giovedì 25 maggio 2023

Laconico ma significativo: il vero motivo della problematica intorno alla Messa tradizionale

Per noi non è una novità, ne ho parlato diffusamente qui - qui - qui. E allora diciamola tutta! Compendio, di seguito alla citazione dal testo postumo di Ratzinger, alcuni estratti significativi. Qui l'indice degli articoli su Traditionis custodes e successivi.

Il vero motivo per cui
la Messa tradizionale è “problematica”


Detto concisamente da fonte autorevolissima. 
13 maggio 2023, San Roberto Bellarmino e Madonna di Fatima
«Nella concreta attuazione della riforma liturgica, le tesi di Lutero hanno silenziosamente giocato un certo ruolo, cosicché in alcuni ambienti si è potuto sostenere che il decreto del Concilio di Trento sul sacrificio della Messa fosse stato tacitamente abrogato. La durezza dell’opposizione contro l’ammissibilità dell’antica liturgia in parte si basava certamente anche sul fatto che in essa si vedeva operare una concezione non più accettabile di sacrificio ed espiazione».
(Sua Santità Benedetto XVI, pag. 98 dell’edizione italiana del libro postumo)
Comunità San Gregorio Magno
Fonte Disputationes Theologicae 

* * *
Cena con i peccatori o celebrazione sacrificale-pasquale con i "Suoi"?
Se è vero, come afferma Ratzinger, che l'Eucaristia non deriva dai pasti che Gesù ebbe con i peccatori, non basta sottolineare che come cena pasquale viene celebrata nella comunità domestica rigorosamente circoscritta : quella dei Suoi, raccolti nell'Una Santa Cattolica Apostolica Romana. Cioè coloro che la conversione ha affrancato dalla schiavitù del peccato e, pur rimanendo vulnerabili, hanno già fatto l'opzione fondamentale per il Signore che segna anche un orientamento chiaro e netto o un cambiamento di vita in caso di status di peccato grave.

Il problema è che oggi, oltre al senso del peccato, si è perso il senso autentico dell'Eucaristia. E, in ogni caso, entrambe le visuali suddette richiedono il ripareggiamento della verità cattolica. 
Il punto focale di tutto il discorso è che l'Eucaristia non è la né Cena protestante (alla quale la vediamo sempre più assimilata), né generoso rimedio e alimento per i deboli né un Convivio fraterno, come l'ha trasformata il post-concilio, ma un Sacrificio. E ci si ciba della vittima, cioè del Corpo Sangue Anima e Divinità del Signore, innanzitutto per accoglierne l'Azione salvifica ma anche per assimilarLo per la nostra cristificazione ed essere trasformati in offerta perenne insieme a Lui.
Dunque la Liturgia non è né la festa della comunità né azione dell'assemblea, ma Azione teandrica (divino-umana) di Cristo Signore che il sacerdote compie in persona Christi così come Lui ce l'ha consegnata nell'ultima Cena fino alla fine dei tempi. Ed è per questo che nella Catholica non c'è posto né per il sacerdozio uxorato né per quello femminile.

La ‘teologia del mistero pasquale’

L'affermazione sopra riportata nasce dal fatto che Ratzinger, come tutti i novatori, mette grande enfasi sulla “nuova concezione del mistero pasquale”, con l'accento sulla risurrezione, vista come l’anima della riforma liturgica postconciliare.

Ebbene, la “teologia del mistero pasquale” è l'anima della fede cattolica, non della riforma postconciliare. Ma, il mistero Pasquale è la Passione-Morte-Risurrezione del Signore. La riforma post-conciliare ha posto l'accento solo sulla Risurrezione, con il pretesto che la visione di Trento era troppo “doloristica” e si metteva troppo l'accento sulla Croce. E Cristo sarebbe morto per testimoniare il suo immenso amore, senza traccia dell'espiazione... il che allontana anche il senso del peccato.
“Quale posizione assume la croce in seno alla fede in Gesù considerato come il Cristo? […] In questo campo la coscienza cristiana è in genere ancora largamente improntata ad una grossolana idea della teologia di espiazione risalente ad Anselmo di Canterbury […] Per molti cristiani, e specialmente per quelli che conoscono la fede solo piuttosto da lontano, le cose stanno come se la croce andasse vista inserita in un meccanismo, costituito dal diritto offeso e riparato. Sarebbe la forma in cui la giustizia di Dio infinitamente lesa verrebbe nuovamente placata da un’infinita espiazione [...] Nel Nuovo Testamento invece, la situazione è quasi esattamente l’inversa. Non è l’uomo che s’accosta a Dio tributandogli un dono compensatore, ma è Dio che si avvicina all’uomo per accordarglielo. Per iniziativa stessa della sua potenza amorosa, egli restaura il diritto leso, giustificando l’uomo colpevole mediante la sua misericordia creatrice e richiamando alla vita la creatura morta […] (Joseph Ratzinger,Introduzione al cristianesimo, 11a edizione, Queriniana, Brescia 1996, pp. 227-230)
Questo è un inganno: la Croce è una realtà ineludibile, vera Pasqua=‘passaggio’ verso la Risurrezione, perché rappresenta il fiat di Cristo Signore alla volontà del Padre, quell'obbedienza piena e libera, che ha cancellato un primigenio terribile non serviam e la tragica disobbedienza del primo Adamo e ha permesso il ricongiungimento al Padre dell’umanità redenta. E la S. Messa è la ri-presentazione incruenta al Padre del Sacrificio del Figlio, che si trasforma, alla comunione, in banchetto escatologico

