Considerando l’intera vita di Padre Pio da Pietrelcina da un punto di osservazione più elevato, essa è stata un progressivo appressamento, anche fisico, al deserto di pietre del monte Gargano, il suo personale Golgota: il noviziato a Morcone, nel Sannio più interno; ma subito dopo, e per quasi quattro lunghi anni, a Sant’Elia a Pianisi5, dove all’orizzonte già s’avvertiva, proprio dall’ingresso principale della chiesa conventuale, il profilo brullo e solitario della montagna apula. E poi ancora più vicino, a Serracapriola, che già preannunciava il Tavoliere e il Monte s’imponeva allo sguardo con tutto il suo solido fronte; e per finire Foggia,
al centro di quell’ampia pianura, sede per di più della Curia cappuccina di quella «provincia da Cristo riguardata con occhio specialissimo a preferenza di altre»6; eppure anche motivo di sgomento e di amarezza:
«Gesù si lamenta moltissimo per le ingratitudini degli uomini, ma in modo speciale per quelle della nostra
madre provincia. O padre mio, quante offese riceve Gesù dai nostri frati!»7. Certo ci furono lunghi anni di esilio extra-claustrale nella natia Pietrelcina, che indubbiamente furono propedeutici a quest’ascesa mistico-spirituale di inaudito significato: «la mia missione di sacerdote crocifisso è unica al mondo»8.
I cinquant’anni trascorsi dal Padre salendo l’altare delle due chiese intitolate alla Madonna delle Grazie a San Giovanni Rotondo, dove “soffriva” la sua Messa, non sono che la più logica conclusione di un “annuncio” che ricevette nel corso dei suoi anni di formazione spirituale. Anni giovanili che dovettero essere di
spessore oltremodo fuori del comune, se pensiamo che le lettere di quel periodo non furono mai inserite in
alcuna edizione dell’Epistolario, anche se è accertato che quelle epistole esistono davvero9. Lasso di tempo non breve al quale le biografie, segnatamente quelle più recenti, non dedicano che pochissimi cenni, il più delle volte limitati a date e a nomi riportati in relazione a piccoli fatti: dettagli di minimo momento. Quasi tutte dispiegano le loro meticolose ricostruzioni come quei romanzi noir che indugiano più del dovuto sui macabri particolari del delitto, e relegano invece il movente che lo ha innescato in poche appartate pagine.
Nel “caso” Padre Pio, ci sono molti indizi che ci fanno intuire che il “movente” è da ricercare altrove. Del resto, due acuti investigatori del sacro lo avvertirono sin dalle prime battute della loro ultima comune indagine10, convalidate da queste parole messe a verbale dal buon Padre: «la mia missione finirà quando sulla terra non si celebrerà più la Messa»11.
Il cammino di Padre Pio, la sua salita alle più alte cime è stato in fondo un lunghissimo “sacrificio di riparazione” motivato dallo zelo per le anime, possibile unicamente per la totale accettazione dello stato di “vittima”, intensamente vissuto come irradiazione della virtù salvifica di Cristo e della sofferenza del corpo e dell’anima12; vittima che più di tutte ha unito se stessa all’unica Vittima necessaria. Riparazione che è sempre urgente per bilanciare il plus del male che spadroneggia nel mondo: «la Chiesa ha bisogno anch’essa di essere salvata da qualcuno che soffre, da qualcuno che porta dentro di sé la Passione di Cristo»13. Verità che in Padre Pio era gravata di significati ulteriori e ancor più afflittivi: «a farlo agonizzare come il Salvatore nell’Orto degli Ulivi – ebbe a dire il cardinal Lercaro qualche mese dopo la sua morte – era il fatto che egli non tanto per la Chiesa soffriva … quanto il fatto che dalla Chiesa soffriva»14. Un atto di accusa alla gerarchia deviata ancor più sorprendente, se pensiamo che a pronunciarlo fu un prelato riconosciuto come esponente dell’ala “progressista” dell’alto clero.
