Dulce lignum dulces clavos dulce pondus sustinet
La tenerezza del testo che risale al 570, così come della melodia gregoriana per il suo canto, non nasconde ma anzi esalta la teologia del Venerdì Santo e la esprime con solennità poetica e sonora.
Si tratta di una tenera delicatezza che non scade mai, tuttavia, in un mellifluo sentimentalismo pietista o in pauperismo teologico dozzinale. Anzi, fa emergere con la solennità del ritmo latino del testo e dispiega tutta la comprensione teologica del Santo e cruento Sacrificio di Cristo sulla Croce.
“Hoc opus nostrae saluti orto depoposcerat, multiformi perditoris ars ut artem facere et medelam ferret inde, hostis unde laeserat”: il piano della nostra salvezza aveva richiesto questo passaggio, per vanificare con astuzia, l’astuzia del multiforme corruttore [Satana] e per portare un rimedio proprio di là da dove il nemico aveva colpito.
E ancora: “En acetum, fel, arundo, sputa, clavi, lancea; mite corpus perforatur; sanguis, unda profluit, terra pontus astra mundus quo lavantur flumine” – Ecco aceto, fiele, canna, sputi, chiodo, lancia; il corpo mansueto è perforato e ne scaturiscono sangue ed acqua; la cui corrente lava la terra, il mare, le stelle, il mondo!
E, infine: “Sola digna tu fuisti ferre pretium saeculi atque portum praeparare nauta mundo naufrago, quem sacer cruor perunxit fusus agni corpore” – Tu sola fosti degna di portare il riscatto della stirpe [umana] e di preparare un porto all’umanità, [ridotta come un] navigante naufrago, che il sangue sacro, effuso dal corpo dell’Agnello, ha unto.
Oltre un secolo prima di san Venanzio Fortunato, in un’omelia del Venerdì Santo databile al 420, sant’Agostino aveva indicato non come celebrare degnamente il Venerdì Santo ma anche il contenuto teologico della celebrazione: “Con solennità si legge, con solennità si celebra la passione di colui col cui sangue i nostri peccati sono stati cancellati, perché con la devota ricorrenza annuale se ne rinnovi il ricordo con più gioia e anche per la maggiore affluenza di gente la nostra fede sia più chiaramente illuminata.” (Sermo 218, De Passione Domini in Parasceve)
E sempre in un altro discorso sulla Passione aggiungeva: “La passione del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo è fiducia della gloria e dottrina di pazienza. Che cosa infatti non si riprometteranno dalla grazia di Dio i cuori dei fedeli, quando per essi il Figlio unigenito di Dio, coeterno col Padre non si è contentato di nascere uomo dall’uomo, ma ha voluto addirittura morire dalle mani degli uomini, che lui stesso aveva creati? È gran cosa quel che il Signore ci promette per il futuro; ma molto più grande è quel che celebriamo come già fatto per noi” (Sermo 218/C, De Passione Domini).
Gregorio Nazianzeno, chiamato anche Gregorio il Teologo, già ai sui tempi scriveva: “Adesso occorre che noi consideriamo il problema e il dogma, spesso passato sotto silenzio, ma che per questo motivo io voglio indagare con maggiore impegno: questo prezioso e glorioso sangue divino, sparso per noi: per quale ragione e per qual fine è stato pagato un tale prezzo?” (Sermo 45, 22).
Leggendo i testi della Via Crucis, che la suprema Autorità della Chiesa Cattolica presiederà in mondovisione in questo Venerdì Santo, c’è da trasecolare smarriti e da chiedersi chi e cosa possa aver ispirato un tale delirio.
Si dirà è stata scritta da dei bambini! Appunto!
Ma, allora, questi deliziosi pargoli da quale catechismo sono stati istruiti? Che razza di Vangelo è stato loro letto e insegnato? Quali educatori della Fede e alla Fede Cattolica li hanno preparati, formati e accompagnati per scrivere un testo tanto importante quanto rilevante, dato che avrà risonanza Urbi et Orbi?
Dal Catechismo della Chiesa Cattolica possiamo direttamente apprendere alcuni contenuti essenziali del Mistero di Passione, Morte e Resurrezione del Signore Gesù Cristo.
Innalzi tutto, che questo mistero e non i poveri (come dice qualcun altro!) sono “al dentro della Buona Novella che gli Apostoli, e la Chiesa dopo di loro, devono annunciare al mondo” e che in tale mistero “il disegno salvifico di Dio sì è compiuto” (n. 517).
Che proprio consegnando il suo Figlio per i nostri peccati, poi, “Dio manifesta che il suo disegno su di noi è di amore benevolo che precede ogni merito da parte nostra” (n. 604).
Che, ancora, l’amore fino alla fine “conferisce valore di redenzione e di riparazione, di espiazione e di soddisfazione al sacrificio di Cristo” (n. 616).