Dopo la Consacrazione, nel momento in cui viene posta sull'altare la Vittima (il sacerdote depone l'oblata sul Corporale, chiamato anche sindone) è come se si ripetesse la deposizione dalla Croce ed è in quel momento che si dispiegano gli effetti del Sacrificio già compiuto e quindi subentra anche la funzione della Chiesa con la sua Offerta dell'Hostia pura santa e immacolata, che include non solo il mistero della passione e morte, ma anche quello della Risurrezione e Ascensione, esplicitato nell'Unde et memores :
... Domine, nos servi tui, set et plebs tua sancta, eiusdem Christi Filii tu, Domini nostri, tam beatae passionis, nec non et ab inferis resurrectionis, sed in caelos gloriosae ascensionis: offerimus praeclare majestati tuae de tuis donis ac datis (tra l'altro de tuis donis ac datis, (non dal ‘frutto della terra e del nostro lavoro’) [Vedi: La berakah ebraica al posto dell'Offertorio]
Con la distinzione che la Passione-Morte viene riattualizzata mentre la Resurrezione viene ricordata.

Parlare di mistero pasquale, quindi, non è prerogativa del concilio, perché è il nucleo portante della nostra Fede. Prerogativa di un improprio, sviato e sviante “spirito del concilio”, invece, è parlare di mistero pasquale mettendo l’accento solo sulla Risurrezione e trasformando il Sacrificio-convivio in convivio-e-basta, tant'è che si sono aboliti gli Altari per sostituirli con delle ‘mense’.

L’offertorio, completamente abolito, è diventato una berakàh ebraica (formula di ringraziamento per i pasti) [vedi] e manca il totale dono di noi stessi, l’Offerta, tutto consegnato al Signore che si consegna per la nostra Redenzione. Nell’antico Canone si offre l’Hostia pura santa e anche l’assemblea si riallaccia alla sorgente. Già è così nel VI secolo, anzi fin dal tempo Apostolico il Culto si attua nel contesto di un pasto, ma è una celebrazione a parte che nei secoli si è affinata per divenire la meraviglia che ancora abbiamo.
Il culto cattolico deriva dal culto ebraico del Tempio di Gerusalemme che nel 70 d.C. fu distrutto. La Liturgia della Parola viene dalla liturgia sinagogale. Lo stesso Gregoriano ha conservato dei suoni più fedeli alle antiche salmodie degli attuali canti sinagogali. L’Eucaristia è il Novum introdotto dal Signore.
L'ebraismo talmudico nato a Yavne dal giudaismo farisaico, dopo la distruzione di Gerusalemme (e del Tempio) nel ’70 c.C., è quello spurio. Non c'è più né tempio, né vittima né sacrificio: il nuovo Tempio è Cristo e la Sua Chiesa, l'unica Nuova ed Eterna Alleanza è quella nel Sangue prezioso di Cristo Signore!
Solo il Sacerdote poteva offrire la “vittima” solo lui poteva sacrificarla, solo lui poteva immolarla, solo lui poteva toccarla... solo lui poteva “mangiarla”.

Ora, in virtù del nostro battesimo, del sacerdozio “comune” noi ora possiamo partecipare della “vittima”, ma non possiamo sacrificare perché solo il -un- Sacerdote poteva.
Il boccone che il sacerdote offre è quindi un privilegio tutto cristiano, istituito dal Signore stesso, e il fedele ben si guardava dal toccare con le sue mani “non monde” (non sante, non consacrate) la vittima!
Era un abominio solo il pensiero di poter toccare l'oblata!

Comunione o Sacrificio?