«Quanta sporcizia c'è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!» scriveva il futuro Pontefice15. La storia dunque si ripete, o per meglio dire essa continua e si drammatizza, poiché è andata viepiù caricandosi di esecrabili contenuti, ora che le forze oscure che operano per la dissoluzione tendono ad annientare ogni anelito soprannaturale e ad inseguire una illusoria “salute della carne” in questo mondo, e così rifiutando il vero, irrinunciabile traguardo ultramondano. Padre Pio stesso, a chi gli domandava quale sarebbe stato il pericolo concreto negli anni a venire, procurato da chi occultamente operava per demolire le strutture della Chiesa di Cristo, rispose: «Finiranno con l’abolire anche Dio, disgraziati!»16. Di conseguenza, l’erta che è necessario superare per conquistare la cima dove si compie la indispensabile riparazione si fa sempre più difficile; e questa mistica meta non può che essere raggiunta nel dolore e nel sangue dei veri discepoli di Cristo.
Ai tre pastorelli di Fatima la Signora vestita di bianco fece vedere il signum salutis in certo modo rinnegato: come se fosse di sughero con la corteccia. Minimo il peso specifico del sughero rispetto a quello del
massello di legno in cui era sbozzato il patibolo del Signore che s’avviava a completare la sua Via Crucis. E
similmente afflitto di dolore e di pena anche chi, sulle concrete orme spirituali tracciate nel suo difficile
cammino da Padre Pio da Pietrelcina, raggiunge la sommità del monte, e ai piedi di quella croce di cui si
vorrebbe negare il gravame accetta il sacrificio supremo riparando col suo sangue; e dietro di lui e come lui
anche le altre membra del Corpo mistico di Cristo.
«I massimi eventi mariani, nell’ambito dell’attuale secolo, portano il nome di Fatima e di Padre Pio, fenomeni a raggio universale ed ecclesiale. [...] Col suo evento prodigioso (la guarigione di Padre Pio
nell’agosto del 1959, in occasione dell’arrivo della Madonna Pellegrina, NdR), Maria sottolineava proprio a
San Giovanni Rotondo l’attualità massima delle apparizioni di Fatima e lo stretto rapporto che metteva insieme Padre Pio e Fatima nella medesima missione di riparazione. Maria è, quindi, l’unica sorgente che ha
fatto sgorgare Padre Pio e Fatima. Sua è la mano che descrive le meraviglie di Fatima come le meraviglie di
Padre Pio: due momenti di un’unica azione soprannaturale gestita da Maria, che ha il fine di stabilire il trionfo del suo Cuore Immacolato, perché si realizzi il regno di Cristo. È il fine per cui lavorò Padre Pio, gloria
vivente di Maria, in riparazione degli eventi futuri».17
Crux mihi certa salus; Crux est quam semper adoro; Crux Domini mecum; Crux mihi refugium18. Ci rintronano con mille annunci e proclami per indurci a credere che tutto questo non è più vero né necessario. In quest’epoca di anomia nella quale ogni logica e ogni legge vengono travolte, pare davvero che tutti noi che ancora cerchiamo di vivere rettamente la nostra fede cattolica ci ostiniamo a dare credibilità ad un miraggio che il velo del tempo ha fatto inesorabilmente svanire: all’epoca non c’erano microfoni ... e nemmeno videotelefonini per condividere la scena.
Pino Miscione
_________________________Pino Miscione
1. Parole rivolte ai Superiori generali dell’Ordine dei Frati minori cappuccini (20 febbraio 1971).
2. Alessandro da Ripabottoni, Padre Pio da Pietrelcina. Un Cireneo per tutti, Foggia, Centro Culturale Francescano, Convento Immacolata, 1974, p. 612.
3. Non fu così, perché la Postulazione generale dei Cappuccini le preferì il Crocifisso senza croce del cappuccino veneto padre Fernando da Riese Pio X (G. Pagnossin, Il Calvario di Padre Pio, Conselve, Tip. M. Suman, 1978, II, pp. 325-338). La biografia di padremAlessandro venne pubblicata ugualmente dai Cappuccini di Foggia, in due versioni con e senza l’imprimatur del Padre generale. Dell’opera esiste anche una versione molto più breve, con un titolo simile, Il cireneo di tutti, riedita più volte.
