mercoledì 6 settembre 2023

Una replica alle critiche di Don Morselli ai supposti errori dottrinali di mons. Lefebvre.

Precedenti sul pro multis quiqui - qui. Di seguito il nostro lettore Teofilo ripareggia la verità in ordine alle critiche di don Morselli [qui]  a mons. Lefebvre sulla solita Bussola. L'importanza del testo che segue consiste nel fatto che l'accento — più che sulla traduzione erronea sottolineata dagli articoli citati nei link e le conseguenti critiche di carattere filologico, esegetico, liturgico in senso stretto — viene posto sulla deviazione dottrinale riguardante il nesso della formula con la validità della Consacrazione scaturente dell'affermazione della Lettera della Congregazione per il Culto divino [qui] n, 2) : Non vi è alcun dubbio sulla validità delle messe celebrate con l'uso di una formula debitamente approvata contenente una formula equivalente a "per tutti", come già ha dichiarato la Congregazione per la Dottrina della Fede, da mettere in relazione con la deviazione analoga conseguente allo spostamento del mysterium fidei dalla formula di Consacrazione [vedi]. Trattazione che svilupperemo ulteriormente.

Una replica alle critiche di Don Morselli 
ai supposti errori dottrinali di mons. Lefebvre.

L'articolo di Don Morselli vuol dimostrare che le differenze dottrinali tra la FSSPX e la Chiesa attuale sono il frutto di errori teologici di mons. Lefebvre. Anzi, di un errore fondamentale: l'aver formalmente rescisso il giorno dopo l'accordo appena sottoscritto con il card. Ratzinger. Don Morselli riproduce in sintesi il testo di quell'accordo. A mio modesto avviso, mons. Lefebvre fece bene a ritirare la firma, dopo aver in pratica passato la notte in preghiera, da solo, nella cappella del priorato della Fraternità ad Albano. Si sarebbe legato le mani, sulla Messa e sul Concilio, come poi è successo alle varie FSSP, etc. Hanno ottimi sacerdoti ma sugli abusi del NO e sulle deviazioni dottrinali dall'alto e dal Concilio non possono dir nulla.

Ma prima di esaminare questo punto, vorrei far vedere come sia ingiustificata l'accusa di incoerenza a mons. Lefebvre, per essersi radicalmente opposto ad una Messa, la cui consacrazione non poteva in coscienza dichiarare invalida, nonostante gli evidenti mutamenti intervenuti. Non la dichiarava invalida (diceva: "non possiamo dire che sia invalida", non diceva che fosse valida). La dichiarava però ambigua, di un'ambiguità tale da poter far perdere la fede. Il che, a ben vedere, è successo a praticamente tutta la Gerarchia : sono quasi 60 anni che celebrano il NO e in che condizioni è la loro fede? Meglio stendere un velo pietoso su molti e troppi di loro.

Ora, l'ambiguità risulta in primo luogo dall'introduzione surrettizia del "per voi e per tutti" al posto del millenario "per voi e per molti". Il bello è che l'Institutio del NO, cioè il testo ufficiale in latino, ha mantenuto il "per molti". Però in quasi tutti i volgari lo si è tradotto con "per tutti", violando la lettera del testo. Ho qui un Messalino festivo, testo ufficiale in ital. della CEI, Coletti, Roma, 1983, p. 338 : "..questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati..". Bisogna sapere che da questa formula è anche stato tolto il "mistero di fede", spostato subito dopo e unito ad un'invocazione di attesa della Venuta del Signore, dotato quindi di un significato escatologico assente dall'Ordo Vetus (vedi).
Ma perché questo "per tutti" sarebbe ambiguo e intorbiderebbe il vero significato della Messa, cosa che non si può ovviamente tollerare, capace di produrre le peggiori conseguenze, come è in effetti successo? Per cogliere appieno quest'ambiguità bisogna andarsi a rileggere come il Catechismo Tridentino spiegasse il significato del "per molti" al posto di "per tutti".

Vediamo dunque il testo del Catechismo Tridentino.
Innanzitutto la formula dellOrdo Vetus : "Poiché questo è il calice del Sangue mio, della nuova ed eterna alleanza - mistero di fede - il quale sarà sparso per voi e per molti in remissione dei peccati".

