Padre Paisios del Monte Athos era solito dire: «Oggi la situazione delle Chiese è molto grave. Non lo capiscono ma è così. Ci aspettano molte prove. Viviamo in tempi di Apocalisse, siamo come ai tempi di Noè; lo prendevano in giro. Oggi nessuno ci crede, ma siamo al colmo. I pii avranno grandi prove, ma il tempo sarà breve». Di seguito ho ripreso un suo testo sulla Tradizione, interessante perché vi troviamo anche la stigmatizzazione del falso ecumenismo [qui], che evidentemente sta contaminando anche l'Oriente. Il fatto che egli parli dal versante ortodosso nulla toglie alla verità riconoscibile nei suoi pensieri. Tra l'altro ricordiamo che gli insegnamenti (citati con venerazione) dei grandi Padri Greci, che nutrono la Tradizione insieme a quelli latini, precedono lo scisma d'Oriente,
Si deve portare rispetto per la Tradizione
«Molti santi Martiri, quando non conoscevano il dogma, dicevano: «Credo a tutto quello che i Santi Padri hanno decretato». Se qualcuno affermava questo, veniva martirizzato. Costui non sapeva portare delle prove ai persecutori della sua fede né sapeva convincerli, ma aveva fiducia nei Santi Padri. Pensava: «Come posso non avere fiducia nei Santi Padri? Loro che sono stati più esperti, più virtuosi e santi! Come posso accettare una stupidità? Come posso tollerare qualcuno che insulta i Santi Padri?». Dobbiamo avere fiducia nella tradizione. Oggi, purtroppo, da noi è entrata la gentilezza europea e ci stanno insegnando come si fa ad essere bravi. Vogliono mostrarci la superiorità e, alla fine, vanno a prostrarsi al diavolo cornuto. Ci dicono: «Ci dev’essere una religione!» ma pongono tutto sullo stesso piano. Anche da me sono venuti alcuni che mi hanno detto: «Tutti quelli che credono in Cristo devono fare una sola confessione religiosa». Ho loro risposto: «È come se ora mi diceste di unire l’oro con il rame; unire un oro di molti carati con tutto quello da cui è stato separato, raccogliere nuovamente tutto e riunirlo. È giusto mescolare tutto di nuovo? Chiedete a un orefice: ‘È giusto mischiare la zavorra con l’oro?’. C’è stata una grande lotta, per purificare a fondo il dogma». I Santi Padri sapevano qualcosa di più per proibire i rapporti con l’eretico. Oggi dicono: «Non solo bisogna stare con l’eretico ma pure con il Buddista e l’adoratore del fuoco. Dobbiamo pregare insieme a loro. Gli ortodossi devono essere presenti alle loro preghiere comuni e ai loro convegni. Si tratta di una presenza».
Che tipo di presenza? Cercano di risolvere tutto con la logica e giustificano cose ingiustificabili. Lo spirito europeo crede che pure le questioni spirituali possano inserirsi nel mercato comune.
Alcuni tra gli ortodossi superficiali che vogliono fare delle “missioni”, convocano convegni con eterodossi, perché si faccia scalpore. Così credono di promuovere l’Ortodossia, facendo, cioè, un’insalata sbattuta tra le cose ortodosse e quelle di chi non crede rettamente. In seguito a ciò reagiscono i super-zeloti e si attaccano all’altra estremità arrivando pure a bestemmiare contro i Sacramenti di chi usa il nuovo calendario ecclesiastico, ecc. Tutto ciò scandalizza alquanto le anime con devozione e sensibilità ortodossa. Gli eterodossi d’altro lato, quelli che vanno ai convegni, si atteggiano da maestri, prendono ogni buon materiale dagli ortodossi, lo filtrano attraverso il loro studio nei loro laboratori, ci appongono il loro colore e la loro etichetta e lo presentano come se fosse un prototipo originale. Davanti a queste cose, il nostro attuale strano mondo si commuove e poi si rovina spiritualmente. Il Signore, però, quando sarà necessario, manifesterà dei Marco Eugenico e dei Gregorio Palamas che raccoglieranno tutti i nostri fratelli assai scandalizzati, perché confessino la fede ortodossa e consolidino la tradizione con grande gioia della Madre Chiesa.
