mercoledì 27 novembre 2019

L'ennesima gesuitica blasfemia

“Noi, piccoli pesci, che prendiamo il nome dal nostro Ichthys, nasciamo (alla fede) nell’acqua e solo rimanendo in essa siamo salvati” (Tertulliano)
Ancora un gesuita fuori... 
Quando, per blandire gli atei, dici cose blasfeme e che mostrano una malafede che non è innocua ma contribuisce alla ignoranza della storia ma soprattutto dei simboli - oltre che sacri significativi - della Chiesa cattolica. Nell'immagine a lato il Twetter di Bartolomeo Sorge, noto gesuita, teologo e politologo italiano, esperto di dottrina sociale della Chiesa.

Mi porto nel cuore fin da bambina il significato pregnante dei pisciculi Christi (vedi Tertulliano supra) che ci vengono ricordati anche nel Battistero Costantiniano di San Giovanni in Laterano, all'ombra del quale sono nata e cresciuta.
I Suoi pisciculi respirano e vivono solo nell'acqua viva del Redentore e Signore nostro! E sono rappresentati con la scritta che ho riportato, nelle lastre del pavimento che circonda il corpo centrale (andrò a fotografare di persona, perché non ho trovato il dettaglio).
Ad abundantiam, ma certa dei buoni frutti, riporto di seguito la splendida iscrizione sull'architrave della Basilica Lateranense e alcune notizie storiche sull'antichissimo simbolo - evocato in termini così maldestri, pedestri nonché avulsi dal contesto sacro per scaraventarli in un agone politico fin troppo acceso - da un c.d. 'pastore'.... Vergogna e indignazione indicibili, che si tramutano in preghiera e riparazione.

Iscrizione sull’architrave della Basilica Lateranense

Gens sacranda polis hic semine nascitur almo
Quam fecundatis Spiritus edit aquis.
Virgineo fetu genitrix Ecclesia natos
Quas spirante Deo concipit amne parit.
Caelorum regnum sperate hoc fonte renati:
Non recipit felix vita semel genitos.
Fons hic est vitae qui totum diluit orbem,
Sumens de Christi vulnere principium.
Mergere peccator sacro purgande fluento,
Quem veterem accipiet, proferet unda novum.
Insons esse volens isto mundare lavacro,
Seu patrio premeris crimine seu proprio.
Nulla renascentum est distantia quos facit unum
Unus fons, unus spiritus, una fides.
Nec numerus quemquam scelerum nec forma suorum
Terreat hoc natus flumine sanctus erit.
Nasce qui un popolo di nobile stirpe, destinato al Paradiso,che lo Spirito esalta nelle acque che ha reso fruttifere. La Vergine Madre Chiesa concepisce i suoi germogli dal respiro di Dio,e li porta in quest’acqua. Spera nel Regno dei Cieli, tu che sei rinato in questa fonte. La Vita Eterna non è donata a coloro che nascono una sola volta. Questa è la sorgente della vita che bagna il mondo intero, traendo origine dalle Ferite di Cristo. O peccatore, immergiti nella santa acqua, per esserne purificato. Essa riceve coloro che sono nati solo una volta, e li rigenera nuove creature. Che tu sia gravato dal peccato originale o da peccati tuoi personali, se desideri essere rigenerato innocente, fatti purificare in questa vasca. Non vi è diversità fra coloro che sono rigenerati e fatti uno attraverso l’unica fonte, l’unico Spirito, l’unica fede. Che nessuno possa mai essere atterrito dal numero o dalla gravità dei suoi peccati; una volta rinati in quest’acqua, saranno santi.

Sarà utile ricordare che mentre la capitale dell’impero romano assumeva un aspetto maestoso per l’iniziativa di più imperatori, i primi gruppi di cristiani presenti a Roma, durante i periodi di persecuzione, furono spinti a ideare dei messaggi ‘in codice’ anche per non cadere vittima di possibili delatori. Tra i sistemi attuati si trova l’uso della parola: ‘pesce’. Le lettere che la formano in greco, quando scritte in maiuscolo (ΙΧΘΥΣ), costituiscono un acronimo con le iniziali dell’espressione ‘Iēsous Christos Theou Yios Sōtēr’, che significa ‘Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore’ (in greco antico Ἰησοῦς Χριστός, Θεοῦ ͑Υιός, Σωτήρ). In tal modo era possibile per un cristiano capire se in un dato ambiente erano presenti altri correligionari, o distinguere tra una tomba pagana e un loculo cristiano. 
Alcuni autori sono propensi a individuare nel simbolo del pesce un riferimento all’episodio evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 4,19. Lc 5, 1-10). Probabilmente il pesce ricordava anche l’acqua del battesimo. Non è da dimenticare in questo caso una frase di Tertulliano: “noi, piccoli pesci, che prendiamo il nome dal nostro Ichthys, nasciamo (alla fede) nell’acqua e solo rimanendo in essa siamo salvati”.
Oltre all’uso della parola ‘pesce’, i cristiani dei primi secoli individuarono altri modi per favorire una trasmissione di messaggi. Inserivano, ad esempio, il disegno della croce in un contesto più articolato, esempio l’àncora cruciforme.
Unitamente a ciò, i fedeli disegnavano anche altri simboli dai diversi significati: ‘il buon Pastore’ (Cristo guida con amore la Chiesa), l’orante (l’orientamento cristocentrico, l’affidamento a Gesù), l’albero (la vita che cresce e fruttifica in Cristo), la colomba (la pace raggiunta in Cristo), la palma (la vittoria, il martirio, il Paradiso), la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, cioè Alfa e Omega (Cristo è il principio e la fine di tutto), l’àncora (la Chiesa è salda in Cristo; simbolo anche della speranza), la fenice (simbolo della risurrezione), l’agnello (Gesù immolato), il pavone (simbolo di risurrezione e di vita eterna), la barca (la Chiesa).

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