mercoledì 14 settembre 2022

Papa Francesco, le questioni in sospeso

Nella nostra traduzione da MondayVatican una interessante analisi di Andrea Gagliarducci sulle carenze dell'attuale pontificato alla luce del recente concistoro. Precedenti sul concistoro quiqui - qui. Sulla riforma della Curia qui - qui.

Al termine del concistoro indetto da Papa Francesco e svoltosi il 29 e 30 agosto non è stata assunta alcuna decisione. Si sarebbe dovuto discutere della riforma della Curia, e si pensava che il Papa avrebbe almeno comunicato come colmare i posti vacanti all’interno della stessa Curia. Quanto meno, si era convinti che il Papa intendesse attribuire all’assemblea un particolare significato, forse annunciando alcune necessarie riforme. Non è accaduto niente di tutto questo.

Così, il pontificato di Papa Francesco rimane in qualche modo sospeso tra l’esigenza di concretezza e la mancanza di una struttura istituzionale che possa efficacemente portare tale concretezza nel processo decisionale.

Oltre alle nomine in seno alla Curia, in attesa di una nuova riorganizzazione dal momento che vari capi dicastero hanno raggiunto o superato i settantacinque anni di età, ci sono in particolare due questioni pendenti di importanza cruciale: la definizione di Papa emerito [vedi] e quella di Papa impedito.

Un gruppo di studio internazionale dell’Università di Bologna si sta occupando di tale argomento e ha formulato in merito una proposta di legge, che a quanto pare il Papa non ha nemmeno preso in considerazione, ma che in ogni caso circola fra gli studiosi. Essa è anzi giunta all’attenzione del cardinale Gianfranco Ghirlanda [precedente qui], che a quanto sembra starebbe esaminando una bozza di legislazione in materia.

Perché le due riforme sono cruciali? Perché entrambe servono a garantire la direzione della Chiesa cattolica. La questione del Papa impedito appare la più urgente. Finora nessuno si era mai posto il problema di cosa potrebbe accadere se un Papa rimanesse disabile, incapace di intendere e di prendere decisioni, ma ancora in vita. Quando nell’antichità venne elaborata la legislazione relativa ai pontefici la scienza medica non aveva fatto così tanti progressi.

Oggi si può sopravvivere per anni a un ictus che menomi severamente le funzioni cognitive, per decenni a una forma avanzata di Alzheimer, e per qualche tempo in stato di coma. Chi governerebbe la Chiesa qualora un Papa dovesse trovarsi in una di tali condizioni?

Di qui la necessità di una legislazione che certifichi la fine di un pontificato e il passaggio a uno nuovo, così da avere un Papa nel pienezza dei poteri e in pieno possesso delle facoltà mentali. In fin dei conti il Papa è il garante dell’unità della Chiesa. Con un pontefice non in grado di governare, si creerebbe una situazione di anarchia. Un esempio concreto: chi potrebbe bloccare iniziative come quelle del Sinodo tedesco, che mira a introdurre modifiche dottrinali, se non ci fosse un Papa a prendere decisioni e a garantire l’unità della Chiesa?

La questione del Papa emerito è legata a quella del Papa impedito, ma pone anche altre considerazioni. Quando Benedetto XVI decise di rinunciare al pontificato, seguì una precisa linea teologica, separando il munus dal ministerium e inventando una figura, quella del Papa emerito, mai esistita nella storia della Chiesa. Il ragionamento era che l’elezione del Papa equivalesse, di fatto, a una nuova ordinazione, simile a quella episcopale, in cui si attribuiva pienezza di poteri. Per tale motivo il Papa divenne Papa emerito, non Vescovo emerito di Roma. Non si tornava alla condizione precedente perché si trattava di una nuova, tutta da definire.

Benedetto XVI aveva indicato la strada lasciando però al successore la facoltà di stabilire, prima o poi, come definire il suo ruolo e quello dei papi che in futuro avessero preso la stessa decisione. Papa Francesco non ha mai legiferato al riguardo. All’epoca si svolsero vari dibattiti. L’arcivescovo Georg Gaenswein, segretario personale di Benedetto XVI, teorizzò la presenza di un papato contemplativo e di uno attivo [qui]. La sua intenzione era quella di enfatizzare l’importanza del magistero di Benedetto XVI, anche nella scelta di rinunciare al pontificato, di certo non per avallare l’idea che ci fossero due papi.

Eppure fu questa visione a diffondersi, creando anche scontento, al punto che si ventilò l’ipotesi di un “silenzio istituzionale” o di una “morte istituzionale” del Papa emerito.

Quest’ultima ipotesi appare remota per Papa Francesco. Il nodo risiede proprio nella definizione di Papa emerito. Il cardinale Ghirlanda aveva già sottolineato, all’epoca della rinuncia, che a suo avviso la cosa migliore era attribuire a Papa Benedetto il titolo di Vescovo emerito di Roma.

C’è una questione da considerare. La riforma della Curia è relativa alla potestas, cioè al potere di governo assegnato dalla missione canonica, abbandonando l’idea della pienezza dell’ordinazione episcopale stabilita dal Concilio Vaticano II. Com’è stato notato, tale interpretazione potrebbe mettere in questione l’intero sistema del Concilio. Ma, seguendola, appare evidente che persino per quanto concerne il Papa l’elezione è considerata una “missione canonica” e non il conferimento di una particolare potestas gubernandi.

A questo punto, cosa accade se un papa decide di rinunciare? Sarebbe solo la cessazione di una missione canonica? Sono questioni da definire perché, alla fine, il futuro del pontificato dipende da quelle che sembrano sfumature.

Per qualche tempo si è parlato di un “progetto di coadiutorialità” relativo al papato, o dell’idea di giungere all’elezione del successore di un pontefice mentre quello in carica è ancora in vita in modo da poter rapidamente definire la successione in caso di sede impedita o di rinuncia. Se si trattasse di un progetto reale, si arriverebbe al paradosso di un Papa emerito che, avendo cessato la propria missione canonica per scelta personale o magari nella consapevolezza di avere solo pochi mesi di vita, potrebbe influenzare il conclave destinato a eleggere il suo successore.

È questo che vuole Papa Francesco? Finora il Pontefice ha svolto una copiosa attività legislativa, ma si è trattato soprattutto di norme sul funzionamento, le competenze e i poteri decisionali. Insomma, di governo “secolare”, ci si passi l’espressione, che ha affrontato anche questioni come le misure contro gli abusi e le finanze vaticane. Comunque non sono state assunte posizioni dottrinali significative, in merito alle quali Papa Francesco ha sempre predicato il discernimento.

Il punto è proprio questo: se la riforma relativa alla sede vacante o impedita consisterà unicamente in una serie di norme amministrative o si baserà su una filosofia che indichi una direzione alla Chiesa, ossia se sarà una riforma secolare o spirituale. Ed ecco ancora un paradosso di Papa Francesco, che parla giustamente della necessità di una conversione spirituale, ma finisce per adottare misure di tipo secolare. Un problema emerso durante l’ultimo concistoro.
[Traduzione per Chiesa e post-concilio a cura di Daniela Middioni]

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