martedì 5 luglio 2022

Papa Francesco, cosa dice Desiderio desideravi

Nella nostra traduzione da Monday Vatican un articolo di Andrea Gagliarducci sulla Lettera Apostolica Desiderio desideravi. Qui l'indice dei precedenti.
Papa Francesco, cosa dice Desiderio desideravi

La Lettera apostolica numero 83 di Papa Francesco è la risposta del Papa alla questione della Messa tradizionale. Uscita il 29 giugno e formalmente firmata a San Giovanni in Laterano perché il Papa ha preferito questa formula per sottolineare il suo ruolo di Vescovo di Roma, Desiderio desideravi si compone di 65 paragrafi e, in pratica, è un piccolo riassunto del pensiero del Papa. Formalmente si riferisce alla liturgia. Tuttavia, la lettera dice molto di più.

La prima cosa a evidenziarsi è che Papa Francesco usa la forma di una Lettera apostolica dopo averlo già fatto 82 volte. Papa Francesco preferisce rivolgersi direttamente al popolo di Dio [non più visto come corpo mistico di Cristo -ndT]. Se le sue posizioni ufficiali sono Lettere apostoliche, altre questioni più informali sono accompagnate da Lettere indirizzate direttamente al popolo.

Per Papa Francesco la Lettera apostolica è un metodo di governo e un modo di esercitare il potere. Ma, come sempre, la forma è anche sostanza. E chi vedesse una mancanza di forma in questa informalità di Papa Francesco sbaglierebbe.

Papa Francesco intende rivolgersi direttamente al popolo di Dio, senza filtri. Lo testimonia il fatto che la Lettera è in prima persona e non manca di esprimere il suo pensiero personale. La lettera contiene, è vero, molte citazioni, anche dotte; ma tutte riconducibili al piano di Papa Francesco atto a giustificare il suo pensiero. Del resto egli costruisce tesi e non apre dibattiti [ha più volte detto che apre processi... e ne ha aperti parecchi, tutti rivoluzionari -ndT].

Questa Lettera apostolica vuole chiudere ogni discussione.

In secondo luogo è da considerare lo stile molto personale della Lettera. Anche se altri Papi hanno usato stili personali o si sono rivolti direttamente, con toni accorati, ai vescovi e al popolo di Dio. Per citare un esempio recente, Benedetto XVI lo ha fatto in almeno due occasioni cruciali: quando ha scritto ai vescovi e al popolo d’Irlanda scosso dal caso degli abusi, e quando ha scritto ai suoi confratelli nell’episcopato a seguito delle polemiche intorno alla revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani.

Quella sui lefebvriani è stata definita semplicemente come una Lettera; quella ai cattolici d’Irlanda, come Lettera pastorale. La Lettera apostolica è senza dubbio meno importante di una Costituzione apostolica, di un’Enciclica o di un’Esortazione apostolica, ma resta espressione del magistero papale.

Quindi, con Papa Francesco, un punto di vista personale diventa magistero. Lo stesso è avvenuto in altri casi durante questo pontificato. Il caso più noto è quando ha deciso che una Lettera da lui inviata ai vescovi argentini [vedi] in merito all’applicazione dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia fosse inserita negli Acta Apostolicae Sedis, i documenti ufficiali della Santa Sede.

Da questi approcci, possiamo notare che Papa Francesco è un Papa più accentratore di quanto voglia mostrare. Si parla molto di sinodalità e parresia, ma abbiamo un Papa che legifera attraverso Motu proprio e ufficializza le sue opinioni con Lettere apostoliche. È spunto di riflessione.

Da qui il terzo punto cui prestare attenzione: l’idea di unità di Papa Francesco.

Al numero 61 della Lettera apostolica, il Papa scrive che «siamo chiamati continuamente a riscoprire la ricchezza dei principi generali esposti nei primi numeri della Sacrosanctum Concilium comprendendo l’intimo legame tra la prima delle Costituzioni conciliari e tutte le altre». «Per questo motivo – aggiunge – non possiamo tornare a quella forma rituale che i Padri conciliari, cum Petro e sub Petro, hanno sentito la necessità di riformare, approvando, sotto la guida dello Spirito e secondo la loro coscienza di pastori, i principi da cui è nata la riforma».

Papa Francesco descrive la Traditionis custodes, che ha abolito la liberalizzazione del rito antico, come un gesto di continuità con le decisioni di Paolo VI e Giovanni Paolo II. Spiega di averlo scritto «perché la Chiesa possa elevare, nella varietà delle lingue, una sola e identica preghiera capace di esprimere la sua unità. Questa unità, come già ho scritto, intendo che sia ristabilita in tutta la Chiesa di Rito Romano».

In pratica, il Papa impone l’unità con la forza. È esclusivo invece di essere inclusivo; il che è paradossale, visto che l’intero pontificato è stato improntato alla inclusività.

In precedenza, la Chiesa ha cercato di includere coloro che uscivano da intese generali, purché mostrassero di voler rimanere in comunione con la Chiesa. Giovanni Paolo II ha cercato fino all'ultimo di sanare la frattura con i lefebvriani e ha subìto solo la consacrazione illecita di quattro vescovi.

Benedetto XVI ha risolto il problema consentendo la liberalizzazione del rito antico ma chiedendo ai lefebvriani di firmare un documento preliminare in cui accettavano il Concilio Vaticano II per la comunione con Roma. [1]

Papa Francesco adotta un approccio diverso. Tratta coloro che sono al di fuori della Chiesa con il massimo rispetto, e i lefebvriani hanno visto convalidare confessioni e matrimoni durante questo pontificato. Allo stesso tempo Fellay, l’ex capo della Fraternità Sacerdotale San Pio X, è stato anche giudice in alcuni procedimenti rotali.

Tuttavia, chi resta all’interno della Chiesa e ha punti di vista diversi è subito costretto a fare marcia indietro perché Papa Francesco ha un’opinione precisa su cosa dovrebbe essere la pluralità. Alla fine, anche in questo, Francesco è un Papa che esercita il comando da solo.

Non c’è dubbio: Desiderio desideravi ha anche passaggi affascinanti e belli sulla formazione dei sacerdoti nella liturgia e sulla stessa liturgia e un invito puntuale al recupero dei simboli. Eppure Desiderio desideravi è anche una fantastica immersione nella mente di Papa Francesco. Fino alla prossima puntata.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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Nota di Chiesa e post-concilio
1. È vero, invece, che l'intenzione di Benedetto XVI, attraverso il Summorum pontificum non era affatto quella di favorire l'accordo con i lefebvriani (lo ha negato esplicitamente), ma di dare il suo posto al tesoro della tradizione della Chiesa e, se possibile, il famoso "arricchimento reciproco" per infondere un po' di tradizione nel nuovo rito (la presto tramontata 'Riforma della riforma').

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