Queste le sue parole: "Dio è Colui che si “contamina” con la nostra umanità ferita e non ha paura di venire a contatto con le nostre piaghe. “Ma padre, cosa sta dicendo? Che Dio si contamina?”. Non lo dico io, lo ha detto San Paolo: si è fatto peccato (cfr 2 Cor 5,21). Lui che non è peccatore, che non può peccare, si è fatto peccato. Guarda come si è contaminato Dio per avvicinarsi a noi, per avere compassione e per far capire la sua tenerezza."
Ma Dio Figlio non si è contaminato, ha assunto la natura umana nella sua totalità eccetto il peccato che la contamina.
"Due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguardata la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e ipostasi" (Concilio di Calcedonia)Precedenti qui e ancora qui. Un conto è dire, com'è scritto, " ha preso su di sé i nostri peccati", per vincerne sulla Croce il Male che ne è la radice, un altro conto è dire "si è fatto peccato". Per ripareggiare la verità riporto i testi della Scrittura:
* * *2 Cor 5, 21: "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio".Rm 8,3-4 - Infatti ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne ma secondo lo Spirito.Eb 4,14-15 - Poiché dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato.Mi torna in mente questo precedente 'scherzo' del vento (leggete per interoqui.
Appena Benedetto XVI ha lasciato il balcone dopo il congedo definitivo, si è alzata una folata di vento. Ha sollevato e spostato l'arazzo con lo stemma papale, scoprendo ciò che esso copriva: la tiara (1), la corona dei papi con le chiavi incrociate di San Pietro, lo stemma di Alessandro VII (1665-1667) che appartiene al portale del Palazzo Apostolico. Finito un pontificato, rimane inciso nella pietra per tutta l'eternità il ministero petrino, il papato, di cui Gesù ha detto: le porte dell'inferno non prevarranno (Matteo 16:18). Poi di nuovo tutto tranquillo, ha spostato l'orlo del tappeto fin quando l'addetto non è venuto a rimuoverlo.È stato un caso che proprio nel momento in cui Benedetto XVI chiude una fase secolare, come da una mano invisibile il suo stemma sia stato messo da parte e sia venuto alla luce il simbolo del papato eterno ? Da non crederci ... (Foto: © Michael Hesemann)
La foto in alto, piccola ma eloquente nel dettaglio che fissa, ha il pregio di mostrare simultaneamente la Mitria dello stemma di Benedetto XVI e la Tiara dell'altro.
Per chi ama i 'segni'; ma anche per sottolineare, se non un vero e proprio segno, qualcosa che colpisce e viene 'letto' in un certo modo da un osservatore non indifferente a ciò che accade.
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