martedì 2 febbraio 2021

Carlo Maria Viganò. PARS HEREDITATIS MEÆ In occasione della XXV Giornata della vita consacrata

Un magistrale testo dell'Arcivescovo Viganò su un tema scottante, che torna di attualità in occasione della Lettera indirizzata il 18 Gennaio scorso a tutti i consacrati e le consacrate dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Ma le prime avvisaglie del nuovo corso, tutto orizzontale, risalgono al secondo anno dell'attuale pontificato. Ne avevo già prefigurato i rischi, rispettivamente nel 2014 e nel 2016, negli articoli: Ora tocca alla “rifondazione” della vita religiosa. E poi c'è il resto. E noi? E i pastori ancora 'sani'? [qui]; Vultum Dei quaerere, cercare il volto di Dio: è ancora lecito? [qui]. Nel 2014 Bergoglio aveva incaricato il card. João Braz de Aviz di rivedere la costituzione Sponsa Christi di Pio XII perché preconciliare (discorso strettamente collegato con quanto stava accadendo alle Francescane dell'Immacolata qui - qui ). Quindi è apparsa la costituzione sulla vita contemplativa Vultum Dei quaerere seguita dalla istruzione Cor Orans sulla vita contemplativa femminile, che ne costituisce un’applicazione. La Lettera citata all'inizio, da cui prende le mosse la posizione di Mons. Viganò è il punto di arrivo... Potete trovare qui l'indice dei precedenti interventi di Mons. Viganò e correlati significativi.

PARS HEREDITATIS MEÆ
In occasione della XXV Giornata della vita consacrata

Dominus pars hereditatis meæ et calicis mei:
tu es qui restitues hereditatem meam mihi.
Ps 15, 5

Il 2 Febbraio la Chiesa celebra la Purificazione di Maria Santissima e la Presentazione al tempio di Nostro Signore Gesù Cristo. La festa, detta Candelora in ragione delle candele che vengono benedette durante il rito, nacque come celebrazione mariana di indole penitenziale. Anticamente a Roma la processione da Sant’Adriano a Santa Maria Maggiore prevedeva che il Papa camminasse scalzo e con i paramenti neri. Solo con la riforma di Giovanni XXIII del 1962 venne data la preminenza alla “dimensione cristologica”. Un’anima di solida dottrina e di sana spiritualità non considera la gloria del Figlio oscurata dagli onori che la Chiesa rende alla Madre, perché Egli solo è il principio di tutte le grandezze che noi celebriamo in Lei!

Secondo i precetti dell’Antica Legge, le donne di Israele dovevano astenersi per quaranta giorni dall’accostarsi al tabernacolo e, alla fine di questo periodo, dovevano offrire un sacrificio purificatorio che consisteva in un agnello da consumare in olocausto, al quale aggiungere una tortora o una colomba, offerte per il peccato. Assieme alla purificazione della puerpera, il comandamento divino prescriveva che i primogeniti – che secondo la Legge erano dichiarati proprietà del Signore – venissero riscattati al prezzo di cinque sicli di venti oboli ciascuno.

Questi riti di purificazione della donna e di riscatto del primogenito non erano ovviamente necessari né a Maria Santissima, concepita senza macchia di peccato e custodita semprevergine prima, durante e dopo il parto; né al Figlio di Dio, autore Egli stesso del riscatto dell’umanità decaduta in Adamo. Eppure, nei consigli dell’Altissimo, questi atti solenni di obbedienza alla Legge e di volontaria sottomissione ci mostrano l’umiltà della Madre di Dio e del Suo divin Figlio. In quell’occasione il secondo tempio di Gerusalemme venne santificato, secondo la profezia di Aggeo, dalla presenza del «desiderato di tutte le genti» (Ag 2, 7), che scioglie la lingua di Simeone nel cantico del Nunc dimittis.

In questo giorno, la Santa Chiesa nei suoi riti tradizionali, offre i suoi figli alla Maestà di Dio, consacrandoli al Suo servizio tramite la Sacra Tonsura e gli Ordini Minori. Durante la cerimonia del taglio dei capelli, segno di penitenza e di rinuncia alle vanità del mondo, si canta un’antifona tratta dai Salmi: «Dominus pars hereditatis meæ et calicis mei: tu es qui restitues hereditatem meam mihi» (Ps 15, 5). Queste splendide parole proclamano che il Signore è garante della nostra eredità, e Colui che ci riporta in pieno possesso di ciò che avevamo perso con il peccato di Adamo. Così il chierico, rivestendosi della cotta bianca, recita: «Indue me, Domine, novum hominem, qui secundum Deum creatus est in justitia, et sanctitate veritatis», ricordando che in Cristo ritroviamo l’uomo nuovo, creato ad immagine di Dio nella giustizia e nella santità della verità. Poiché è solo nella luce della Verità, attributo divino della Santissima Trinità, che può ardere la fiamma della vera Carità. La carità fraterna, che ci lega reciprocamente ai nostri fratelli, presuppone infatti la paternità di Dio, senza la quale essa si corrompe in sterile filantropia, solidarismo umanista, tetra fratellanza massonica.

