giovedì 6 luglio 2023

Il cardinale Müller reagisce alla nomina di mons. Fernández a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede

Nella nostra traduzione da Lifesitenews l’intervista di Michael Haynes al Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede sull'inquietante tema del giorno. Gli basta citare il Vaticano II, persino esso superato dai nuovi paradigmi innestati da Bergoglio e sodali.

Il cardinale Müller reagisce alla nomina di mons. Fernández 
a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede

Michael Haynes: Eminenza, lei ha già definito “eretiche” alcune dichiarazioni dell’arcivescovo Fernández. Che pericolo rappresenta ora come capo della CDF, soprattutto se si considera che ha scritto e promosso Amoris Laetitia per aprire la Comunione ai divorziati e ai “risposati”?

Il cardinale Gerhard Müller: La decisione su chi diventerà prefetto della principale congregazione (o dicastero) che assiste direttamente il Romano Pontefice nel suo magistero universale spetta solo al Santo Padre. Egli deve anche risponderne in coscienza davanti a Cristo, Signore e Capo della sua Chiesa. Ciò non esclude la preoccupazione di molti vescovi, sacerdoti e fedeli in tutto il mondo. Essi hanno il diritto di esprimere liberamente le loro preoccupazioni (Lumen gentium 37).
L’opinione, da me allora criticata, che qualsiasi diocesi potesse diventare la sede del successore di Pietro, è già stata direttamente qualificata dai Padri del Vaticano I come una contraddizione eretica alla fede rivelata nel 2° canone della Costituzione “Pastor aeternus” (Denzinger-Hünermann 3058). Il concetto che “il Romano Pontefice ha piena, suprema e universale potestà sulla Chiesa” (Lumen gentium 22), cioè la plenitudo potestatis, non ha nulla a che vedere con il controllo illimitato di potentati secolari che fanno riferimento a un potere superiore.
Anche la Chiesa del Dio Trino non ha bisogno di nuove fondamenta o di ammodernamenti, come se fosse diventata una casa fatiscente e come se uomini deboli potessero superare l'architetto divino. È già storicamente fondata in Cristo una volta per tutte e perfettamente concepita, nel piano di salvezza di Dio,  nella sua dottrina costituzione e liturgia.
Nello Spirito Santo, essa serve continuamente gli uomini come sacramento della salvezza del mondo. Il suo insegnamento non è un programma da migliorare e aggiornare da parte degli uomini, ma la testimonianza piena e fedele della rivelazione escatologica di Dio nel suo Figlio incarnato “pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14).
Il compito del dicastero, al servizio del magistero papale, è mostrare il fondamento biblico della dottrina della fede, come essa si sia sviluppata nella storia del dogma e come il suo contenuto sia espresso in modo autorevole dal magistero. L’obbedienza religiosa che tutti i cattolici devono all’episcopato universale, e in particolare al Papa, si riferisce solo alle verità soprannaturali della dottrina della fede e della morale (comprese le verità naturali dell’ontologia, dell’epistemologia e dell’etica, che sono i presupposti della conoscibilità della Parola di Dio da parte della nostra mente umana).
Il Papa e i vescovi non possono pretendere obbedienza delle loro opinioni private, e certamente non per insegnamenti e atti che contraddicessero la rivelazione e la legge morale naturale. Ciò è già stato dichiarato nel 1875 dai vescovi tedeschi contro l’errata interpretazione degli insegnamenti del Vaticano I da parte del cancelliere tedesco Bismarck. Papa Pio IX era esplicitamente d’accordo (Denzinger-Hünermann 3115; 3117). Il Papa e i vescovi sono vincolati alla Sacra Scrittura e alla Tradizione apostolica e non sono affatto fonti di una Rivelazione supplementare o di una Rivelazione che si suppone debba essere adattata allo stato scientifico attuale. 
Il Romano Pontefice e i vescovi, nella coscienza del loro ufficio e della gravità della cosa, prestano la loro vigile opera usando i mezzi convenienti per indagare adeguatamente su tale Rivelazione e per esprimerne adeguatamente il contenuto; ma non ricevono una nuova rivelazione pubblica come appartenente al deposito divino della fede (divinum depositum fidei). (Lumen Gentium 25). 
L’arcivescovo Fernández ha anche sostenuto che i rapporti sessuali tra coppie conviventi non sono sempre peccaminosi. Quale pericolo rappresenta una simile posizione all’interno della CDF?

