giovedì 23 novembre 2023

Don Jean-Michel Gleize. L’autorità, la vera posta in gioco del Sinodo

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L’autorità, la vera posta in gioco del Sinodo
Don Jean-Michel Gleize*

Cosa verrà fuori dall’ultimo Sinodo? Bisognerà aspettare l’Esortazione post-sinodale che il Papa pubblicherà per poter rispondere davvero a questa domanda. In effetti, l’attuale Sinodo del 2023, la cui Relazione di sintesi è stata pubblicata sabato 28 ottobre, non è ancora terminato, poiché dovrà svolgersi in due sessioni.

La Relazione di sintesi riflette quindi solo riflessioni e proposte presentate in vista della seconda sessione, che si terrà nell’autunno del 2024. Il Papa è sempre libero di pubblicare nel frattempo ciò che vuole, ma resta il fatto che per il momento non possiamo approfondire ulteriormente.

Ci sembra, però, che la vera posta in gioco del Sinodo ci sia stata resa chiaramente manifesta da un recente episodio: la destituzione da parte di Papa Francesco di Sua Eccellenza Monsignor Joseph E. Strickland, Vescovo di Tyler, nello Stato del Texas, negli Stati Uniti.
La questione è quella della corretta comprensione di quale dovrebbe essere l’autorità nella Chiesa.  

Cos’è l’autorità?
La parola “autorità” deriva dal verbo latino “augere” che significa aumentare. Secondo l’etimologia, l’autorità designa la funzione di colui che è tenuto a dare un incremento a coloro che governa. Aumento della libertà. Rendere gli altri sempre più liberi è l’atto fondamentale e radicale che definisce l’autorità come tale.

E questa libertà, di cui l’autorità deve assicurare la promozione, è quella che i membri di una società devono sempre meglio esercitare tra loro, gli uni con gli altri, agendo secondo le esigenze della retta ragione, illuminati dalla fede, per raggiungere la perfezione alla quale Dio li chiama. Perfezione inscritta nel bene comune, che è la ragione della vita nella società e di cui è responsabile l’autorità.

L’autorità rende liberi. Non si sostituisce alla libertà, ma le viene in aiuto, per facilitarne l’esercizio. Il Dottore Angelico spiega bene questo punto, quando parla, in particolare, dell’autorità di chi insegna:
«Tra gli effetti che nascono da una causa esterna ce ne sono alcuni che derivano solo da questa causa; così la forma di una casa è prodotta unicamente dall’arte dell’architetto. Ma vi sono altri effetti che dipendono ora da una causa esterna, ora da una causa interna; così la salute è causata nel malato talvolta da un principio esterno, che richiede l’arte del medico, talvolta da un principio interno, come quando si è guariti dalla forza della natura.
In tali effetti bisogna osservare due punti. Innanzitutto che l’arte imita la natura nel suo modo di agire; infatti la natura guarisce i malati alterando, digerendo o espellendo la materia che provoca la malattia; e così opera anche l’arte medica.
Si deve poi osservare che il principio esterno, cioè l’arte, non agisce allo stesso modo dell’agente principale, ma come un ausiliario che sostiene questo agente principale (il principio interno) rafforzandolo e fornendogli gli strumenti e gli aiuti di cui la natura si serve per produrre i suoi effetti; Così il medico rafforza la natura e le fornisce gli alimenti e i rimedi con cui raggiunge il suo fine» (S. Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, I, 117, 1, corpus).
Ed è anche così che l’autorità rafforza la libertà e le fornisce i mezzi e i rimedi necessari per esercitarsi correttamente. In questo modo, la legge decretata dall’autorità non ha altra ragion d’essere che quella di fornire i mezzi affinché la libertà umana si conformi alla legge di Dio, per raggiungere la perfezione dell’uomo.
Come dice Papa Leone XIII, “la libertà consiste nel fatto che, con l’aiuto delle leggi civili, possiamo più facilmente vivere secondo le prescrizioni della legge eterna” [1].

