martedì 6 giugno 2023

Appello alla sinodalità: stiamo vivendo di nuovo gli anni '70?

Nella nostra traduzione un interessante articolo sui prodromi della sinodalità pubblicato da Catholic World Report. Qui l'indice dei precedenti.

Appello alla sinodalità:
stiamo vivendo di nuovo gli anni '70?


Chi si preoccupa dei pro e contro della sinodalità dovrebbe cercare chiarimenti nella storia della “responsabilità condivisa” di mezzo secolo fa. La storia non si ripete alla lettera, ma ciò che accadde allora ci suggerisce il perché oggi dobbiamo procedere con cautela, evitando nuovi errori.

La responsabilità condivisa – potrebbe definirsi la “Sinodalità Temperata” degli anni Settanta – era di gran moda nei giorni entusiasmanti susseguenti il Concilio Vaticano II. Si tennero incontri e vennero pubblicati documenti che promuovevano l’idea, e vennero compiuti passi preliminari istituendo consigli pastorali di clero, religiosi e laici nelle diocesi di tutto il Paese.

Secondo i pianificatori, la pietra miliare di questa sovrastruttura in fieri avrebbe dovuto essere un Consiglio Pastorale Nazionale in cui vescovi, sacerdoti, religiosi e laici avrebbero potuto mettere a punto i criteri relativi al programma socio-politico della Chiesa a livello nazionale.

Secondo il piano, questo organismo nazionale sarebbe stato una commistione della Conferenza cattolica degli Stati Uniti (creata dopo il Concilio Vaticano II insieme alla Conferenza nazionale dei vescovi cattolici) con il Consiglio consultivo nazionale appena creato per consigliare i vescovi.

Ma allora il Vaticano è intervenuto e, in una lettera ai vescovi, sostanzialmente ha detto: “No, non ora”. Poteva darsi che il motivo fosse nel fatto che nei Paesi Bassi un Consiglio Pastorale Nazionale era ritenuto colpevole del verificarsi della sconcertante implosione del cattolicesimo olandese allora in corso.

Tuttavia, invece di passare in sordina, la responsabilità condivisa è tornata rumorosamente in auge grazie a un’iniziativa dal nome provocatorio: Call To Action [Appello all'azione]. Senza specificare chi fosse chiamato e a quale azione fosse destinato. Promosso come il fiore all’occhiello del contributo dei vescovi americani nel Bicentenario degli Stati Uniti e preceduto da “sedute” organizzate in diverse parti del Paese per suscitare interesse, Call To Action riunì a Detroit 1.340 delegati per tre giorni nell’ottobre del 1976.

Vi chiederete: chi erano questi delegati? Lo scrittore conservatore Russell Kirk, presente in veste di giornalista, li ha definiti “topi di sacrestia”. La maggior parte di loro era stata scelta dai rispettivi vescovi e, come si è scoperto successivamente, la metà era sul libro paga della Chiesa.

Tra le 218 raccomandazioni prodotte da questo organismo per nulla rappresentativo c’erano proposte per l’ordinazione di donne e uomini sposati, l’adozione di un atteggiamento aperto nei confronti dell’omosessualità, l’approvazione della contraccezione e la concessione della comunione ai cattolici divorziati e risposati i cui primi matrimoni non erano stati annullati.

La Conferenza episcopale promise di studiare le proposte. Non c'è da meravigliarsi che la cosa sia finita lì.

Tra allora ed oggi le differenze sono significative. Allora fu il Vaticano a bloccare i consigli pastorali nazionali; ora è Papa Francesco a dare impulso alla sinodalità.

Ma senza dubbio l’Appello all’azione del 1976 presenta familiarità col recente “Cammino sinodale” in Germania, con la sua discussa serie di proposte che, pur recando il suggello del 2023, suonano tuttavia in modo notevole come la lista dell’Appello all’azione del 1976. È forse uno dei casi in cui Yogi Berra parlava memorabilmente di “Come rivivere sempre lo stesso déja vu”?

Il Vaticano ha accantonato la Sinodalità Temperata a livello nazionale mezzo secolo fa. Ma ora il Santo Padre promuove la sinodalità universale e il Sinodo dei vescovi che si riunirà l'ottobre prossimo (e di nuovo, per ragioni non chiare, nell’ottobre del prossimo anno) senza dubbio gliela consegnerà.

Inoltre, proprio come nel 1976, anche oggi è forte la tendenza di ampliare notevolmente la partecipazione di laici leali e competenti nel definire gli orientamenti della Chiesa. Ma l’esperienza di Call To Action ci ricorda in modo inquietante che ci sono anche ottime ragioni per sperare che il grande vincitore non si riveli invece l’odierno cattolicesimo “woke”.
Russell Shaw
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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