«L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento»: così sancisce l’articolo 33 della Costituzione che, pur valendo per tutti, da alcuni si vorrebbe che non valesse per qualcuno che afferma opzioni etiche non condivise dal mainstream, che ormai cerca di imporre arbitrarie verità di stato, esercitando una sempre più soffocante tirannia dello spirito. Tanto più paradossale in un contesto relativista (che forse però ha già raggiunto esiti nichilisti) che sia sotto l'aspetto metodologico che ideologico promuove ogni sorta di pluralismo. In questo caso neppur tenendo conto dell'autorevolezza dello studioso; il che in ambito accademico ha comunque il suo valore e il suo posto a prescindere...
Eppure, oggi, nell’epoca più liberale e pluralistica della storia umana, alcuni – che pur si inscrivono nell’alveo del pensiero laico, moderno e liberale – si auspicano l’esatto opposto di ciò che con estrema chiarezza ha insegnato Stuart Mill, cioè che si possa, forse perfino che si debba, silenziare l’opinione di chi ne possiede una contraria alla loro.
Così su “La Stampa” dello scorso 29 dicembre Annamaria Bernardini De Pace ha pubblicamente espresso tutto il suo disappunto in quanto presso l’Università Europea di Roma la Professoressa Claudia Navarini avrebbe adottato il manuale di bioetica di Elio Sgreccia che conterrebbe, secondo la De Pace, “pericolose e inquietanti affermazioni”, come per esempio che l’atto coniugale è di per sé idoneo alla generazione della prole, o che il nascituro ha diritto di nascere essendo il diritto di nascere il primo di tutti i diritti, o che il medico gode del diritto di obiezione di coscienza in caso di aborto.
Così si chiede la De Pace «la Chiesa cattolica è giusto che insegni apertamente a contrastare le leggi?[…]. È corretto formare giovani psicologi rivestendoli di un’educazione vetero-cattolica, paternalistica e, oserei dire, dittatoriale?».
Sul punto non si possono che effettuare alcune considerazioni.
In primo luogo: la Professoressa Claudia Navarini, associato di filosofia morale, è una docente competente che non necessita di difesa, non perché non lo meriti, ma perché per un verso il suo curriculum accademico e scientifico, il suo rigore intellettuale, la sua mitezza umana sono già idonei a renderla invulnerabile rispetto a critiche pretestuose e surreali, e per altro verso, essendo ancora viva e vegeta diversamente dal compianto Elio Sgreccia, potrà, se lo vorrà, difendersi direttamente e personalmente nelle modalità e nei tempi opportuni.
In secondo luogo: l’Università Europea di Roma è una struttura accademica che, per quanto piccola, è tra le più accreditate nello scenario accademico nazionale, come comprova il secondo posto ad essa assegnato e riconosciuto dal Censis proprio per l’anno 2020/2021 https://www.censis.it/formazione/la-classifica-censis-delle-universit%C3%A0-italiane-edizione-20202021/gli-atenei-non-statali, per cui anche in questo caso una difesa sarebbe ultronea rispetto a ciò che la realtà già dimostra di per sé.
In terzo luogo: chi, invece, necessita di una sintetica apologia è proprio Elio Sgreccia, non foss’altro per la circostanza – forse trascurabile per i suoi attuali detrattori che pur se ne avvantaggiano con scarsissimo fair play culturale – che è deceduto da più di un anno e non è quindi in grado di poter personalmente ribattere alle accuse che gli si muovono.
Elio Sgreccia, infatti, anche senza condividere il suo pensiero, ha costituito un innegabile punto cardine per la nascita e lo sviluppo di quella disciplina così complessa e oggi così diffusa, e spesso maneggiata anche da parte di chi non ha la sensibilità umana o la preparazione tecnica multidisciplinare necessaria, quale è la bioetica.
Sui suoi testi e sui suoi manuali le generazioni di studiosi di bioetica degli ultimi 40 anni si sono formate senza che nessuno provasse scandalo per il contenuto dei suoi insegnamenti.
Se oggi in Italia si può parlare di bioetica è senza dubbio grazie alla instancabile e pioneristica attività di ricerca intellettuale, umana, pastorale che Elio Sgreccia ha compiuto per quasi mezzo secolo con pazienza, con umiltà, con rigore scientifico.
In quarto luogo: prescindendo dal merito, qui viene in rilievo una delicata e fondamentale questione di metodo articolata in più interrogativi.
Quando e dove la Chiesa ha insegnato a contrastare le leggi dello Stato? Non è semmai il contrario, dato che la Chiesa si avvale, come tutti, di quella libertà di pensiero e di parola e di insegnamento che sono sanciti dagli articoli 19 e 33 della Costituzione che invece proprio i detrattori di Sgreccia fanno finta di ignorare? Forse queste libertà costituzionalmente garantite valgono per tutti tranne che per i cattolici in genere e per la Chiesa in particolare? Forse sarà o dovrebbe essere così in un futuro prossimo? I cattolici, insomma, dovranno tornare nelle catacombe per poter dire la loro? Non è forse più tirannico pretendere il silenzio dei cattolici rispetto a quei cattolici che ritengono legittima l’obiezione di coscienza del medico? Ma del resto, storicamente, non è forse così che le prime comunità cristiane si sono interfacciate con le persecuzioni subite, cioè perché rivendicavano nei confronti dell’autorità imperiale romana la libertà della propria coscienza? In tal modo, allora, non è forse tanto la Chiesa che invita a contrastare le leggi dello Stato, quanto un tal modo di pensare che invita lo Stato a contrastare la legge naturale della libertà di coscienza.
La libertà di un docente universitario di scegliere il testo che più reputa opportuno per il proprio percorso didattico è stata forse revocata? Quando e come? Se non è stata revocata, dovrebbe esserlo? Perché? Da chi?
Se un docente di scienze o di filosofia volesse far leggere ai propri studenti il “De caelo” di Aristotele o il Corano questo significa automaticamente che cercherebbe di renderli tolemaici o musulmani?
Anche ammesso che gli insegnamenti di Sgreccia siano tutti sbagliati dall’inizio alla fine – cosa improbabile dato che, almeno per chi cerca di capire razionalmente il mondo invece di forgiarlo ideologicamente a propria immagine e somiglianza, anche Aristotele ha detto qualcosa di giusto e il Corano rappresenta la base dell’agire etico per 1,8 miliardi di persone nel mondo – con quale legittimità si possono censurare le sue opere?
Ci si auspica forse che venga creata una lista di libri che non si possono adottare nelle università italiane a causa del loro contenuto “pericoloso e inquietante”? E chi e come decide che il contenuto di un dato testo è pericoloso e inquietante? E chi decide quali testi potrebbero essere ammessi e quali invece no? Vorrà, forse, la De Pace incaricarsi di questo gravoso onere per tutte le discipline di tutti gli atenei pubblici e privati d’Italia? E quali criteri potrebbero essere utilizzati per una simile colossale opera di selezione?
Con tutta evidenza, in conclusione, ci si ritrova tutti, sia Sgreccia suo malgrado, sia i suoi detrattori, vittime inconsapevoli di una equivoca e fraintesa concezione della libertà, professata da chi la rivendica esclusivamente per sé negandola agli altri in ragione del contenuto differente dell’altrui opinione, rendendo così ancor più plastiche e attuali le acute riflessioni di un maestro del diritto come Francesco Carnelutti il quale si doleva del fatto che «gli uomini, anche i giuristi, parlano continuamente di libertà senza scrutare nel fondo di questa immensa parola».
Aldo Rocco Vitale, da Tempi.it 30 dicembre 2010
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