Mons. Strickland non ha interpretato diversamente le cose e per questo ha inteso utilizzare anche la sua autorità episcopale, conferitagli nel 2012 da Papa Benedetto XVI, per donare ai suoi circa 120.000 diocesani la vera libertà dei figli di Dio. La vera libertà di conformarsi al vero Vangelo, con tutte le sue esigenze, comprese quelle della legge naturale.

Ciò lo ha portato a essere pubblicamente molto critico, come la maggioranza dei suoi colleghi americani, nei confronti dell’ultimo Sinodo.
Come riportato da Jean-Marie Guénois, su Le Figaro dell’11 novembre; “Mons. Strickland ha criticato una serie di decisioni che potrebbero istituire una forma di diaconato femminile, l’ordinazione al sacerdozio di uomini sposati, il controllo dei laici sul potere episcopale e la benedizione delle coppie omosessuali, anche se quest’ultimo punto, a ottobre, è stato più contestato del previsto”. Sempre secondo lo stesso giornalista: “nella sua lettera del 22 agosto 2023 indirizzata ai cattolici della sua diocesi nel nord-est del Texas, egli respinge punto per punto questi sviluppi, basandosi sull’insegnamento post-conciliare della Chiesa cattolica, con una conclusione che ha finito col costargli cara, dal momento che lasciava intendere che Papa Francesco sarebbe stato scismatico:
«È deplorevole che coloro che non sono d’accordo con questi cambiamenti [previsti dal Sinodo, ndr] siano etichettati come ‘scismatici’. (…) Ma restare fermi non significa cercare di uscire dalla Chiesa. Al contrario, sono coloro che vorrebbero proporre modifiche a ciò che non può essere cambiato secondo i comandamenti di Cristo, alla sua Chiesa, sono loro i veri scismatici».
Lo “scisma” in questione si basa su una falsa concezione dell’autorità nella Chiesa. Falsa concezione in cui l’autorità si pone al servizio dei capricci di una falsa libertà. Infatti, come ha ben osservato il teologo svizzero Charles Journet [2], libertà e autorità sono due nozioni correlative che verranno distorte parallelamente e simultaneamente.

L’autorità – aggiunge il teologo – viene totalmente e radicalmente sovvertita quando accetta di sacrificare l’ordine dei fini alla volontà del numero, il diritto al fatto, il dovere al capriccio, il perfetto all’imperfetto, l’atto alla potenza del potere” [3].

L’autorità abusata di Papa Francesco paralizza la vera libertà dei figli di Dio perché tace invece di dichiarare forte e chiaro, come dovrebbe, che il male è male e l’errore è errore. Si mette al servizio della falsa libertà dei diritti umani scandalizzando con il suo ecumenismo, dando praticamente accesso alla comunione eucaristica ai divorziati risposati, rifiutando ogni discriminazione contro le persone LGBT.

E il Sinodo in definitiva non è che la cristallizzazione di questa falsa libertà, in quanto vuole essere l’erede e il continuatore del Concilio Vaticano II. “Il Concilio Vaticano II – si legge nella Relazione di sintesi – è stato, infatti, come un seme gettato nel campo del mondo e della Chiesa. […] Il Sinodo 2021–2024 continua a sfruttare l’energia di questo seme e a svilupparne il potenziale. […] In questo senso costituisce un vero atto di ricezione successiva del Concilio, prolungandone l’ispirazione e rilanciandone la forza profetica per il mondo di oggi”.
Forza profetica che ha voluto accogliere nella Chiesa le false idee scaturite dalla rivoluzione massonica, per realizzare “una riconciliazione ufficiale della Chiesa con il mondo quale era diventato dal 1789” [4]. E va sempre più avanti nel cammino di questo aggiornamento.

Egli insegnava loro come uno che ha autorità, non come gli scribi » (Mc, I, 22).

