sabato 23 dicembre 2023

Il Cardinal Gregory e il rito ‘dominante’

Nella nostra traduzione da Catholic Culture l'articolo che segue mette in risalto una interessante lettura critica di una delle purtroppo frequenti stroncature della Messa antica da parte di un pastore. Il succo del suo discorso attribuisce ai sacerdoti la responsabilità dei problemi presenti nella Chiesa statunitense per aver imposto alle parrocchie le loro preferenze liturgiche. E' per questo che Papa Francesco  — e lui non da meno — hanno affrontato il problema attraverso restrizioni sulla Messa dei secoli. Quanto all'articolo, la citazione dalla Dei Verbum ci rivela che siamo di fronte ad un Autore conservatore piuttosto che amante della Tradizione perenne e la ragione è spiegata nella nota 1. Capita spesso di dover integrare l'analisi di testi commestibili, ma con qualche variazione (di evidente conio conciliare) che in genere può sfuggire ad una lettura superficiale. Qui l'indice degli articoli sulla Traditionis custodes e restrizioni successive.

Il Cardinal Gregory e il rito ‘dominante’
di Phil Lawler

“La tradizione muore lentamente, a volte in modo cruento”, ha affermato il Cardinal Wilton Gregory davanti ad un uditorio presso la Catholic University all’inizio di questo mese. Ma se muore la tradizione, muore anche l’autorità del Cardinal Gregory.

Pensateci: quale autorità ha un vescovo se non perché rappresenta la sacra tradizione della Chiesa cattolica, che è intesa a “sostenere e insegnare la fede cattolica che ci viene dagli apostoli”, e perché di fatto è un successore degli apostoli?

Il Concilio Vaticano II, nella Dei Verbum1, insegna che Scrittura e Tradizione (con la T maiuscola), “che provengono dalla stessa fonte divina, in certo modo si fondono in una unità e tendono al medesimo fine”. Pertanto, Tradizione e Scrittura “vanno accolte e venerate con lo stesso spirito di lealtà e di riverenza”. Insieme, queste due correnti di saggezza nutrono la fede cattolica, e quando l’affidamento a quella fede diminuisce, diminuisce anche la tradizione (con la t minuscola) del rispetto per la gerarchia cattolica. Persino nella nostra società secolarizzata, e anche dopo anni di scandali, la maggior parte degli americani tratta ancora i prelati cattolici con segni almeno esteriori di rispetto.

Quando sono tornato nella mia natia Boston, dopo diversi anni trascorsi in varie città, sono rimasto colpito dal fatto che durante le riunioni pubbliche tutti si alzavano quando il cardinale o l’arcivescovo entrava nella stanza. A volte mi rendevo conto perfettamente che molti dei presenti non nutrivano altro che disprezzo per la fede cattolica e anche per la persona del cardinale. Ma si alzavano in piedi in segno di rispetto. Anche quella deferenza morirà se la tradizione verrà infranta. Potrebbe essere letteralmente una morte cruenta, come aveva previsto il defunto Cardinal George.

Ma per essere onesti, quando ha fatto questa osservazione sulla tradizione, il Cardinal Gregory non si riferiva alla Sacra Tradizione (con la T maiuscola), né alle tradizioni locali (con la t minuscola), ma in particolare alla liturgia tradizionale: alla Messa tridentina, alla Messa tradizionale in latino. Stava rispondendo a una domanda su come gli studenti dell’Università Cattolica dovrebbero rispondere ai loro compagni di classe che chiedono “perché non posso partecipare alla Messa tradizionale in latino qui nel campus”.

Rispondendo a questa domanda, il Cardinal Gregory ha affermato che quando Papa Paolo VI ha introdotto il Novus Ordo, “era suo desiderio, il suo intento, dire che quando quella generazione se ne sarebbe andata, tutti sarebbero cresciuti all’interno della nuova Messa”. Con la Traditionis Custodes, ha proseguito, Papa Francesco “cerca di portare a termine ciò che Paolo VI ha iniziato, cioè rendere un rito — il nuovo rito — il rito dominante, ma con eccezioni, modeste eccezioni”.

Si presti molta attenzione all’aggettivo usato dal cardinale: il Novus Ordo è il rito “dominante”. Nessuno contesta questo dominio. La stragrande maggioranza dei cattolici frequenta il Novus Ordo; di fatto solo una piccola minoranza ha partecipato alla Messa tradizionale in latino. Ma ciò risponde alla domanda sul perché quest’ultima non può essere celebrata nel campus? (È interessante notare in questo contesto che il cardinale Gregory era andato alla Catholic University per parlare del valore della diversità.)