Nel raffrontare questi aspetti del Rito Romano antiquior e di quello riformato, non possiamo non porci il seguente interrogativo: nel momento della preparazione delle oblate che precede il canone della Messa qual è la disposizione dei fedeli?
Devono entrare in comunione con Dio che loro si dona (1969) o sono essi parte integrante del Sacrificio della Croce rinnovato sull’altare (1962)?
Ponendo la questione in questi termini ci accorgiamo che i due atteggiamenti devono essere compresenti completandosi a vicenda, ma il fatto che risultino messi in contrapposizione non può non dipendere anche dallo snaturamento delle oblate evidenziato in precedenza.
Il Catechismo della Chiesa cattolica (1992) così definisce la Messa:
La Messa è ad un tempo e inseparabilmente il memoriale del sacrificio nel quale si perpetua il sacrificio della croce, e il sacro banchetto della Comunione al Corpo e al Sangue del Signore. Ma la celebrazione del sacrificio eucaristico è totalmente orientata all’unione intima dei fedeli con Cristo attraverso la Comunione. Comunicarsi è ricevere Cristo stesso che si è offerto per noi.
L’ultimo Ordinamento generale del Messale romano (2002), richiama l’importanza dell’aspetto sacrificale invitando tuttavia a valorizzare altri aspetti meno sviluppati nel tempo:
[...] si presta ora maggiore attenzione a certi aspetti della celebrazione che, nel corso dei secoli, erano stati talvolta alquanto trascurati. Questo popolo è il popolo di Dio[1], acquistato dal Sangue di Cristo[2], radunato dal Signore, nutrito con la sua Parola; popolo la cui vocazione è di far salire verso Dio le preghiere di tutta la famiglia umana; popolo che, in Cristo, rende grazie per il mistero della salvezza, offrendo il suo Sacrificio[3]; popolo infine che, per mezzo della Comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, rafforza la sua unità. Questo popolo è già santo per la sua origine; ma in forza della sua partecipazione consapevole, attiva e fruttuosa al mistero eucaristico, progredisce continuamente in santità.
Dunque i due aspetti, Sacrificio e Comunione, sono essenziali allo stesso modo, e l’uno non esclude l’altro. Ma nel Novus Ordo prevale l’aspetto conviviale, intorno ad una mensa, che non è più un altare.

L’Eucaristia non ripete la Cena ma riattualizza il sacrificio del Calvario. È vero che la Messa nasce nell’Ultima Cena.  È lì l’istituzione dell’Eucaristia. Tuttavia essa non riproduce e non ricorda la Cena, ma ciò che il Signore vi ha compiuto e ci ha consegnato: è da lì ch’Egli porta i Suoi direttamente sul Calvario, dove a breve si compirà il Sacrificio. Ce lo dice anche il verbo espresso al futuro nella formula consacratoria “effundetur” — la cui traduzione corretta è “sarà versato” e non “versato”[4] — con chiaro riferimento al Sangue già transustanziato da Gesù al termine della Cena, che non è solo un convivio, sia pure trattandosi attendibilmente della Cena pasquale ebraica; ma trasporta appunto al Calvario, il luogo del Sacrificio del vero Agnello.

È questo il Novum, l’inedito, che dobbiamo custodire e vivere e che rende possibile il riscatto e la risurrezione nobis (per noi) e per i molti [vedi questione del pro multis] che faranno questo in Sua memoria, non solo ritualmente, ma da veri adoratori in spirito e verità.
Inoltre Gesù nella Cena non proclama la sua morte salvifica, la anticipa, introducendo a ciò che sta per compiersi sul Calvario e che rimane come eterno presente in ogni presente della storia della salvezza che è la nostra storia.
L’offerta sacrificale di Gesù e la sua espressione sacramentale ricapitola e compie l’economia dell’Antico Testamento. Essa è nello stesso tempo: 1. olocausto; 2. sacrificio di comunione (alleanza: configura la Nuova ed Eterna Alleanza) e di lode; 3. kippur (espiazione)
Tra i due Testamenti non c’è cesura ma superamento, perché l’offerta del Figlio è perfetta, così come universale è la sua efficacia.
[...] A nessuno è concesso di sottovalutare il Mistero affidato alle nostre mani: esso è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale (Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 52).
Ancora una citazione dal libro "Introduzione al Cristianesimo"mel quale l'allora card. Ratzinger negava il concetto di croce come sacrificio:
"Da S.Anselmo (1033-1109) la pietà cristiana vede nella croce un sacrificio espiatorio. Ma è una pietà dolorista ... Che Dio esiga da suo figlio un sacrificio umano è una crudeltà non conforme al messaggio d'amore del Vangelo. Se certi testi di devozione sembrano suggerire che la Croce rappresenta un Dio dalla giustizia inesorabile che chiede il sacrificio umano di suo figlio ... nel Nuovo Testamento la Croce appare invece come un movimento dall'alto verso il basso. La Croce non è l'opera di riconciliazione che l'umanità offre a un Dio in collera, ma l'espressione dell'amore di Dio che si dona a noi ... Partendo da questa rivoluzione del senso di espiazione, che si situa nell'asse stessa della realtà religiosa, il culto cristiano riceve una nuova orientazione ... in questo culto non sono le azioni umane che vengono offerte a Dio, il culto consiste piuttosto nel fatto che ci lasciamo colmare da Lui. Non si glorifica Dio apportandogli del nostro, ma accettando i suoi doni e riconoscendolo cosi' come l'unico Signore." [pag 198-199]
Ma il fiat del Figlio non è centrato tanto sulla "collera" di Dio, quanto sulla riparazione(5) della Giustizia violata. Il Verbo si è incarnato, per riparare il peccato di fronte al Padre, atto di cui l'uomo era incapace per l'entità della colpa che lo aveva separato dal Creatore e Signore: "Lui, Dio ha prestabilito mezzo di propiziazione, per via della fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, a motivo della tolleranza per le passate colpe" (Rm 3,25). E anche: "Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati" (1Gv 4, 10). E ancora: "Tu sei degno, o Signore, di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti" (Ap, 5, 9-10). Ovvio che l'offerta di Gesù sulla Croce è la dimostrazione di un supremo atto di amore ma, insieme, è anche un atto supremo di obbedienza che compie una suprema giustizia.