L’autorità viene da Dio: l’autorità presa come tale e dunque ogni autorità. Lo dice San Paolo (Rm, XIII, 1), ma già la retta ragione lo constata al suo livello. Di conseguenza ogni autorità «viene dall’alto», poiché è l’espressione particolarizzata del governo di Dio, che utilizza degli intermediari umani per condurre le Sue creature alla beatitudine eterna del Cielo e per condurvele nel modo che conviene alla loro natura di esseri umani, cioè con ogni intelligenza e ogni libertà. È così che il mondo, uscito da Dio, che lo crea e lo conserva, ritorna a Dio, che lo attira e lo chiama. Infatti è Dio, Fine Ultimo e Supremo, che cercano tutte le creature, ciascuna secondo il modo appropriato alla propria natura. Gli uomini vi tendono con l’intelligenza e la libertà. E se molti uomini si sforzano di tendere insieme verso questo stesso Fine, essi hanno bisogno che le loro intelligenze e le loro libertà sino sostenute da una autorità, il cui ruolo è di unificare e ordinare i loro sforzi con cognizione di causa. Dunque, l’autorità è l’aiuto e l’assistenza data da Dio agli uomini, un’intelligenza abbastanza elevata da discernere il vero bene comune a tutti, al di là del bene particolare di ciascuno. Ed è anche l’aiuto e l’assistenza di un’intelligenza dotata di tutto il potere per prendere le decisioni necessarie all’acquisizione e alla conservazione di questo bene comune.

Dunque, l’autorità può concepirsi solo in rapporto a un bene comune e a un Fine, poiché l’autorità si definisce come l’aiuto e l’assistenza di cui la libertà umana ha bisogno per ottenere questo bene e per pervenire a questo Fine secondo la sua propria modalità, che è quella di un agire comune.
Nella Chiesa, l’autorità dei vescovi e del Papa ha senso solo in relazione alla salvezza eterna, la cui prima condizione è la conservazione e la trasmissione del deposito della fede, poiché la fede è l’inizio della salvezza.
3. A questa idea cattolica dell’autorità, a questa dottrina romana del potere «che viene dall’alto» (Gv. XIX, 11), il modernismo del Vaticano II oppone, e sempre più chiaramente nelle sue conseguenze, la dottrina rousseauiana e immanentista, cioè in definitiva marxista, del potere «che viene dal basso».
È questa la sfida del pontificato di Francesco, soprattutto con il recente Sinodo. E questo è molto grave.
Teniamo presente che l’autorità del Papa nella Santa Chiesa non è minata per il solo fatto che, da più di mezzo secolo, i detentori di questa autorità sono impregnati di dottrine eterodosse. L’autorità non è minata solo nel suo oggetto. Essa è minata in sé, nella sua definizione profonda. L’ideale cattolico e romano, voluto da Dio per la Sua Chiesa, è virtualmente ma assolutamente distrutto dall’inversione dell’autorità, cioè da una nuova definizione che ne capovolge da cima a fondo la sua stessa natura. Fino ad ora l’autorità discendeva di grado in grado fino al Popolo di Dio attraverso il Papa, Vicario di Cristo, e poi attraverso i vescovi.  Ora sale (o piuttosto: emerge) di grado in grado, dal Popolo di Dio, consacrato Re, Sacerdote e Profeta, ai vescovi e al Papa. E se poi dal Papa e dai vescovi scende di nuovo fino al Popolo è nell’esatta misura in cui è espressione della coscienza comune del Popolo.
E il Sinodo è una delle manifestazioni privilegiate di questa inversione.

Questa concezione è stata chiaramente espressa da Papa Francesco nel suo discorso del 17 ottobre 2015, in occasione del XIV Sinodo: «Una chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da apprendere. Il popolo fedele, il collegio Episcopale, il vescovo di Roma, ciascuno all’ascolto degli altri; e tutti all’ascolto dello Spirito Santo, lo «Spirito di Verità» (Gv. XIV, 17) per conoscere quello che Egli dice alle Chiese (Apoc. II, 7)».

