venerdì 1 aprile 2022

C’eravamo tanto armati. Trentasettesimo giorno di guerra

Obiettivo, crudo e realistico, come sempre. La libertà di espressione finisce laddove inizia la libertà di disinformazione. Grazie a Capuozzo per il suo costante aggiustare il tiro su una narrazione quotidianamente oggetto di una sistematica falsificazione da parte dei media di sistema, con sporadiche eccezioni. 

Fiamme a Belgorod (Russia)
C’eravamo tanto armati
(trentasettesimo giorno di guerra)

La notizia che più mi ha colpito è stata la morte in combattimento, di Edy Ongaro. Quarantasei anni, da Portogruaro, era inquadrato in una brigata internazionale a fianco dei secessionisti del Donbass. Seguivo il suo profilo, qui su FB, anche se da tempo era chiaro che avesse altre cose da fare. Era un comunista vecchio stampo, che non negava le foibe, e piuttosto ne faceva una gloria della giustizia proletaria.  Riposi in pace, lui e la sua coerenza, che rivelano la grande confusione tra i cuori generosi e smarriti delle destre e delle sinistre più eccitabili. Leggo accuse taglienti tra camerati e tra compagni, e mi sembrano gli spasimi moribondi delle ideologie del ‘900.
Cosa ha a che fare l’autoritarismo di Putin, e la sua politica di potenza con il vecchio comunismo ?  Poco: solo l’assenza di libertà e la repressione del dissenso, anche sotto forma di Z tracciate sulle porte. 
Cosa ha a che fare l’Ucraina con la destra tradizionalista ? Poco: è un Occidente alla buona, fatto di Nato e laboratori chimici che è scomodo ospitare da noi, di badanti e utero in affitto, di un popolo che non vuole tornar sotto il grigiore del socialismo reale senza neanche il socialismo, e che per farlo ha rispolverato vecchi eroi collaborazionisti, e lustrato un nazionalismo etnico – il russo come lingua proibita - altro che libertà e democrazia.  
Il mondo, visto da queste mongolfiere ideologiche sembra un sanguinoso scherzo da primo aprile.  Meglio restare con i piedi per terra. E segnalare due o tre cose che forse possono spiegarci quel che ci attende nelle prossime settimane.
La guerra continuerà. Boris Johnson, per carattere il più torrenziale e sincero tra i  leader dice che Zelensky deve tener duro e non fare le concessioni cui lo spingerebbero Francia e Germania, frettolose di chiudere il conflitto.  Mi pare chiaro che i negoziati difficilmente approderanno a qualcosa di più dei corridoi umanitari. L’Occidente – devo ripetere che amo l’Occidente ? - vuole continuare. Gli ucraini sono  i nostri combattenti surrogati.
Come continuerà ? chiaro che nessuno può escludere incidenti, provocazioni, e le cosiddette false flag. Ma i fatti dicono che i russi hanno arretrato intorno a Kiev e addirittura mollato l’aeroporto di Hostomel che è il trampolino su Kiev. Non vogliono la capitale, che sarebbe difficilissima da prendere  e peggio ancora da controllare. Credo che la battaglia, forse finale, sarà attorno al Donbass. Cosa vuol dire ? Che gli ucraini saranno costretti ad avanzare, spesso allo scoperto, sollecitati dal proprio orgoglio e dall’Occidente, e la tattica si rovescia, con i russi trincerati ad attenderli. Piccola ma significativa notizia (sì, bisogna diffidare anche delle notizie...): elicotteri ucraini avrebbero colpito un deposito di carburante a Belgorod, dentro il territorio russo.
Questo cambierà un po’ la narrazione, da noi. Perché una cosa è parlare di un piccolo popolo aggredito, che ha il diritto di difendersi. E un’altra parlare di un popolo ben armato che aspira alle terre irredente (linguaggio da ‘900, parte prima). Non siamo stati disposti a morire per Kiev, lo saremo per Donetsk ? Manderemo armi per la gloria di un’Ucraina indivisibile ?  Ho la sensazione che la trappola, finora aperta sull’invasione russa, stia girando dall’altra parte. Con un grande punto di domanda: il destino di Odessa.
Ultime due cose: avremo il gas, credo. Come altri paesi europei pagheremo in euro, la banca della Gazprom farà il cambio, intascando preziosa valuta estera e  metterà il timbro “pagato” in rubli. Il rublo è tornato ai valori anteguerra, e le rese dei conti si fanno così: una via d’uscita che salvi la faccia a tutti, senza umiliazioni.
Mi ha colpito un dettaglio, studiando la decomunistizzazione dell’Ucraina. Il grande viale che a Kiev si chiamava Prospettiva Mosca venne cambiato in viale Stepan Bandera, collaborazionista dei nazisti. Ovvio che a est e in Russia non l’avessero presa bene. Invece in un villaggio arguto c’è stato un cambio poco costoso anche in termini di cartelli stradali su cui nessuno poteva recriminare: via Lenin è diventata via Lennon.  Proviamo a immaginare, se i piccoli villaggi potessero decidere come va il mondo.
Nella foto, fiamme a Belgorod, Russia. (Toni Capuozzo)

3 commenti:

  1. Dalla rete

    Cosa significa l’emblema “Z” che i combattenti russi espongono fieramente ovunque a cominciare dai “tanks” ?
    Non è la lettera zeta, nell’alfabeto russo, il cirillico, non esiste.

    Lo Z è un antico simbolo cristiano ortodosso. Importantissimo per i popoli slavi, fornisce protezione dalle forze oscure.

    La barra superiore dello Z rappresenta il Paradiso, DIO, quella inferiore la Terra, il Figlio, mentre la diagonale: lo Spirito Santo che contemporaneamente congiunge e chiude lo spazio tra cielo e terra, sbarrando l'ingresso al male.
    Questo simbolo ancestrale è la più antica preghiera slava praticata oggi, come “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen"

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  2. A me è stato detto3 aprile 2022 alle ore 11:24

    È il Nastro di San Giorgio che sconfisse il Drago cui i Russi sono devoti dopo aver sconfitto i Nazisti tedeschi nella seconda Guerra Mondiale...

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  3. Non solo la Z (che appartiene al distaccamento dell' esercito che combatte a Ovest) ma anche la V (che appartiene al distaccamento che sovraintende la zona Est). Ma questa è solo una spiegazioni dal punto di vista militare.
    Ad ogni modo: la Z sta anche per l'inizio della frase "Za pobedu" ovvero "Per la vittoria" oppure "vincere". Una frase motivante usata spesso nelle competizioni anche sportive in Russia

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