lunedì 9 maggio 2022

Cos’è un’ideologia? Non c’è area nella Chiesa odierna che non sia influenzata dalle ideologie in modo altrettanto distruttivo come nella liturgia

Nella nostra traduzione un commento di Gregory Dipippo, pubblicato sul sito New Liturgical Movement, al discorso del 7 maggio di Bergoglio [qui - qui] ai docenti e agli studenti del Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo, il think-tank della Traditionis Custodes e di iniziative simili [qui]. I suoi attacchi alla tradizione sono, come sempre, superficiali, ipocriti e giudicanti, e il suo imperituro ottimismo per una riforma fallita porta tutti i segni degli stereotipi di facciata, ignorando tutte le realtà sul terreno e soprattutto la Grazia e dunque la gioia autentica che scaturisce dal Rito dei secoli... Qui l'indice degli articoli su Traditionis custodes e Responsa.

Cos’è un’ideologia?

Uno dei contributi più importanti di Platone alla filosofia è la dottrina delle Idee, la nozione che le astrazioni non materiali, che lui chiamava «Idee», sono eterne e più reali delle cose del mondo materiale. Per fare un esempio specifico, l’astrazione «cavalleria» è, secondo questa dottrina, più reale dei cavalli materiali, ed esiste eternamente in un mondo di Idee; i cavalli reali in questo mondo semplicemente partecipano a questa astrazione. Platone direbbe che se un uomo che non avesse mai visto un cavallo e non sapesse nulla su di essi ne vedesse uno, e poi ne vedesse un altro in seguito, saprebbe immediatamente che sono lo stesso tipo di cosa, non a causa della loro somiglianza fisica (i cavalli possono, dopo tutto, variare notevolmente in dimensioni, forma e colore), ma perché entrambi partecipano della stessa Idea. (Il maggior punto di questa dottrina è che cose più importanti dei cavalli, come la Virtù e la Verità, esistono anche come Idee eterne, indipendentemente dal grado in cui sono praticate o conosciute).
Aristotele, tuttavia, rifiutò questa dottrina del suo maestro, una divergenza che diede origine al proverbio: «Platone è mio amico, ma la verità è un amico migliore»; il che è liberamente basato su un passaggio dell’Etica Nicomachea, 1096a, 11-15, e spesso citato in latino, «Amicus Plato, sed magis amica veritas.»  Per Aristotele, le idee, cioè le astrazioni, sono meno reali degli oggetti materiali da cui sono ricavate; esse esistono SOLO nella nostra mente, non in un mondo eterno di Idee e, se un certo tipo di oggetto fosse del tutto sconosciuto all'uomo, non ci sarebbe alcuna idea di esso. Per tornare all’esempio di cui sopra, la «cavalleria» è meno reale dei cavalli, ed esiste solo nella mente umana. Se non ci fossero cavalli, o se non ci fossero menti che li percepiscono, non ci sarebbe l’idea di un cavallo.

Se il secondo paragrafo supra vi è sembrato più sensato del primo («cavalleria»?), è perché è prevalso il significato aristotelico di «idea» che, in larga misura, si è sviluppato nel significare «qualcosa che esiste solo nella mente». Il termine moderno «ideologia», quindi, significa «ragionare secondo o per mezzo di un’idea», con «idea» intesa nel suo senso aristotelico di qualcosa meno reale della realtà. Il secondo elemento della parola, «-logia», deriva da «logos» nel senso di «ragionamento». «Ideologia», quindi, significa guardare e comprendere il mondo per mezzo di un concetto che non è reale.

Per fare un esempio specifico (non legato ai cavalli), il comunismo è un’ideologia; valuta il mondo attraverso nozioni sulla natura umana e sull’economia che non hanno alcuna relazione con la realtà, ma esistono solo nella mente dei comunisti. Una di queste nozioni, rivelatasi particolarmente catastrofica in Unione Sovietica, era che una grande impresa collettiva (diciamo una fattoria di un milione di acri) è meglio di molte piccole imprese (diciamo 1000 fattorie di mille acri), perché determinerà una maggiore uguaglianza tra i membri della società. Questo era vero solo nella misura in cui tutti i contadini a cui veniva imposto erano indotti ad un grado approssimativamente uguale di povertà e miseria.

Il problema peggiore nel valutare il mondo attraverso queste nozioni non reali è che possono rendere le persone permanentemente, e in alcuni casi incurabilmente, cieche alla realtà. Per esempio, non c’era nessun grado di insuccesso dell’economia sovietica, per quanto catastrofico, e nessun grado di miseria umana che potesse convincere i membri irriducibili del partito comunista che la loro ideologia era fallimentare.

Probabilmente non c’è un’area della vita della Chiesa odierna che non sia influenzata dalle ideologie in modo altrettanto distruttivo, ma certamente non c’è nessun ambito in cui ciò sia più vero che nella liturgia. Molti si ostinano a guardare la riforma post-conciliare solo attraverso certe lenti ideologiche. Attraverso queste lenti, si dichiara che essa è il prodotto e il compimento del Movimento Liturgico originale ispirato da uomini come Dom Guéranger e Don Romano Guardini, di cui avfrebbe tradito gli ideali, di cui avrebbe largamente rifiutato i principi, e di cui non avrebbe realizzato gli obiettivi. Si dichiara essere il prodotto e il compimento della volontà del Vaticano II come espressa nella Sacrosanctum Concilium, della quale avrebbe tradito gli ideali, in gran parte respinto i principi senza realizzarne gli obiettivi [in realtà molti li ha oltrepassati -ndT]. Viene ignorata o respinta ogni perplessità sul fatto che le premesse scientifiche della riforma nel migliore dei casi fossero errate e i suoi metodi fraudolenti. Viene sbandierato uno spettacolare successo pastorale, mentre le chiese, le case religiose e le scuole si svuotano e chiudono, e i membri della Chiesa crollano precipitosamente. E poiché è nella natura stessa di un’ideologia rendere ciechi ai suoi insuccessi coloro che ci credono, chi fa notare i suoi fallimenti viene insultato o messo a tacere, ma non riceve mai risposta.

La realtà, tuttavia, inevitabilmente si impone all’ideologo, o rompe il sistema che egli costruisce per se stesso al di fuori da essa. Giunse un momento in cui nessuno credeva abbastanza nel comunismo da ordinare alle truppe di sparare a chi protestava contro i suoi fallimenti, desiderando un mondo migliore, e l’ombra profonda del male e della repressione che incombeva sul mondo per la maggior parte della mia infanzia svanì con una rapidità inimmaginabile. «Che Dio sorga», cantano i nostri amici bizantini a Pasqua, «e che i suoi nemici siano dispersi…». E così Egli fece, e così accadde.

Allo stesso modo, verrà un giorno in cui la convinzione ideologica che le riforme post-conciliari siano state un successo spettacolare non avrà più l’irragionevole fascino che esercita su così tante menti, specialmente tra coloro che le hanno vissute, e rimangono indebitamente attaccati all’ingenuo ottimismo della loro gioventù. Allora gli insulti, le dimissioni forzate e le soppressioni finiranno, e comincerà il difficile processo di valutare onestamente cosa è andato storto, e perché è andato storto, e determinare il da farsi per rimediare.

Può essere faticoso aspettare che questo accada, ma succede sempre, e nel frattempo, come ci ricorda San Paolo, «l’amore tutto sopporta». In Polonia ci sono voluti dieci anni, e sono stati dieci anni innegabilmente difficili. Ma in Cecoslovacchia ci sono voluti dieci mesi, nella Germania dell’Est dieci settimane e in Romania dieci giorni. (Gregory Dipippo)
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

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