sabato 28 maggio 2022

La maledizione della dismisura che ci condanna alla guerra

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La maledizione della dismisura
che ci condanna alla guerra
È la corsa al “sempre di più”, l’idea dell’avere senza limiti come garanzia di libertà e sicurezza che crea il massimo di pericolo e di instabilità. Da Girard (e Sofocle) una lezione per tutti e quattro i belligeranti
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Gli errori dei “liberatori”…
Che cos’hanno in comune i quattro attori principali del conflitto ucraino, Russia, Ucraina, Nato e Unione Europea? Due cose legate fra loro: il fallimento degli obiettivi che si sono prefissi, e la causa di questi fallimenti, che è l’eccesso, l’assenza di autolimitazione, la dismisura.
I fallimenti di Putin sono palesi: nella sua visione l’Ucraina si sarebbe arresa quasi senza combattere, e invece sta resistendo strenuamente; l’armata russa avrebbe dovuto manifestare la sua superiorità incontrastata, e invece la differenza di potenziale fra i due eserciti che si affrontano non è apparsa tanto netta; l’Unione Europea doveva restare paralizzata a causa della diversità di interessi fra i vari paesi riguardo ai rapporti con la Russia, e invece ha reagito con sufficiente coesione e per ora i contrasti restano sotto traccia; il nazionalismo ucraino doveva essere annientato o confinato nella regione occidentale del paese, e invece è stato ed è tuttora alimentato su tutto il territorio dall’aggressione russa; la Nato doveva uscire indebolita per la perdita delle teste di ponte che stava creando in Ucraina e per i probabili dissidi fra i suoi membri europei e americani, e invece la subalternità degli europei agli americani dentro alla Nato è cresciuta, i paesi scandinavi che erano neutrali chiedono di entrare nell’organizzazione, i paesi già membri (in particolare la Germania) aumentano le loro spese militari; gli ucraini avrebbero dovuto ammettere la loro stretta parentela coi russi e l’appartenenza allo stesso mondo, e invece fra ucraini e russi si è creato un odio che sarà impossibile placare; i russofoni dell’Ucraina avrebbero dovuto accogliere a braccia aperte i “liberatori” russi, e invece fra loro prevale la disaffezione; la potenza della Russia doveva uscire magnificata dall’operazione e invece il paese si trova ad affrontare grandi difficoltà dal punto di vista economico e finanziario, isolata dall’Occidente.
… e quelli dei loro avversari
Gli errori dell’Occidente sono un po’ meno numerosi ma altrettanto gravi. L’Occidente ha valutato molto male la Federazione russa, che ha preso il posto dell’Unione Sovietica. Dichiarando di voler garantire maggiore sicurezza in Europa, dopo la fine del comunismo nell’Europa dell’Est e lo scioglimento del Patto di Varsavia, la Nato anziché sciogliersi a sua volta o creare un sistema di sicurezza collettivo comprendente la Russia, ha deciso di allargarsi: i paesi europei aderenti all’alleanza sono passati da 14 che erano nel 1998 ai 28 che sono oggi. Il risultato è che oggi c’è meno sicurezza in Europa di quanta ce ne fosse nel 1998, e i paesi dell’Est che hanno aderito alla Nato per mettersi al riparo dalla Russia si sentono minacciati dalla Russia più di quanto si sentissero minacciati quando non erano parte della Nato.
L’Unione Europea ha aperto le porte all’Ucraina già nel 2013 con l’accordo di partenariato. Era convinta che fosse facile e vantaggioso allargare l’Unione all’Ucraina: quello è stato l’inizio della spirale, perché la Russia si è opposta all’allargamento, e non si è trovato un compromesso che mettesse d’accordo Bruxelles, Kiev e Mosca.
Infine gli errori di valutazione dell’Ucraina. Nel 1994 firma un trattato con cui rinuncia alle sue armi atomiche di epoca sovietica e le consegna alla Russia, in cambio quest’ultima riconosce i confini dell’Ucraina che comprendono anche il Donbass e la Crimea, e la Russia, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna si impegnano a garantire la sicurezza dell’Ucraina come paese neutrale. Poi nel 2002 l’Ucraina cambia idea e comincia a chiedere di poter entrare a far parte della Nato. Nel 2008 si tiene un summit della Nato a Bucarest dove la Nato si dice favorevole all’ingresso dell’Ucraina e della Georgia anche se ci vorrà del tempo. La Russia protesta, e sempre protesterà. Ma l’Ucraina continua il suo cammino verso l’adesione alla Nato anche se le reazioni di Mosca si fanno sempre più aggressive (la Russia alimenta la guerra nel Donbass, annette la Crimea), e nel settembre scorso Joe Biden e Volodymyr Zelensky firmano una dichiarazione comune a favore dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Il risultato storico di tutto questo è l’aggressione russa. L’Ucraina pensava di essere più sicura avvicinandosi alla Nato e aumentando i suoi armamenti di provenienza occidentale, è finita sotto le bombe della Russia.

Immersi nel plurale e innumerevole
Cos’hanno in comune tutti questi fallimenti? Hanno in comune la dismisura, l’idea che la sicurezza coincide con il “sempre di più”: sempre più armi, sempre più territorio; sempre più impero la Russia, sempre più membri la Nato, sempre più paesi l’Unione Europea; sempre più armi la Russia, la Nato e l’Ucraina. È l’idea dell’illimitato, dell’avere senza limiti come garanzia della propria libertà e della propria sicurezza che crea il massimo di pericolo e di instabilità.
Sin dal 2007 Vladimir Putin ha chiesto di ristabilire le sfere di influenza delle grandi potenze; ma dove arriva la sfera di influenza della Russia? La Russia è un impero, e gli imperi sono fatti per estendersi e per governare sempre nuovi popoli; naturalmente per il loro bene, nel loro interesse… Lo stesso dicasi della Nato, che volentieri si allarga a sempre nuovi paesi al fine di garantire la loro sicurezza e indipendenza. Eppure queste dovrebbero essere tutelate non da un’alleanza particolare, ma dall’Onu: vedi gli articoli dal 48 al 51 dello statuto delle Nazioni Unite. Discorso analogo vale per l’Unione Europea: dove arrivano e si fermano i suoi confini? L’avere rinunciato all’identità storica europea per un’identità puramente procedurale, dunque suscettibile di assorbire il mondo intero, non può non diventare causa di instabilità e di conflitto tanto quanto l’aperto imperialismo russo.
I problemi arrivano da lontano, da quando Alessandro Magno ribaltò i termini della traduzione politica dell’universale che la filosofia greca aveva elaborato: non più qualcosa da perseguire nell’intensità delle città-stato, ma nell’estensione della terra intera, che è l’obiettivo finale di ogni impero in atto o in fieri, si chiami Russia, Stati Uniti (con il loro braccio armato che è la Nato) o Unione Europea post-storica. Da quel momento, come ha scritto Jean-Claude Milner, «la contropartita politica dell’universale non sarebbe più stata la città, felice e bella mediazione tra il singolare e il plurale, lontano dal molto numeroso, ma l’impero, risolutamente immerso nel plurale e nell’innumerevole».
Invertire il processo significa tornare alle virtù cristiane e classiche (viene detto nell’Edipo a Colono di Sofocle: «Quante città, per quanto ben governate, cadono facilmente nella dismisura!») del controllo sulle proprie passioni, della giusta misura, del senso del limite, dell’armonia, della preferenza per l’essere più che per l’avere. Ma questo è un altro discorso. (Rodolfo Casadei)

da Tempi on line, Domenica 22 maggio 2022 
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