"Le parole 'per voi e per molti' prese separatamente da Matteo, 26,28 e da Luca 22,20, sono riunite dalla santa Chiesa, inspirata da Dio, per esprimere il frutto e l'utilità della passione. Infatti se consideriamo l'efficace virtù della passione, dobbiamo ammettere che il sangue del Signore è stato sparso per la salute di tutti; ma se esaminiamo il frutto che gli uomini ne hanno ritratto, ammetteremo facilmente che ai vantaggi della passione partecipano non tutti, ma soltanto molti. Perciò dicendo: "per voi", ha voluto significare i presenti, con cui parlava, eccetto Giuda, oppure gli eletti del popolo Ebreo, quali erano i discepoli. Ed aggiungendo "per molti" ha voluto intendere gli altri eletti, Ebrei e i Gentili. Con ragione dunque non è stato detto: "per tutti", trattandosi qui soltanto dei frutti della passione, la quale apporta salute soltanto agli eletti. In questo senso bisogna intendere anche le parole dell'Apostolo: Gesù Cristo fu offerto una sola volta per togliere i peccati di molti (Ebr. 9, 28); e quelle del Signore: "Prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che mi hai dati, perché sono tuoi" (Giov 17, 9). Catechismo Tridentino, tr. it. a cura del P. Tito S. Centi OP, Cantagalli, Siena, 1981, p. 261.
Già da questa spiegazione si capisce perché il famigerato "per tutti" è ambiguo: sembra legittimare una concezione sbagliata come quella che implica la salvezza per tutti, comunque garantita: col per tutti, celebrato sempre da GP II, si apre la porta all'eresia, quella della Salvezza già garantita dal Cristo c.d. "cosmico", quello teilhardiano e blondeliano che, nella Gaudium et spes, art. 22 [vedi], viene detto, "si è con l'Incarnazione in certo modo unito ad ogni uomo" - errore gravissimo, già confutato, se non erro, dal Damasceno e dall'Aquinate.
L'ambiguità, dunque, già nel fatto che l'Institutio dice una cosa e la prassi ne fa un'altra, per di più in odor di eresia, bisogna pur dirlo, se si ricerca il vero (Caesar aut Pontifex non est supra gramaticos).
Benedetto XVI ha giustamente ricordato che bisogna dire "per molti" ma senza imporlo ai vescovi. Allora la Consacrazione nel NO è sempre valida, sia che si dica per tutti, sia che si dica per molti?

Partiamo da quest'ultimo punto. Benedetto XVI doveva limitarsi ad esortare i vescovi a spiegare la necessità di tornare al "per molti" [qui]. Egli comunque fece revisionare tutte le traduzioni in volgare e provvedette ad inserire il "per molti", tra le polemiche, se non mi ricordo male.
Ma il punto essenziale qui è un altro: il nesso della formula con la validità della Consacrazione.
Nella Lettera della Congregazione per il Culto Divino del 17 ott 2006, a firma del Prefetto card. Arinze, si ricordava al punto n. 1 che la formula "per molti" (Pro multis) era in vigore sin dai primi secoli ma negli "ultimi 30 anni alcuni testi approvati in lingua moderna hanno riportato la traduzione interpretativa "for all", "per tutti", o equivalente". Il punto 2 ribadiva che "non vi è alcun dubbio sulla validità delle messe celebrate con l'uso di una formula debitamente approvata, contenente una formula equivalente a "per tutti", come già dichiarato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede [...]
Effettivamente, la formula "per tutti" corrisponderebbe indubbiamente a un'interpretazione corretta dell'intenzione del Signore espressa nel testo. È un dogma di fede che Cristo è morto sulla Croce per tutti gli uomini e le donne". La validità della Messa non sarebbe in questione: allora perché questa precisazione? Il "per tutti" non interpreta forse il senso profondo del "per molti"? O si tratta di una questione di semplice rispetto e sensibilità nei confronti della Tradizione liturgica della Chiesa?

La Lettera richiama diversi argomenti a favore del ristabilimento del "per tutti". Si tratta in primo luogo di fedeltà ai Testi Sacri, che mostrano sempre il "per molti", al rito romano antico che mai ha detto "per tutti" in tanti secoli, alle anafore dei vari riti orientali, al fatto che il "per tutti" è una "spiegazione di tipo catechetico", al fatto che bisogna in generale esser il più fedeli possibile ai testi latini delle edizioni tipiche.
Questi argomenti sono tutti di carattere filologico, esegetico, liturgico in senso stretto. Ma ce n'è uno che riveste un profilo dottrinale, riguardante quindi il dogma della fede, sia pure espresso in modo minimalista. Eccolo: "L'espressione 'per molti', pur restando aperta all'inclusione di ogni persona umana, riflette inoltre il fatto che questa salvezza non è determinata in modo meccanico, senza la volontà o la partecipazione dell'uomo. Il credente, invece, è invitato ad accettare nella fede il dono che gli è offerto e a ricevere la vita soprannaturale data a coloro che partecipano a questo mistero, vivendolo nella propria vita modo da essere annoverato fra "i molti" cui il testo fa riferimento".
La prosa appare involuta, nello stile ecclesiastico odierno, ma il concetto sembra essere quello tradizionale: la salvezza non è data a tutti a prescindere, ma solo "ai molti" cioè a quelli che avranno "accettato nella fede dono che gli è offerto e a ricevere la vita soprannaturale data a coloro che partecipano a questo mistero, vivendolo nella propria vita modo da essere annoverato fra "i molti" cui il testo fa riferimento".
La prosa appare involuta, nello stile ecclesiastico odierno, ma il concetto sembra essere quello tradizionale: la salvezza non è data a tutti a prescindere, ma solo "ai molti" cioè a quelli che avranno "accettato nella fede il dono che viene loro offerto", vivendo cioè da autentici seguaci di Cristo.
Il "per tutti" va quindi rifiutato perché pericoloso per la fede, in quanto ambiguamente introduce l'idea che "la salvezza sia determinata in modo meccanico", cioè garantita a tutti senza partecipazione del libero arbitrio di ciascuno, il che è profondamente errato.

