domenica 29 agosto 2021

L'estate sta finendo e le varianti ci son già

Vedi precedenti a partire da qui.
Il bene comune e “l’amore del prossimo” cari alla narrativa vaccinista ora vengono a sapere che i vaccinati, inizialmente asintomatici, hanno una carica virale 250 volte maggiore che nelle narici dei non vaccinati e dei positivi 2020, nell'epoca pre-vaccinazioni.
Si tratta dell'esito di uno studio condotto su operatori sanitari e reso noto a metà agosto 2021 come preprint paper dall'Università di Oxford.

La vaccinazione in atto, prescindendo qui da problemi etici e da effetti collaterali immediati, stimola il sistema immunitario a produrre gli anticorpi per un determinato antigene (la proteina spike) e perciò l'organismo tiene sotto controllo anche cariche virali elevate, pur trasformando queste persone in veri e propri diffusori di contagio.

Questo va capito bene: malgrado l'alta carica virale che hanno nelle mucose nasali queste persone sono sane, asintomatiche o paucisintomatiche. Ma la presenza massiccia di virus è ovviamente fonte di contagio per gli altri, vaccinati e non.

Gli operatori sanitari dello studio recentemente presentato dall’Università di Oxford erano vaccinati (doppia dose) da due mesi con vaccino Astra Zeneca e la variante trovata nelle narici è la Delta. Si capisce bene che questi sanitari costituiscono un problema per i malati e i colleghi che entrano in contatto con loro. Quindi il mitico vaccino:
  • lungi dal fermare la trasmissione,
  • con un'efficacia per il vaccinato di non sviluppare la malattia minore del dichiarato 95%,
  • contributore della selezione e dello sviluppo di varianti virali,
  • responsabile di non pochi eventi avversi immediati e
  • sospettato di eventi avversi a medio e lungo termine,
  • risulta anche correlato alla presenza di individui vaccinati più virulenti dei non vaccinati.
Davvero un successone!
I vaccinati sono degli involontari super-diffusori della variante Delta.
Continuando a vaccinare non faremo che alimentare questo meccanismo.

Si tratta di un delicato equilibrio: gli anticorpi sviluppati dopo vaccinazione sono sempre meno neutralizzanti le varianti che naturalmente si sviluppano (la cui selezione dipende anche dalla vaccinazione di massa). Queste cariche virali trovano comunque un titolo anticorpale elevato e rimangono sotto-traccia, senza manifestare patologie (ma contagiando e quindi i positivi sono sempre tanti). Quando per una qualche ragione il soggetto vede scendere le difese immunitarie, la malattia si manifesta e può assumere connotati assai peggiori proprio nella popolazione vaccinata, dove la carica virale è superiore.

È altresì noto che mediante il sequenziamento genomico del virus se ne possono riconoscere le varianti.
Come ogni altro virus a RNA, anche SARS-CoV-2 è soggetto a mutazioni durante la copia del suo materiale genetico. SARS-CoV-2 è in continua ridefinizione e seppure la gran parte delle mutazioni non determini effetti biologici rilevanti, questa nuvola di variazioni sul tema mira a conservare le varianti che vanno a suo vantaggio (il virus vuole vivere).

La variante inglese ad esempio si mostra più facilmente trasmissibile, come anche il ceppo D614G, protagonista della seconda ondata pandemica del 2020. Tale mutazione riguarda la sostituzione dell’amminoacido aspartato (D, in abbreviazione biochimica) da parte della glicina (G) alla 614a posizione degli aminoacidi nella proteina spike, per un difetto di copiatura che alterava un singolo nucleotide su quasi 30 mila basi del virus. La mutazione, a causa della sua posizione nella proteina spike, aiuta le particelle virali a penetrare nelle cellule ospiti, il che -dal punto di vista del virus- è un vantaggio e si sostanzia in una maggior velocità di trasmissione del contagio, ma senza determinare una malattia più grave per l'ospite (dato che questo per il virus non sarebbe un vantaggio).

Una delle strategie naturali del virus è di riuscire a propagarsi attraverso le persone asintomatiche o paucisintomatiche, cosa che la SARS originaria, caratterizzata da un decorso clinico più grave, non faceva: di qui la variante D614G. La variazione presenta un vantaggio, rappresentato dal sollevamento di un lembo della spike che facilita gli anticorpi nell'avvicinare e disabilitare il virus.

L'immunità naturale sviluppa (in soggetti senza compromissioni del sistema immunitario) una gamma di anticorpi ampia, che riconoscono anche le quasi specie circolanti "nel gregge", a differenza dei vaccinati, istruiti a produrre anticorpi specifici per quel solo antigene.

