sabato 19 aprile 2025

Arciv. Viganò /'Obediens usque ad mortem' Meditazione nel Venerdì di Parasceve

Obediens usque ad mortem
Meditazione nel Venerdì di Parasceve
in Passione et Morte Domini


Christus factus est pro nobis
obediens usque ad mortem, mortem autem crucis:
propter quod et Deus exaltavit illum,
et dedit illi nomen, quod est super omne nomen;
ut in nomine Jesu omne genu flectatur
cœlestium, terrestrium et infernorum:
et omnis lingua confiteatur,
quia Dominus Jesus Christus
in gloria est Dei Patris.
Fil 2, 8-11
Ecce lignum Crucis, in quo salus mundi pependit. Un’antichissima melodia accompagna, in tre tonalità crescenti, lo svelamento della Santa Croce durante i riti del Venerdì Santo. È un grido, un monito, un invito alla conversione e alla penitenza: Ecco il legno della Croce, alla quale fu appesa la salvezza del mondo. Ma il mondo non vuole la salvezza da Cristo. Non vuole la Croce. Non vuole riconoscersi peccatore, nel suo folle orgoglio di poter prescindere da Dio e dalla Sua santa Legge. Per il mondo non vi è peccato, se non nel compiere il bene; non vi è vizio, se non nel praticare la virtù; non vi è paradiso, se non in terra e in vendita per chi se lo può permettere; non vi è inferno, se non per i rigidi e gli indietristi. In questo mondo alla rovescia, nel quale spadroneggia l’infernale tirannide massonica, la sovranità non appartiene a Dio né ai Suoi vicari temporali e spirituali, perché sulle corone dei Re e dei Papi svetta l’odiato simbolo della Redenzione, la Croce su cui Gesù Cristo, Re e Pontefice, ha ricapitolato in Sé tutte le cose.

La splendida antifona che cantiamo durante il Triduo alla fine delle Ore canoniche, ci ricorda con San Paolo che questa Redenzione si è compiuta nell’obbedienza: nell’obbedienza fino alla morte, e alla morte di Croce. Ma ci ammonisce anche che l’obbedienza della Seconda Persona della Santissima Trinità all’eterno Padre merita al Figlio di essere esaltato, perché nel Suo Nome ogni ginocchio si pieghi in cielo, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre (Fil 2, 10-11).

Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani (1Cor 1, 23). Perché è nell’umiliazione di sé e nell’obbedienza alla divina Volontà che noi otteniamo la corona della vittoria. E non vi è Resurrezione senza Passione, non vi è ricompensa senza prova, né premio senza competizione. Non dimentichiamo che la Croce è destino di ciascuno di noi e della Chiesa nel suo insieme. Essa, come Corpo Mistico, deve seguire il Maestro nella passio Ecclesiæ. Noi, come membra vive della Chiesa, dobbiamo fare lo stesso nella quotidiana abnegazione e nella sequela Christi.

Alter alterius onera portate (Gal 6, 2), ci esorta San Paolo: portate ognuno i pesi dell’altro, e così adempirete la legge di Cristo. Ed è appunto Nostro Signore che ci dà l’esempio: nell’aver portato la Croce che avrebbe mille volte meritato ciascuno di noi; e nel portare la nostra croce con noi, quando vorremmo essere noi a sceglierla. Semmai ci illudessimo di poter decidere quale deve essere la croce con cui meritiamo il Cielo, saremmo ben presto consapevoli di non essere capaci, con le nostre miserabili forze, nemmeno di affrontare la più insignificante molestia, e certamente non le prove che potrebbero attenderci in questi tempi travagliati. Al contrario, la croce che il Signore ha scelto per noi, per quanto onerosa e difficile da portare, vedrà sempre al nostro fianco il divino Cireneo ad aiutarci con la Sua Grazia.

L’ora delle tenebre che si approssima ci sproni a considerare le tribolazioni e le prove che dovremo affrontare come un crogiolo, dal quale l’oro della nostra santità ne uscirà purificato e nel quale le macchie della nostra miseria verranno consumate. Abbracciamo dunque questa santa Croce, perché sia il nostro unico punto di riferimento, mentre il mondo sprofonda sotto le macerie dei suoi inganni. Stat Crux, dum volvitur orbis. E così sia.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
18 Aprile 2025
Feria VI in Parasceve

3 commenti:

  1. COME MAI CHIESE "PASSI DA ME QUESTO CALICE"?19 aprile 2025 alle ore 11:35

    "Anzitutto cominciò a sentire un grande timore della morte e delle sofferenze che tra breve avrebbe dovuto patire.
    Ma come: non si era egli spontaneamente offerto a tali patimenti?
    Non era egli colui che aveva tanto desiderato il tempo della Sua passione, avendo detto poco prima« ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi»?.
    Perché allora provò tanto timore della morte, che giunse a pregare il Padre suo di liberarlo?
    Risponde il venerabile Beda :«Prega che passi il calice per mostrare che è veramente uomo».
    Egli, l'amante signore, voleva morire per noi per mostrarci con la sua morte l'amore che ci portava. Però, affinché gli uomini non pensassero che egli aveva assunto un corpo immaginario, come hanno bestemmiato alcuni eretici, oppure che fosse morto senza provare sofferenza in virtù della sua divinità, egli fece quella preghiera al Padre non già per essere esaudito, ma per farci sapere che moriva come uomo, e moriva afflitto da un grande timore della morte e dei dolori che l'avrebbero accompagnata"
    Sant'Alfonso Maria de Liguori

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    1. Come uomo, ebbe un momento di comprensibile debolezza, e chiese per esser esaudito cioè per evitare il calice che gli era stato preparato; ma come Dio prevalse sull'uomo e si piegò espressamente alla volontà del Padre perché quella era la sua missione. La connessione effettiva di volontà umana e volontà divina nella persona del Verbo incarnato, resta per noi un mistero, a ben vedere.
      La richiesta di evitare il calice deve considerarsi del tutto spontanea, se il Verbo incarnato è stato, come è stato, oltre che "vero Dio", "vero uomo", tranne che nel peccato.

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  2. L'Ora Santa con la Desolata

    Procura di trascorrere tutto il tempo in cui Gesù restò nel sepol­cro in una santa mestizia, consacrandone quanto più puoi a tener compagnia alla Desolata. Trova almeno un'ora da consacrare total­mente a consolare Colei che è chiamata per eccellenza la Desolata e che più d'ogni altro merita il tuo compianto.

    Pensa di essere vicino a Maria, di leggere nel suo Cuo­re e di sentire i suoi lamenti.

    Considera e consola il dolore da Lei provato:

    1) - Quando vide chiudere il Sepolcro.

    2) - Quando dovette esserne strappata quasi a forza.

    3) - Quando tornando passò vicino al Calvario ove si ergeva ancora la croce.

    4) - Quando rifece la via del Calvario guardata forse con disprezzo dal popolo come la madre del condannato.

    5) - Quando rientrò nella vuota casa e cadendo fra le braccia di S. Giovanni, sentii maggiormente la perdita subita.

    6) - Durante le lunghe ore passate dal Venerdì sera alla Domeni­ca con sempre davanti agli occhi le orribili scene di cui era stata spettatrice.

    7) - Consola infine il dolore di Maria nel pensare che tante pene sue e del suo Figlio divino sarebbero state inutili per tanti milioni non solo di pagani, ma di cristiani.

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