Lo scorso 18 Gennaio la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica ha pubblicato una Lettera, indirizzata a tutti i consacrati e le consacrate. Chi immaginasse di trovare, in un documento promulgato per la XXV Giornata della vita consacrata, un qualche riferimento dottrinale, morale o spirituale al mistero della Purificazione della Santissima Vergine Maria o della Presentazione di Nostro Signore al tempio, rimarrebbe certamente deluso. Egli sarebbe anzi indotto a credere che quella lettera, redatta in una gelida prosa burocratica, esca dai grigi uffici orwelliani del Ministero della Verità, e non dal Dicastero romano che presiede, a nome del Romano Pontefice, ai Religiosi dell’Orbe cattolico. Eppure è sufficiente scorrere il testo sino alla fine per leggervi – in calce, come si usa dire – le firme del Prefetto João Braz de Aviz e del suo Segretario José Rodríguez Carballo, OFM: due personaggi che brillano nel firmamento della Curia bergogliana quali inimitati astri. Nessuna sorpresa, quindi, se non un minimo di umano sollievo, nel vedere che almeno sono stati risparmiati ai destinatari gli epiteti che Rodríguez Carballo rivolse alle monache il 21 Novembre 2018: «Siete donne adulte! Trattate la vostra vita da adulte, non da adultere» (qui - lo avevo denunciato qui, alle prime avvisaglie).

La Lettera della Congregazione è un esempio di “politicamente corretto” con cui i gerarchi di Santa Marta ammiccano indecorosamente alla parità di genere cara al pensiero unico (siamo sull’onda della nuova versione dell’Orate, fratres del rito riformato, delle lettrici e delle accolite) e a tutti i marker della neolingua: si sprecano i riferimenti alla pandemia, all’«aspirazione mondiale alla fraternità», al «nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale», così come l’invito ai religiosi ad essere «artefici di fraternità universale, custodi della casa comune», «fratelli e sorelle di tutti, indipendentemente dalla fede» (sic), per culminare nel grido d’empietà della religione mondiale di Fratelli tutti: «Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!»

Qual è dunque la proposta pratica che la Congregazione offre ai consacrati? Come intende aiutare gli Ordini religiosi ad essere fedeli ciascuno al proprio carisma, alla Santa Regola, alle Costituzioni dei Santi Fondatori? Ecco le alate parole del Prefetto: «Si tratta allora di aprire processi per accompagnare, trasformare e generare; di elaborare progetti per promuovere la cultura dell’incontro e del dialogo tra popoli e generazioni diverse; a partire dalla propria comunità vocazionale per raggiungere poi ogni angolo della terra e ogni creatura, perché, mai come in questo tempo di pandemia, abbiamo sperimentato che tutto è collegato, tutto è in relazione, tutto è connesso» (qui). Il World Economic Forum, promotore del Great Reset, non avrebbe saputo esprimersi meglio! Che importa se Santa Teresa d’Avila, San Domenico, Santa Chiara, San Francesco di Sales e tutti i Santi Fondatori rimangono scandalizzati dalla sistematica demolizione dei loro Ordini, quando le parole della Santa Sede godono del benigno plauso dell’élite globalista, della setta infame e dei nemici di Cristo? Cos’altro significa «aprire processi per accompagnare, trasformare e generare», se non un invito a rinnegare la fedeltà al carisma originario, rieducando i refrattari e costringendo con la forza i recalcitranti? Cos’è questo «elaborare progetti per promuovere la cultura dell’incontro e del dialogo», se non l’applicazione dell’indifferentismo religioso e dell’ecumenismo conciliare?

Ecco la desolante visione orizzontale, priva di qualsiasi slancio soprannaturale, che hanno della vita religiosa coloro che viceversa dovrebbero custodirla come un prezioso tesoro della Chiesa. Una visione in cui si può essere «fratelli e sorelle di tutti, indipendentemente dalla fede», rendendo inutile non solo abbracciare lo stato religioso, ma anche lo stesso Battesimo, e con esso la Redenzione, la Chiesa, Dio.

Abbiamo compreso, in questi tempi di crisi, che chi è costituito in autorità è ormai slegato da coloro sui quali comanda. La cosiddetta pandemia ha mostrato governanti obbedienti agli ordini di poteri sovrannazionali, mentre i cittadini vengono privati dei propri diritti e qualsiasi forma di dissenso viene censurata o psichiatrizzata, secondo una felice espressione recente. Non diversamente accade nella Chiesa: i vertici della Gerarchia obbediscono agli stessi poteri, e privano i fedeli dei loro diritti, censurando chi non intende rinunciare alla propria Fede e non accetta di vedere la Chiesa demolita dai suoi Ministri. João Braz de Aviz è perfettamente allineato a Jorge Mario Bergoglio, ed entrambi assecondano con zelo l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale.

Questa è la dolorosa realtà con la quale dobbiamo quotidianamente confrontarci, e per la quale dobbiamo pregare, digiunare e far penitenza, implorando l’intervento di Dio e della Vergine Santissima in nostro aiuto. In questa battaglia soprannaturale, il contributo dei religiosi e delle religiose è fondamentale: ecco perché mai come ora è necessario che le anime consacrate riscoprano la dimensione sacrificale della propria vocazione, offrendosi in olocausto come vittime espiatorie. Questo, in fondo, è il cuore della vocazione religiosa e dello stesso essere Cristiani: assimilarsi a Cristo, seguendoLo sulla Croce per poter sedere alla Sua destra nell’eternità beata.

Invito quindi coloro che hanno il privilegio di aver scelto lo stato di perfezione a pregare con rinnovato ardore, a digiunare con zelo, a far penitenza. Chiediamo infine allo Spirito Santo di toccare i Ministri e i Religiosi traviati, concedendo loro il dono del pentimento e la grazia del perdono.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
2 Febbraio 2021
In Purificatione Beatæ Mariæ Virginis

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