giovedì 20 gennaio 2022

L'erosione della coesione sociale ha raggiunto livelli di ingovernabilità che rivelano la crisi ontologica del sistema

L'erosione della coesione sociale preoccupa le stesse élite che ne sono responsabili e comincia a rivelare tutte le problematiche generate dalle dinamiche non tutte gestibili della complessità insieme ai rischi connessi con l'eterogeneità dei fini. L'analisi ripresa di seguito è essenziale, ma apre molti usci di comprensione e approfondimento. Siamo consapevoli che la crisi epocale che ne risulta è originata dalla scristianizzazione dell'intero Occidente e dunque anche che ogni soluzione non è efficace se continua ad espungere il Soprannaturale, che gli analisti laici che vanno per la maggiore continuano a non mettere in campo. 

L'erosione della coesione sociale ora
preoccupa le stesse élite che ne sono responsabili

Il dodicesimo rapporto del World Economic Forum di Davos pone come problema principale, secondo il sentimento degli intervistati nella ricerca, lo smembramento delle società messe sotto la trazione di forze disaggreganti. È la prima volta da quando viene fatto, che le principali problematiche lette come più rischiose, sono relative al campo sociale che assieme ad “ambiente”, “geopolitica”, “economia” e “tecnologia” formano il pentagono di argomenti di solito monitorati. Il rapporto consiste di interviste fatte a circa mille tra CEO, studiosi, politici, ONG ed organizzazioni internazionali e di tutti questi, i più sensibili al problema posto in primo piano, sono proprio coloro che provengono dal mondo del business. Tale problema si declina principalmente in tre elementi: 
  1. erosione della coesione sociale; 
  2. deterioramento della salute mentale; 
  3. vere e proprie crisi di sussistenza, dovuti ad un insieme di trazioni date dalla pandemia, da come viene affrontata, dagli effetti che produce su un corpo sociale già debilitato da anni di dominio ideologico e pratico estremista. 
Al trittico iniziale segue la disillusione giovanile, il fallimento delle infrastrutture pubbliche, il collasso della sicurezza sociale e così via. 
Ad alcuni potrà sembrare strano che questo condensato di élite, sia preoccupato di tali questioni, come se fossero accidenti piovuti dalla malasorte quando sappiamo bene che tale stato di crisi sistemica ha sicuramente buona parte di causa proprio nelle élite di sistema. Eppure, il senso del problema è proprio in questa dissociazione. 
Le élite di sistema, contrariamente a quanto ci piace ed al contempo dispiace pensare, sfruttano localmente il sistema, ma non lo governano affatto. Il sistema si forma per l’azione cieca di migliaia e migliaia di spinte e controspinte, non ha architetti, non ha demiurghi, non ha grandi artefici. Investito da una crisi tra le tante già previste, rivela le fratture profonde che ne erodono la consistenza. Fratture che architetti, demiurghi ed artefici non avrebbero permesso si potessero formare ed approfondire oltre un certo limite che è il limite di consistenza minima del sistema sociale. 
La crisi sociale è quindi figlia della stupidità, dell’irresponsabilità, dell’inadeguatezza. In realtà, la società in un mondo complesso è sistema sempre più precario, né autorganizzato, né governato. Quindi, all’impatto con una crisi esogena, tende a disgregarsi. 
Il campione dei rispondenti è al 70% circa formato da europei e americani (Nord e Sud) sebbene in termini demografici, questi rappresentino solo poco più del 20% del mondo. Come insieme dai bordi sfumati, possiamo definirlo come “civiltà occidentale”. C’è una letteratura dedicata alle crisi di civiltà sebbene questa non sia poi così ampia.
In breve, si può dire che una società (e la loro messa a sistema nel concetto di civiltà) ha un ordine e tale ordinamento produce una élite di sistema. Una solida e longeva civiltà ha successo adattivo per un lungo tratto di tempo, poi cambia qualcosa. Sebbene ai più piaccia osservare le ragioni interne causative dell’entrata in uno stato di crisi, le crisi più profonde provengono da mutamenti nel contesto. Cambia il contesto, quel sistema adattato ad un diverso contesto non recepisce il mutante scenario, le élite di sistema giustificate dal precedente ordinamento sono le più ostinate e negare i dati di novità, la società o civiltà non cambia in accordo ai tempi, diventa dis-adatta, implode o esplode in una fine spaventosa ma molto più spesso in uno spavento senza fine. Capitò ai Romani, ai medioevali ora tocca ai moderni.
Così, i signori di Davos, dopo esseri per un decennio e passa preoccupati (ma non occupati) di problemi ambientali ma più spesso solo climatici, di geopolitica, di macrotrend economici, di sviluppi ed impatti tecnologici, scoprono oggi che tutto ciò impatta sempre e solo su un punto specifico: il sistema di vita associata.
Peccato questo non abbia un suo difensore d’ufficio, nessuno si è preoccupato della consistenza delle nostre forme di vita associata in queste ultimi decenni (e passa), la società era data, esistente da sempre e per sempre, ignota nella sua complessità, a volte addirittura negata in pronunciamenti propagandistici di palese assurdità. Una riedizione della famosa “tragedia dei beni comuni” essendo la società l’idealtipo del concetto di “bene comune”. Ora scoprono che questo sistema principale di cui pure loro farebbero parte e da cui dipende lo stesso loro status di élite di sistema, non ha consistenza e fluidità infinita, tirato di qui e tirato di là, si spacca. Prima di spaccarsi dà vita a quei “fenomeni morbosi più svariati” previsti dal Gramsci nei periodi di crisi strutturale, lì dove le “classi dirigenti” non sono più dirigenti ma solo dominanti. Questa è la “crisi di autorità” derivata da una crisi di funzionalità. Se la società non funziona più, se il contratto sociale è stracciato, ognuno fa per sé, rotta la reciprocità si rompe la fiducia.
Ricerche su argomenti così complessi si prestano a diversi tipi di letture, anche approfondendo le griglie dei dati. Tant’è che mentre la “questione sociale” appare chiara e prioritaria nella percezione degli intervistati, soprattutto quelli provenienti dal cuore del sistema (l’economico), scorrendo la stampa nazionale ed internazionale, l’attenzione dei titoli e degli attacchi degli articoli, è andata alla questione climatica sebbene nella prospettiva a dieci anni. Sembra quindi che le élite operative di sistema (il mondo del business) siano più ricettive dei dati di realtà dei servitori di sistema, questi pare non recepiscano l’evidenza dei fatti e continuino a recitare la partitura del discorso pubblico preimpostato. È anche questa dissociazione dalla realtà che denota lo stato di crisi ontologica del sistema e nel sistema, ci piaccia o no, ci siamo tutti. (Pierluigi Fagan)
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- Global Risk Report 2022 (da navigare): https://www.weforum.org/reports/global-risks-report-2022/data-on-global-risks-perceptions
- Rapporto Oxfam per il WEF: https://policy-practice.oxfam.org/resources/inequality-kills-the-unparalleled-action-needed-to-combat-unprecedented-inequal-621341/
- Articolo giornalistico di sintesi: https://www.fastcompany.com/90712209/why-global-leaders-are-terrified-about-social-cohesion-erosion

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