Ed è la riparazione del peccato che conferisce al Figlio, il Verbo Incarnato, il potere di salvare gli uomini, espiando al loro posto e quindi riscattandoli nel suo Sangue Prezioso: questa è la Redenzione. È questa verità dal valore immenso e ineludibile che risulta omessa negli insegnamenti post-conciliari. E, dal silenzio, rischia di cadere nell'oblìo... Ed è per questo che noi continuiamo a custodirla, viverla e proclamarla!
Vedi, sul blog: I quattro fini della Santa Messa e i Canoni di Trento che sintetizzano la dottrina perenne [qui].
Maria Guarini
____________________________
1. «Popolo di Dio» è esatto ma generico ed è una connotazione ancora ebraica. «Corpo Mistico di Cristo» designa un'identità più precisa più piena e rende perfettamente ciò che la Chiesa è ontologicamente.
2. Viene rettamente affermato, ma è messo sullo sfondo, mentre l'interiorizzazione prodotta dal nuovo rito induce a dimenticarlo
3. Non più quello del Sacerdote in persona Christi al quale si partecipa attivamente come singoli e poi anche come Assemblea; nel NO è l'Assemblea che celebra, il Sacerdote presiede
4. Effundetur=sarà versato, usato al passato versato nella traduzione in lingua volgare del Canone romano (Messale 1969), sembra narrare più che compiere. Una delle tante distorsioni operate nella traduzione in lingua volgare del nuovo Messale. Il pensiero corre a quali ulteriori rischi di tradimenti ha comportato la revisione [qui] della Liturgiam authenticam (7.5.2001) “sull’uso delle lingue volgari nella pubblicazione dei libri della liturgia romana”. Ed ora, abbiamo bevuto l'amaro calice del motu proprio Magnum principium (9.9.2017), che modifica il can. 838 del Codice di diritto canonico, riguardante le competenze della Santa Sede, delle Conferenze episcopali e dei Vescovi diocesani nell’ordinamento della liturgia. Si tratta di un colpo di spugna alla Liturgiam authenticam. Di fatto siamo al 'rompete le righe' anche col decentramento alle Conferenze episcopali della preparazione dei libri liturgici, che mina l'unità e l'universalità de La Catholica.
5. La riparazione è ovviamente intesa nel senso di ripristino della Giustizia violata, che il Signore ha attuato una volta per tutte con il suo "fiat" e la Sua Morte in Croce. Ed è sincronizzata con la rigenerazione, attraverso la Risurrezione, dell'umanità ferita dalle conseguenze della colpa originaria e ricollocata alla destra del Padre con l'Ascensione. Storia di Salvezza culminata nella Pentecoste, con l'invio dello Spirito del Signore Risorto che continua a operare nella Sua Chiesa e servendosi di essa. Non c'è nessuna "Nuova Pentecoste". A cosa dovrebbe servire, se la Chiesa ha già in sé, fin da allora e fino alla fine dei tempi tutta la pienezza del Suo Signore che va solo accolta, vissuta, testimoniata e tramandata in ogni generazione? 

Nessun commento:

Posta un commento