Allora bisogna distinguere ciò che è naturale, cioè che avviene abitualmente, dalla situazione in presenza di una massiccia campagna vaccinale: infatti è possibile distinguere le modificazioni del virus naturali da quelle indotte dal vaccino proprio dal sito -del virus- in cui si verifica l'avvenuta variazione. Se la spike che ne deriva è "resistente al vaccino" (ovvero se si nega al legame con l'anticorpo che dovrebbe neutralizzare l'antigene nel dominio di legame al recettore, in inglese RBD) è segno che è stato il vaccino a forzare il virus a selezionare varianti in questa direzione. Le varianti naturali non hanno in generale questa specificità. Ciò a cui stiamo assistendo (vedi articoli recenti da Gran Bretagna e Israele) evidenzia contagi e ricoveri di persone che hanno ricevuto la doppia dose, con incidenza preoccupante della mortalità (siamo in estate) specialmente nella popolazione più anziana.

Pertanto la vaccinazione starebbe generando le varianti che rendono meno efficaci gli anticorpi fatti produrre dall'inoculo nei vaccinati, per di più mascherando cariche virali elevate dietro un pericoloso equilibrio iniziale di contenimento dell'infezione per cui i soggetti vaccinati positivi asintomatici risultano avere cariche virali 200 volte maggiori dei non vaccinati. Diventando un guaio anche per i non vaccinati con un sistema immunitario debole, che ricevono un contagio "specializzato" ad evitare quei pochi anticorpi che hanno. La trasmissibilità del contagio è proporzionale alla carica virale di chi lo trasmette.
La gravità dei sintomi cresce nel tempo al propagarsi del virus nell'organismo infettato.
La letalità dipende dalla risposta immunitaria (scarsa o sproporzionata) e patologie concomitanti.

Tutto questo prescindendo (ma sono tutti problemi reali) dalla probabile origine ingegnerizzata della pandemia, dai problemi etici sugli aborti a monte dei cosiddetti vaccini, la reale efficacia (in termini di riduzione del rischio assoluto e non di quello relativo), la specificità dei tamponi utilizzati per tracciare il contagio, la mancanza (dopo mesi) di una linea guida uniforme nel definirne i cicli di amplificazione, l'essere questi preparati non dei vaccini ma dei sieri genici, il fatto di somministrarli indiscriminatamente in una fase ancora sperimentale, l’aver negato ogni valore alle terapie alternative, gli effetti collaterali immediati della somministrazione dei vaccini, il fatto che la proteina spike prodotta come antigene è di per se stessa causa di infiammazione degli endoteli, la possibile presenza di sostanze aggiunte (nanoparticelle di ossido di grafene), i rischi dovuti alla conservazione delle fiale somministrate, i costi per la collettività di questa operazione, le aberrazioni giuridiche (green pass) e forse (speriamo di no) il fenomeno ADE su numeri non piccoli di vaccinati che potrebbero verificarsi con il sopraggiungere dell’autunno e non sono tutti…

Il virus si adatta all'ambiente e al sistema immunitario dell'ospite: un sistema immunitario concentrato sulla spike, fa mutare il virus proprio sulla spike. Questa proteina si lega ai recettori ACE2 e il dominio di legame al recettore (RBD) è il luogo in cui si gioca la partita della maggior o minor affinità, mentre al contempo gli anticorpi imparano a neutralizzare una struttura rigida, ben precisa o anche varianti sul tema.

Lasciando fare alla natura, nel caso di virus che naturalmente variano, si raggiunge un'endemizzazione (cioè la fine della fase acuta della pandemia), nel frattempo curando opportunamente i soggetti più a rischio (sostenendo preventivamente il sistema immunitario e curando l'infiammazione). Vaccinando a tutto spiano con vaccini a mRNA si genera di fatto un reiterarsi delle condizioni pandemiche, al punto che molti ricercatori hanno individuato le VOC (varianti di preoccupazione per la salute pubblica) che non faranno che replicare il circolo vizioso di misure di cautela e richiami vaccinali.

Le autorità dovrebbero almeno distinguere le varianti selezionate da vaccino-resistenza e presentare i dati di contagio riferendoli alle differenti origini. Teoricamente si può fare, se si ha voglia di capire e non si deve inseguire un'ideologia di cui a questo punto la strategia vaccinale mostrerebbe il vero volto. A qualcuno è già venuto il dubbio: che serva proprio a questo la vaccinazione? Ad infettarsi e reinfettare in maggior numero? (R.S.)

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