacre», mentre il magistero petrino avrebbe la funzione di attestare quella verità che innesca l’ascensione dell’umanità verso Dio sull’onda del Cristo Redentore (il Cristo cosmico di Teilhard de Chardin?). Discorso di un immanentismo kantiano e rahneriano spinto all'estremo… Se poi si pensa che quel vescovo proviene dal rinnovamento carismatico, il cui sorgere fu patrocinato da un cardinale in odore di massoneria come Suenens…? In quel movimento, fra l’altro, si entra con una sorta di “battesimo di fuoco”, impartito da laici e inteso come perfezionamento di quello nell’acqua.

Torniamo alla palma, simbolo del giudaismo, accostata alla fenice sul lato posteriore della casula che, sul davanti, riporta san Giovanni Battista, rappresentante della prima alleanza. Poniamo che il cristianesimo vada considerato una fase antitetica di sviluppo dell’ebraismo, che gli ha trasmesso lo “spirito” ma che, nella sua fase primitiva, è finito con il Tempio di Gerusalemme (l’Illum oportet crescere, ego autem minui riletto in chiave esoterica). Ora il momento di dissolversi nel fuoco è forse giunto anche per la Chiesa, dalle cui ceneri dovrebbe rispuntare un’inedita sintesi che, pur conservando un involucro esterno in continuità con la tradizione, fosse portatrice di un contenuto rinnovato? Il Giano dei massoni, guardando avanti e indietro, concilia e riunisce passato e futuro. Chi si accontenta della scorza non ha nulla di che lamentarsi, dato che nessuno gliela tocca, purché egli rimanga tranquillamente rinchiuso nella gabbia dorata da cui, una volta all’anno, lo lasciano uscire per sfilare nel cuore dell’Urbe. Gli altri (i rivoluzionari) han campo libero per instaurare la loro nuova religione, riedizione aggiornata del giudaismo cabalistico, il fondamento spirituale sepolto che le nazioni (i poveri goyyîm) dovrebbero riscoprire. I riferimenti architettonici dell’omelia citata si adattano perfettamente, volendo trasporli, alla sacra spianata di Sion…

Sembra che tutto sia pronto perché la Chiesa si estingua bruciata e risorga dalle sue ceneri… ma come un’altra cosa. Resta solo un granellino di sabbia che potrebbe inceppare l’ingranaggio: siamo noi, quegli irriducibili cattolici che non si son fatti ancora segregare in una riserva indiana. È per questo che stan tentando di tutto per acchiapparci con fantomatici progetti che ci rendano inoffensivi. Per essere neutralizzato, anche il dissenso residuo va inquadrato in qualche modo, magari sfruttando l’ingenuità di un cardinale… Personalmente, preferisco il martirio silenzioso e continuato, in attesa che il Signore intervenga. Senza alcun merito da parte mia, ho imparato per grazia a non reagire mosso dall’io debole e ferito, ma sotto l’azione dello Spirito Santo, invocato nel Cuore Immacolato di Maria. Se il Signore ci aiuta a non lasciarci intrappolare, d’altra parte non vuole nemmeno che ci facciamo metter fuori della Chiesa, assecondando il gioco dei traditori perché abbiano piena libertà d’azione. Dobbiamo rimanere dentro ad ogni costo, anzitutto perché non c’è altra via di salvezza, poi perché questo ci permette di santificarci esercitando le virtù in grado eroico, nonché di frenare la deriva con le nostre preghiere e i nostri sacrifici.

Mi raccomando: non lasciatevi abbattere. La fede non ci autorizza a dubitare dell’onnipotenza di Dio, che è sempre operante a dispetto di qualsiasi apparenza. Ci istruisca la parola divina con cui la Chiesa prega da sempre: Dominus in circuitu populi sui, ex hoc nunc et usque in saeculum (Il Signore è intorno al suo popolo, da questo momento e per sempre; Sal 124, 2). Questa certezza deve alimentare in noi una speranza incrollabile: Et sperent in te qui noverunt nomen tuum, quoniam non dereliquisti quaerentes te, Domine (E sperino in te quanti conoscono il tuo nome, poiché non hai abbandonato coloro che ti cercano, Signore; Sal 9, 11). Quando udiamo notizie sconvolgenti, non rimanga scossa la fiducia che la certezza dell’amore di Dio ci comunica, ma custodiamo il cuore mantenendoci in adorante silenzio: Ego autem tamquam surdus non audiebam, et sicut mutus non aperiens os suum. Et factus sum sicut homo non audiens, et non habens in ore suo redargutiones (Io, come un sordo, non ascoltavo, ed ero come un muto che non apre la bocca. Mi sono reso come un uomo che non ode e non ha repliche sulle labbra; Sal 37, 14-15). Non estenuiamoci a confutare singoli elementi della truffa, ma concentriamo gli sforzi nello smascherarla nell’insieme.

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