Il cardinale ha spiegato che quando è venuto a Washington come arcivescovo, si poteva accedere alla Messa tradizionale in latino in diversi luoghi: il Cardinal Hickey l’ha istituita qui nel 1988 in tre chiese, poi all’improvviso è cresciuta e veniva celebrata in otto chiese. Quindi è tornata al numero di Hickey…”. Anche in questo caso il linguaggio del Cardinal Gregory è rivelatore. In un momento in cui la frequenza alla Messa era generalmente in calo, la Messa antica rappresentava un’eccezione: “all’improvviso è cresciuta”. Perché? Il cardinale ha dato una risposta: “In molti dei luoghi dove il rito tridentino è cresciuto, lo ha fatto perché i sacerdoti lo promuovevano, e non perché…”. E poi si è interrotto e ha ricominciato. Non poteva continuare dicendo che la gente non voleva la Messa tradizionale in latino perché… beh, se nessuno l’avesse voluta, la domanda non sarebbe mai stata posta, la Traditionis Custodes non sarebbe mai stata scritta, l’intera questione sarebbe irrilevante.

Ma il Cardinal Gregory presenta una nuova teoria secondo cui solo i sacerdoti avrebbero sostenuto la Messa tradizionale in latino — che laddove il pastore l’ha introdotta, “ne ha creato il bisogno in luoghi dove non ce n’era bisogno”. Sembra che il cardinale si schieri con quegli economisti che credono che l’offerta crei la domanda. Un momento: a nessun cattolico è richiesto di partecipare alla Messa tradizionale. I pastori avrebbero continuato a celebrare nella liturgia tradizionale se non fosse andato nessuno a Messa? Le famiglie cattoliche inizierebbero forse a percorrere lunghe distanze per partecipare alla Messa tradizionale — come molti fanno ancora — se “non ce ne fosse bisogno”?

In un certo senso — sicuramente non nel modo suggerito dal Cardinal Gregory — forse molti sacerdoti hanno creato il bisogno della Messa tradizionale in latino, celebrando la liturgia del Novus Ordo in modo così banale che i cattolici hanno sviluppato una nuova sete di ordine e riverenza.

Si consideri l'Edsel: il frutto dell'ingegno dei dirigenti della Ford. Lanciata con una vigorosa campagna di marketing, la nuova, fiammante auto non è riuscita a vendere. I consumatori americani non ne vedevano la necessità; avevano alternative migliori. L’offerta di Edsel non ne ha creato una domanda. Ma continua ad esserci domanda di Messa tradizionale in latino: alcuni cattolici ne sentono il bisogno. Dire che il Novus Ordo è “il rito dominante” significa affermare l’ovvio, non rispondere alla domanda.
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Nota di Chiesa e post-concilio
La Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione, la Dei Verbum, nel II Cap. paragrafi 7-10 ha per oggetto La trasmissione della Rivelazione. Il paragrafo 9 sancisce le relazioni tra Scrittura e Tradizione, il 10 quelle tra Tradizione-Scrittura e Chiesa-Magistero. È proprio qui che avviene la confusione con l'espressione “coalescunt un unum”, riferita ai tre concetti: Scrittura, Tradizione e Magistero. E quindi Scrittura Tradizione e Magistero diventano un tutt’uno così “da non poter sussistere indipendentemente”.
Mons. Gherardini dimostra che la Dei Verbum accantona la dottrina definita dal Tridentino e dal Vaticano I sulle “due Fonti” della Rivelazione (Tradizione e Scrittura), per far confluire Tradizione e Magistero nella Scrittura. Infatti, soprattutto nel punto 10 « il precedente Magistero è spazzato via all’insegna d’una radicale tanto quanto insostenibile unificazione. Unificati sono i concetti di Scrittura, Tradizione e Magistero. […]. La “reductio ad unum” della Dei Verbum, pertanto, corregge se non proprio non cancella letteralmente il dettato del Tridentino e del Vaticano I».(1) E ciò perché la Tradizione si sarebbe travasata nella Scrittura, di cui il Magistero non sarebbe che una formulazione ed una comunicazione; e “quindi in ultima analisi una ritrasmissione, secondo la natura della Tradizione stessa”. Eppure fino al Vaticano II la teologia ha sostenuto la teoria nelle “due fonti” (Sacra Scrittura e Tradizione) e ne ha dedotto la distinzione della regula fidei in prossima e remota: il Magistero è la regola prossima della Fede, mentre Scrittura e Tradizione sono la regola remota. Infatti è il Magistero della Chiesa che interpreta la Rivelazione e ci obbliga a credere ciò che è contenuto in essa come oggetto di Fede, per la salvezza eterna. [Chi fosse interessato può completare l'analisi nel mio testo: Fusione delle fonti della Rivelazione qui - vedi anche: Siamo arrivati al solum Magisterium? qui].

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[Traduzione per Chiesa e post-Concilio di Antonio Marcantonio]
A I U T A T E, anche con poco,
l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
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