mercoledì 23 giugno 2021

Margarita Pavlova, la senatrice russa che smaschera le Ong e difende i valori

La notizia è che sia una notizia. Che non sarebbe tale se andasse ancora vagamente di moda il caro vecchio buon senso, ma ahimè deve aver fatto il suo tempo anche in Paesi che nell’immaginario collettivo sono esenti da pericoli. Il Consiglio della Federazione russa reagisce alla propaganda anti-famiglia grazie ad una donna. Ebbene sì, nel mese del cosiddetto Pride, mentre le ambasciate di gran parte dei Paesi Occidentali si tingono dei colori dell’arcobaleno Lgbt (che ha un colore in meno dell’arcobaleno vero), mentre in tutti i campi, persino in quelli sportivi, si celebra l’amore sentimentalmente inteso, quello “inclusivo”, qualcuno ha l’audacia di nuotare in senso contrario. Nelle scorse settimane è toccato all’Ungheria, che ha vietato la divulgazione nelle scuole di contenuti e materiale improntato sull’ideologia gender, stavolta invece è stata una senatrice russa ad alzarsi in piedi. Si tratta di Margarita Pavlova, classe 1979 membro della commissione del Consiglio della Federazione per la protezione della sovranità statale.

In occasione di una riunione della commissione ha parlato così: 
«Va tenuto presente che le forze esterne e gli stati ostili che sostengono i conflitti interetnici e interreligiosi nel nostro paese e l’estremismo che si sviluppa sulla loro base, forniscono anche un supporto completo per la promozione in Russia di ideologie distruttive della famiglia e valori tradizionali tutelati dalla nostra Costituzione. Parliamo di propaganda contro i diritti dei genitori, femminismo radicale, promozione dell’aborto e dell’identità di genere, ideologia LGBT. Tutto ciò minaccia direttamente anche la sicurezza nazionale della Russia minando una delle sue basi più importanti: la famiglia».
L’intervento della Pavlova ha preso spunto dall’ennesimo caso di finanziamento richiesto da alcune Ong vicine a George Soros che, con la scusa della “prevenzione delle violenze di genere” mettono in campo progetti improntati sul femminismo radicale e tutto quello che ne consegue (e che precede).
«Sono convinta che il tema della protezione della famiglia e dei valori familiari tradizionali nel contesto della garanzia della sicurezza nazionale della Russia debba ricevere un’attenzione speciale. Non è un caso che questo sia esattamente ciò che ha affermato il presidente russo Putin nelle sue recenti direttive al governo. Vorrei anche attirare l’attenzione sul fatto che oggi i rappresentanti delle forze distruttive spesso dipingono le forze civili sane come “estremisti”. Si tratta di cittadini che difendono i loro diritti e i nostri valori più importanti, ma i pochi sostenitori di ideologie distruttive, agendo con l’appoggio di forze straniere ostili alla Russia, cercano di attaccare loro un’etichetta, che non viene risparmiata nemmeno alla Chiesa ortodossa russa».
Niente di nuovo sotto il sole. La vera notizia è che ancora in molti non vedono, o fingono di non vedere che c’è una regia mondiale che cerca di imporre una visione antropologica anti cristiana, e che cerca di penetrare anche nelle realtà più resistenti come quella della federazione russa. Stavolta a fermarla è stata una donna. Fonte

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