Che, infine, proprio la sua Passione e Morte in Croce rendono il Cristo Signore della vita eterna. Infatti questo Mistero conferisce a Lui e a Lui solo “Il pieno diritto di giudicare definitivamente le opere e i cuori degli uomini appartiene a lui in quanto Redentore del mondo. Egli ha acquisito » questo diritto con la sua croce. Anche il Padre « ha rimesso ogni giudizio al Figlio » Ora, il Figlio non è venuto per giudicare, ma per salvare e per donare la vita che è in lui. È per il rifiuto della grazia nella vita presente che ognuno si giudica già da se stesso, riceve secondo le sue opere e può anche condannarsi per l’eternità rifiutando lo Spirito d’amore” (n. 679).
Di tutto questo non vi è traccia nelle politicamente corrette stazioni della Via Crucis di questo Santo Venerdì dell’anno di grazia 2021.
Anzi, alcuni accostamenti – nella preghiera introduttiva per limitarci a questo -, alla Croce di Cristo lasciano sgomenti: “Caro Gesù, Tu sai che anche noi bambini abbiamo delle croci, che non sono né più leggere né più pesanti di quelle dei grandi, ma sono delle vere e proprie croci ...Solo Tu sai quanto è difficile non riuscire a trattenermi e risvegliarmi ogni mattina tutto bagnato” (sic!).
Certo, nessuno potrebbe pretendere di presentare a dei bambini – ammesso che tutto sia frutto del loro sacco! – The Passion di Mel Gibson o far leggere loro il testo completo della Expositio Passionis Domini di San Tommaso Moro come introduzione necessaria e indispensabile per meditare la Passione di Cristo, ma neppure passare dalla diuresi notturna al Calvario appare un modello catechetico adeguato.
Da troppo tempo, in realtà, la Chiesa Cattolica ha occultato e dissimulato questo inscindibile e Grande Sacramento dell’universale Salvezza che è la Passione, la Morte e la Resurrezione, dimenticando che senza di esso e senza la sua piena comprensione anche la Chiesa non serve più a nulla!
Scrive Hans Urs von Balthasar: “La Chiesa non è stata fondata per se stessa [...] Non la Chiesa, ma il mondo è stato globalmente riconciliato con il Padre attraverso la morte e la resurrezione di Cristo. E, tuttavia, la riconciliazione avvenuta ha bisogno del ministero ecclesiale al servizio di questa riconciliazione […] Il ministero di riconciliazione della Chiesa non è però soltanto una supplica ma un impegno totale dell’esistenza” (Theologie per dei Tage, in Misterium Salutis, III/2, 1969, tr. italiana: Teologia dei tre giorni, Brescia, 1990, p. 234).
E Joseph Ratzinger, in un testo del 1971, rimarcando la necessita di concepire la Chiesa come la Chiesa di Cristo, cioè totalmente e imprescindibilmente dipendente dal suo Mistero di Redenzione, scriveva: “Al posto della Sua Chiesa [di Cristo, ndr] è subentrata la nostra e con essa le molte chiese: ognuno ha la propria. Le chiese sono diventate nostre imprese, di cui siamo orgogliosi o ci vergogniamo, tante piccole proprietà private che stanno una accanto all’altra, chiese soltanto nostre, che noi stessi costruiamo, che sono opera e proprietà nostra, e che noi vogliamo trasformare o conservare come tali. Dietro alla “nostra Chiesa” o anche alla “vostra Chiesa” è scomparsa la “Sua Chiesa”. Ma solo quest’ultima interessa e se non esiste più anche la “nostra” Chiesa deve abdicare. Se fosse soltanto nostra, la Chiesa sarebbe solo un inutile gioco da bambini” (Perché sono ancora nella Chiesa, in: Hans Urs Von Balthasar e Joseph Ratzinger, 2 Plädoyers. Warum ich noch ein Christ bin. Warum ich noch in der Kirche bin, München, 1971, p. 89).
Quando la Sua Chiesa – quell’unica di Cristo – scompare, e qualcuno gioca a creare la Sua Chiesa – quella tanto declamata “chiesa di Francesco” – tutto diventa un gioco di e per bambini, come la Via Crucis di quest’anno già in sé e per sé tanto tribolato.
Gian Pietro Caliari
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1. Crux fidelis, inter omnes arbor una nobilis,
nulla talem silva profert flore, fronde, germine,
dulce lignum dulce clavo dulce pondus sustinens
Scelte di difficile comprensione e ancora più difficili da accettare.
RispondiEliminaRestiamo saldi e perseveranti nella Fede per mezzo del Vangelo e degli insegnamenti dei padri della Chiesa.
Scelte di difficile comprensione e ancora più difficili da accettare.
RispondiEliminaRestiamo saldi e perseveranti nella Fede per mezzo del Vangelo e degli insegnamenti dei padri della Chiesa.