Se vivessimo patristicamente, avremmo tutti salute spirituale, per la quale sarebbero gelosi anche tutti gli eterodossi al punto da lasciare i loro errori ammalati e salvarsi senza prediche. Oggi non si commuovono della nostra tradizione patristica, perché vogliono vedere anche la nostra continuazione patristica, ossia la nostra autentica affinità di parentela con i nostri Santi. Quello che s’impone ad ogni ortodosso è che metta una sana inquietudine anche agli eterodossi, in modo che capiscano di trovarsi nell’errore e il loro pensiero non si rassicuri in modo sbagliato venendo privati in questa vita delle ricche benedizioni dell’Ortodossia e nell’altra vita delle eterne benedizioni di Dio. Alla mia Kalivi [= piccola residenza monastica] vengono dei ragazzi cattolici di molta buona volontà, pronti a conoscere l’Ortodossia. «Vogliamo che ci dici qualcosa, per essere aiutati spiritualmente», mi dicono. «Guardate – dico loro –, prendete la Storia Ecclesiastica e vedrete che un tempo eravamo assieme ma poi ecco dove siamo arrivati. Questo vi aiuterà molto. Fate questo e la prossima volta discuteremo su molti argomenti».
Anticamente si rispettavano le cose, perché erano appartenute al proprio nonno, e venivano custodite come oggetti preziosi. Avevo conosciuto un avvocato molto bravo. La sua casa era semplice e faceva riposare non solo lui ma anche i visitatori. Una volta mi disse: «Padre, qualche anno fa i miei conoscenti mi prendevano in giro per i miei vecchi mobili. Ora vengono e li ammirano come dei pezzi d’antiquariato. Mentre usandoli mi danno gioia e mi commuovono perché mi ricordano mio padre, mia madre, i miei nonni, costoro raccolgono diverse cose vecchie, fanno dei salotti che sembrano negozi di rigattiere, in modo da dimenticarsi con queste cose e da dimenticare pure l’angoscia cosmica». Un tempo una piccola moneta antica era tenuta come un grande patrimonio di sua madre o di suo nonno. Oggi, se qualcuno ha da suo nonno una moneta di [re] Georgios [1922-1923 e 1935-1947] se per esempio nota che ha 100 dracme di differenza con una moneta del tempo della regina Vittoria, la scambierà. Non apprezza e non stima né la madre né il padre. Lo spirito europeo entra a poco a poco e ci travolge trascinando con sé tutto.
Quando sono stato per la prima volta al Monte Athos, mi ricordo in un monastero di un monaco vecchietto che aveva molta devozione. Conservava le cose “da nonno a nonno” per devozione. Dai suoi “nonni” [spirituali] e dai suoi predecessori non aveva avuto solo i kalimafchia [= berretti monastici], ma anche le forme con le quali si fanno i kalimafchia. Possedeva pure vecchi libri e diversi manoscritti e li custodiva avvolti in modo grazioso nella biblioteca, ben chiusa, perché non s’impolverassero. Non usava quei libri; li teneva chiusi. «Io non sono degno di leggere tali libri – diceva –. Leggerò questi altri che sono semplici: il Gherondikon e la Klimaka». Poi arrivò un nuovo monaco – che alla fine non rimase nel Monte Athos – e gli disse: «Perché raccogli qui della robaccia inutile?». Afferrò le forme per buttarle e bruciarle. Il povero vecchietto pianse: «Questo proviene da mio nonno – diceva –, perché ti da fastidio? Abbiamo tante altre stanze; lasciale in un piccolo angolo!». Per devozione non solo conservava libri, cimeli, kalimafchia, ma pure le stesse forme! Quando c’è rispetto per le piccole cose, c’è grande rispetto pure per le grandi. Quando non c’è rispetto per le piccole, non esiste rispetto neppure per le grandi. È stato così che i Padri hanno mantenuto la Tradizione».
(Tratto dal libro: Γέροντος Παϊσίου του Αγιορείτου, ΛΟΓΟΙ Α΄, Ιερόν Ησυχαστήριον Άγιος Ιωάννης ο Θεολόγος, Σουρωτή, Θεσσαλονίκη, pp. 347-350.)
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