Invocando la volontà originaria del Creatore, Gesù stesso ha definito il divorzio e il “risposarsi” come adulterio nelle discussioni con i farisei dal cuore duro, che facevano leva sulla realtà della vita dei loro contemporanei e sull’incapacità di adempiere ai comandamenti di Dio (Mt 19,9).
Ogni peccato grave ci esclude dal regno di Dio finché non si è pentiti ed è perdonato (1 Cor 6,10). La misericordia di Dio consiste nel riconciliare a sé il peccatore pentito attraverso Gesù Cristo. In nessun modo possiamo autogiustificarci in riferimento alla nostra fragilità, per persistere nel peccato, cioè in fatale contraddizione con la volontà santa e santificante di Dio.
Ben diverso è il trattamento pastoralmente sensibile delle molte persone il cui matrimonio e la cui famiglia sono stati danneggiati o frantumati per colpa propria o di altri. Tuttavia, la Chiesa non ha l’autorità di relativizzare le verità rivelate sull’unità del matrimonio (monogamia), sulla sua indissolubilità e sulla sua fecondità (accettazione dei figli come dono di Dio). Una buona pastorale si basa su una buona dogmatica, perché solo un buon albero con radici sane produce anche buoni frutti.

L’arcivescovo Fernandez ha dichiarato che “in molte questioni sono molto più progressista del Papa”. Come ex prefetto della CDF, quale consiglio darebbe all’arcivescovo Fernandez affinché possa proteggere con sicurezza la dottrina della fede?

In America Latina la Chiesa ha perso metà dei suoi membri. Nella Germania sinodale, solo nel 2022, più di 500.000 cattolici hanno rinunciato pubblicamente alla loro comunione con la Chiesa. Ovunque, i seminari sono vuoti, i monasteri chiudono e il processo di scristianizzazione delle Americhe e dell’Europa è guidato in modo sofisticato e violento da “élite” anticlericali.
Solo un pazzo può parlare di una primavera della Chiesa e di una nuova Pentecoste. Le lodi dei media mainstream per i riformatori progressisti non si sono ancora tradotte in una svolta delle persone verso la fede in Gesù Cristo. Perché è solo nel Figlio del Dio vivente che possono riporre la loro speranza di vivere e di morire.
Pensare ancora alle vecchie categorie teorico-culturali di “progressisti/liberali e conservatori”, o classificare i credenti sulla scala politica da “destra a sinistra”, è già criminalmente ingenuo.
Ciò che conta non è dove ci collochiamo nello spettro ideologico, ma se “rendiamo al Dio rivelato in Cristo l'”obbedienza della fede” e acconsentiamo volentieri alla sua rivelazione”. Non ci orientiamo agli uomini e alle loro ideologie, ma al Figlio di Dio, che solo può dire di sé: “Io sono la via, la verità e la vita”. (Giovanni 14:6).
Resta dubbio che il mio consiglio sia accolto favorevolmente dai destinatari in questione. Per quanto riguarda la dottrina della Chiesa sulla fede vera e salvifica, e ciò che il prefetto e il suo dicastero sono tenuti a fare alla luce del magistero universale del Romano Pontefice, preferiamo lasciare che siano i Padri del Vaticano II a dirlo: “Per una comprensione sempre più profonda della rivelazione, lo stesso Spirito Santo porta costantemente a compimento la fede con i suoi doni” Perché si possa prestare questa fede, sono necessari la grazia di Dio che previene e soccorre e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi dello spirito e dia « a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità ”». . (Dei verbum 5).

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