4. Alessandro da Ripabottoni, Un cireneo per tutti. Saggio biografico su padre Pio da Pietrelcina, ds., 2 tt. (ff. 1-666; 667-1396), s.l.n.a. [ma Campobasso 1972], in Biblioteca provinciale dei PP Cappuccini “Sacro Cuore”, Campobasso.
5. «È a Sant’Elia a Pianisi che fra Pio predice l’apertura del convento di San Giovanni Rotondo … . Dice inoltre ai confratelli che, di lì a dieci anni, egli sarebbe stato assegnato dai Superiori a quella comunità monastica, cosa che appunto accadde nel settembre del 1916» (F. Chiocci, L. Cirri, Padre Pio. Storia d’una vittima, Roma, I libri del No, 1967, I, p. 47).
6. Lettera di Padre Pio a padre Benedetto da San Marco in Lamis, del 29 aprile 1919, in Epist. I, p. 1139 (4a ed., rist. 2018). Citerò sempre questa edizione.
7. Lettera di Padre Pio a padre Benedetto da San Marco in Lamis, del 15 marzo 1913, in Epist. I, p. 344. Qualche mese prima lo diceva anche a padre Agostino: «Gesù è assai disgustato per l’agire della nostra provincia» (lettera del 29 dicembre 1912, in Epist. I, p. 328). Annoto che all’epoca il Provinciale padre Benedetto preferiva a Foggia la più decentrata San Marco la Catola.
8. Parole di Padre Pio ascoltate dal figlio spirituale signor Bussolini di Bologna, in A. Negrisolo, N. Castello, S.M. Manelli, Padre Pio nella sua interiorità. Figlio di Maria, francescano, stigmatizzato, sacerdote, apostolo, guida spirituale, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1997, p. 196.
9. Ciò è certificato, ad esempio, dalla seconda edizione del Diario di padre Agostino da San Marco in Lamis (1975), che in Appendice presenta una significativa serie di 9 lettere indirizzate a Fra Pio, dell’ottobre 1909 (pp. 277-289), mai incluse nell’Epistolario. È altresì acclarato da quel che riporta lo stesso padre Benedetto da San Marco in Lamis: «Fu in questo convento (di San Marco la Catola, tra il 1905 e il 1906, NdR) nove mesi a studiare Filosofia e secondo l’uso di allora dipendeva da me nella Direzione spirituale; e da quel tempo volle che io nelle occasioni di incontro, o per lettera non gli negassi l’accennata Direzione» [lettera al Ministro generale dell’Ordine padre Pacifico Carletti da Seggiano, del 13 settembre 1911, in R. Fabiano, Una biografia di Padre Pio incompiuta e il suo autore, in «Studi su Padre Pio» III (2002) 3, p. 397].
10. «San Giovanni Rotondo … La prima nota sul blocco degli appunti è sconsolata ma precisa: “Non si doveva partire da qui”» (A. Gnocchi, M. Palmaro, L’ultima Messa di Padre Pio, Milano, Piemme, 2010, p. 5; vd. anche pp. 6 e ss.).
11. Parole confidate da Padre Pio a Luigi Peroni, che fu direttore dei suoi Gruppi di Preghiera nonché suo biografo, riportate in ivi, p. 9.
12. Si dilunga su questo aspetto lo stesso padre Alessandro in un paragrafo della sua biografia intitolato significativamente “Verso la cima” (op. cit., pp. 139-144).
13. Paolo VI, Omelia nella chiesa di S. Sabina all’Aventino, Mercoledì delle Ceneri (11 febbraio 1970).
14. Card. G. Lercaro, Commemorazione di padre Pio da Pietrelcina, Bologna, Convento dei Frati minori cappuccini (8 dicembre 1968), in L. Peroni, Padre Pio da Pietrelcina, Roma, Borla, 1991, p. 525.
15. J. Ratzinger, Meditazione per la Nona Stazione della ‘Via Crucis’ del Venerdì Santo (25 marzo 2005).
16. L. Peroni, op. cit., p. 546. La confidenza venne fatta direttamente all’autore.
17. A. Negrisolo, N. Castello, S.M. Manelli , op. cit., pp. 28, 67.
18. Versi del poeta cristiano Venanzio Fortunato, con parole-chiave del culto della Croce lungo il Medioevo, tradizionalmente riferito a San Tommaso d'Aquino.
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