E ultimamente, appena prima dell’apertura del XVI Sinodo, in una allocuzione pronunciata nel corso dell’udienza del 23 agosto 2023, il Papa è ritornato ancora sulla stessa idea: «Noi cerchiamo di imparare un nuovo modo di vivere le relazioni, e ci ascoltiamo gli uni gli altri per intendere e seguire la voce dello Spirito».

In una tale concezione, l’autorità non si definisce più in funzione di un bene comune e di un fine. E nella Chiesa, l’autorità non si concepisce più in funzione del deposito della fede e della salvezza eterna delle anime. Ed è per questo che Mons. Strickland ha potuto accusare Papa Francesco di «minare il deposito della fede». Certo, perché nella nuova «Chiesa dell’ascolto» l’autorità non deve più conformarsi primariamente e soprattutto alle esigenze di un fine oggettivo; essa deve piuttosto adattarsi primariamente e soprattutto alla mentalità dei suoi sottoposti.
È ancora Charles Journet che lo dice, quando spiega come il protestantesimo, ancora prima del modernismo, realizzava la sovversione radicale dell’autorità (5). La prima cura dell’autorità non è più imporre uno scopo, ma consultare la moltitudine; non è più esigere il diritto, ma registrare i fatti; non è più assoggettare il Numero al Fine, ma soggettare il Fine al Numero. E aggiunge: i danni di questo principio saranno praticamente attenuati perché nei protestanti vi è la ragione naturale o la luce soprannaturale. Ma bisogna giudicare il protestantesimo dal suo principio e dalla sua radice. E questo principio è contraddittorio. Lo stesso vale per il modernismo del Vaticano II e di Francesco. La formula «l’autorità viene dal basso», che traduce molto esattamente questa idea della Chiesa in ascolto, è in effetti una contraddizione e bisognerà quindi scegliere tra i due termini: o mantenere l’autorità, continuando ad agire come se essa venisse dall’alto, ed è l’oppressione; o ricevere ciò che viene dal basso, agendo come se l’autorità fosse del tutto distrutta, ed è l’abdicazione.  Esattamente come il protestantesimo, il modernismo, con la sua falsata concezione dell’autorità, oscilla tra questi due poli.

Così, vediamo Papa Francesco che da un lato destituisce, con una severità inaudita, Mons. Strickland, un vescovo che tuttavia intendeva rimanere fedele agli impegni assunti al momento della sua consacrazione; e dall’altro capitolare sempre più davanti alle rivendicazioni libertarie della parte avanguardista del Popolo di Dio.
Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede di Benedetto XVI, ha detto che considerava la destituzione di Mons. Strickland come una «revoca arbitraria» che avrebbe finito col «minare l’autorità del Papa». In realtà, questa destituzione è la conseguenza di un’autorità papale già deviata, una autorità che ormai si considera come veniente dal basso e non più dall’alto. 

Pubblicato sul sito francese della Fraternità La Porte Latine qui - qui    
____________________________ 
1 - Leone XIII, Enciclica Libertas, 20 giugno 1888. 
2 - Charles Journet, L’Esprit du protestantisme en Suisse, Parigi, 1925. 
3 - Journal, ibidem, p. 156. 
4 - Joseph Ratzinger, Les Principes de la théologie catholique. Esquisse et matériaux, Téqui, 1982, p. 426-427. 
5 - Charles Journet, L’Esprit du protestantisme en Suisse, Paris, 1925.

* Don Jean-Michel Gleize è professore di Apologetica, Ecclesiologia e Dogma al Seminario San Pio X di Ecône, Svizzera. È il principale collaboratore del mensile Courrier de Rome. Ha partecipato alle discussioni dottrinali tra Roma e la FSSPX tra il 2009 e il 2011.

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