C'è dunque un risvolto dottrinale, dogmatico molto serio nell'uso del per tutti al posto del corretto per molti.
A questo punto sembra legittimo chiedersi: come è possibile tenere l'uso del "per tutti" separato dalla questione della validità della Messa NO, visto che esso introdurrebbe un concetto errato di salvezza, non cattolico?

A questo punto, torniamo al Catechismo Tridentino. Abbiamo visto che esso sottolinea come il "per molti" metta in rilievo "i frutti della Passione, la quale apporta salute soltanto agli eletti": questi frutti (la santificazione quotidiana, la salvezza dell'anima) vengon raccolti (solo) "dagli eletti", non da tutti gli uomini indistintamente cioè solo dai veri cristiani, tranne i casi di Battesimo di desiderio esplicito ed implicito. E quel Catechismo cita a sostegno il passo di Ebrei 9,28 (il Cristo fu offerto una sola volta per togliere i peccati di molti) e Giovanni 17,9, il testo della grande preghiera di Gesù al Padre, subito prima della Passione, nella quale consegna i suoi discepoli al Padre ("Padre, è giunta l'ora...). Egli afferma: "non prego per il mondo ma per quelli che mi hai dati, perché sono tuoi".
Implora il Padre di "custodirli nel nome tuo che mi hai dato, affinché siano una cosa sola come noi. Finché ero con essi, io li conservavo nel tuo nome, che tu m'hai dato, e li ho custoditi, e nessuno di loro è perito, eccetto il figlio della perdizione [Giuda Isc.], affinchè sia compiuta la Scrittura" (Gv 17, 9-12). Dunque, l'unità qui invocata da Gesù è quella dei cristiani tra di loro ma ovviamente dei cristiani fedeli al suo insegnamento e rimasti tali: non può comprendere gli eretici e scismatici né i membri di altre religioni. Tutti costoro sono nell'errore e costituiscono "il mondo", per il quale Gesù non prega, dovendo tale mondo esser ancora convertito. Non prega, nel senso che non può raccomandare costoro all'unità con il Padre come sta facendo con i suoi discepoli: devono prima convertirsi.
Il "per molti" della Consacrazione eucaristica esprimeva per l'appunto la verità di fede (dogma) testimoniata da Giov 9 cit.

Ma questa verità è stata stravolta dalla Chiesa del postconcilio. Se prendiamo l'Enciclica di GP II Ut unum sint sull'ecumenismo, del 1995, par. 7-11, vediamo che l'unità invocata dal Signore per i suoi discepoli diventa l'unità di tutti i cristiani, in quanto tali, mentre scompare completamente la contrapposizione nettissima tra i discepoli autentici di Gesù e il mondo, fondamentale nella preghiera di Gesù (vedi par. 9 dell'Enciclica). Scomparendo la contrapposizione, scompare anche l'esigenza di convertire il mondo affinché diventi UNO con il Padre e il Figlio. L'unità secondo GP II è quella senza conversione auspicata dal Concilio, decreto Unitatis redintegratio sull'Ecumenismo, che si tratta di applicare.
Si capisce allora perché quel papa insistesse sempre nel dire "per tutti", interpretando il "per molti" in senso contrario alla tradizione liturgica della Chiesa ma anche al modo dogmaticamente corretto di intendere il significato dell'Eucaristia.
E non aveva ragione mons. Lefebvre a dire che la Nuova Messa è ambigua, e che bisogna tenersene alla larga?
La falsa interpretazione woytiliana di Gv 9 cit., di origine conciliare, falsifica a sua volta il significato della Consacrazione Eucaristica, se fatta con il "per tutti" : si conferma il nesso tra lex orandi e lex credendi anche in senso invertito: ad una cattiva lex credendi conseguirà una cattiva lex orandi.
E se qualcuno dice: lasciando il "per molti" non contraddiciamo il dogma secondo il quale Dio vuole che tutti si salvino? No, perché questa volontà divina (volontà antecedente) è generale ma condizionata, vuole la salvezza di tutti se ciascuno vuole anch'esso la propria salvezza. La volontà divina "conseguente" si applica a coloro che, con la grazia, meritano la salvezza (Bartmann). Come diceva Sant'Agostino: "Deus non te deserit nisi deseratur" - Il Signore non ti abbandona se tu non l'abbandoni (Bartmann).
(Lettera del card. Arinze in Appendice a F. Agnoli - K. Gamber, La liturgia tradizionale, Fede & Cultura,2007). (fine) Teofilo

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