giovedì 17 aprile 2025

Difesa della dottrina della Corredenzione della Beata Vergine

Nella nostra traduzione da Res Novae. Purtroppo non posso mettere i link ai numerosi precedenti non recuperabili da Chiesa e post-concilio; ma ripropongo questo testo per la sua completezza, traducendolo di nuovo, in onore della Santa Madre del Signore e nostra.

Difesa della dottrina della Corredenzione della Beata Vergine
don Claude Barthe

Quando Giovanni XXIII annunciò la convocazione  del Concilio Vaticano II, molti sperarono che i testi di questa assemblea includessero la dottrina della Corredenzione di Maria e della sua Mediazione universale delle grazie. Ciò non accadde, ma Paolo VI proclamò solennemente un nuovo titolo per la Beata Vergine, quello di Madre della Chiesa, il 21 novembre 1964, sul quale tornerò.

Nei giorni 23 e 24 maggio si terrà a Parigi, presso la Maison internationale de la Cité Universitaire, un convegno sulla Corredenzione della Beata Vergine [1], che tratterà in particolare la questione mariana nel Vaticano II e i cui interventi tenderanno a mettere in luce il carattere tradizionale di questa dottrina.

Al contrario, il 9 marzo 2025, Padre Michel Viot ha tenuto una trasmissione di Radio-Courtoisie sul tema: “Maria Corredentrice, una spiegazione dogmatica superflua”, che si può trovare sul sito web della radio [2].

Pur restando, come è giusto, entro un "margine di fraternità", come diceva Padre Clément Dillenschneider, che si è impegnato a difendere questa dottrina, farò lo stesso qui, evocandone essenzialmente i fondamenti e anche i possibili sviluppi.

Cosa si intende per Corredenzione?
Corredenzione, Mediazione: sono i due lati dello stesso mistero della cooperazione specifica della Madre di Dio all'opera redentrice del Figlio mediante l'acquisizione di meriti sulla terra (Corredenzione) e mediante la distribuzione delle grazie in cielo (Mediazione) [3]. Entrambi gli aspetti sono legati agli scambi nel Corpo mistico di Cristo tra i membri di questo Corpo, che fanno dire a san Paolo: «In questo momento io gioisco delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca alle sofferenze di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). Ogni cristiano che è nella grazia di Cristo aderisce all’opera della Redenzione e, per così dire, la “completa” con le sue sofferenze. Ciò vale in particolar modo per i martiri e soprattutto per la Vergine Maria, Vergine Addolorata.

Ma quando parliamo di Corredenzione, ci riferiamo a qualcosa di più di un grado eminente: la sua partecipazione all'opera redentrice del Figlio è specifica perché Maria è Theotokos, Madre di Dio, come stabilito dal Concilio di Efeso nel 430. Ogni maternità umana è infatti analizzata come una relazione della persona della madre che si compie nella persona del bambino concepito e messo al mondo: quella di Maria, creatura privilegiata ma pur sempre creatura, pone la sua persona e la Persona del Verbo in una singolare relazione ontologica. «La Beata Vergine è chiamata Madre di Dio, non perché è madre della divinità, ma perché è madre secondo l'umanità di una Persona che ha insieme divinità e umanità» (San Tommaso, Summa Theologica, 3a, q 35, a 4, ad 2).

Se Cristo, unico Sacerdote, offre il sacrificio del suo Sangue, la partecipazione subordinata della Madre di Dio a questa offerta redentrice è dovuta al fatto che il suo Fiat ha reso possibile la Redenzione, perché Ella ha fornito la vittima del sacrificio. Inoltre, Cristo, che ha sofferto ogni genere di sofferenza umana (San Tommaso, Summa Theologica, 3a, q 46, a 5), ​​assume anche la Compassione di sua Madre che è di una qualità materna assolutamente unica. Naturalmente, i meriti del contributo di Maria alla nostra salvezza non sono, come quelli di Cristo, de condigno, di diritto. Essi non possono essere sufficienti di per sé stessi ad ottenere la salvezza, ma sono de congruo, di appropriatezza, cioè concessi da Dio alla preghiera della Beata Vergine.

La Tradizione afferma, come felicemente annota la Lumen gentium (n. 56), a proposito di sant'Ireneo, che la Vergine Maria, a partire dal suo Fiat, «divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano». Troviamo in san Giustino nel suo Dialogo con Trifone, poi in sant'Ireneo ( Contro le eresie 3,23), in Tertulliano, in san Girolamo (l'umanità ha ricevuto "la morte per mezzo di Eva, la vita per mezzo di Maria", Epistola 22,21), ecc., la tipologia Eva-Maria – Maria è per il Nuovo Adamo ciò che Eva era per il padre dell'umanità – che stabilisce ciò che possiamo dire sul ruolo di Maria nella nostra redenzione. La partecipazione della nuova Eva alla nostra redenzione è più efficace della partecipazione della prima Eva alla nostra perdizione.

Nel Medioevo, per esprimere questa partecipazione, si utilizzava un linguaggio molto forte. Nel XII secolo, Arnaud de Chartres, abate di Bonneval, ne fu testimone: «Davanti al Padre, il Figlio e la madre si dividono tra loro gli uffici della misericordia... e stabiliscono tra loro il testamento inviolabile della nostra riconciliazione... L'affetto di sua madre lo tocca, perché allora non c'era che una sola volontà di Cristo e di Maria, ed entrambi offrirono insieme un solo olocausto, lei, nel sangue del suo cuore, lui, nel sangue della sua carne » [4]. È chiaro che se non si pronunciava la parola Corredenzione, la realtà si affermava, così come si credeva alla transustanziazione prima che il termine fosse coniato, e allo stesso modo per tutti i dettagli del linguaggio teologico.

È anche interessante notare con René Laurentin [5], su cui tornerò più avanti, che se il termine Corredentrice apparve nel XV secolo fu nella forma di un ammorbidimento di quello di Redentore precedentemente usato come tale o in modo equivalente come con l'abate di Bonneval. Il prefisso co spiega la subordinazione strumentale dell'opera di Maria a quella di Cristo. Il nome non è una "novità", ma una precisazione: non c'è un Redentore e una Redentrice, ma un Redentore e una Corredentrice.

Vera devozione alla Beata Vergine
L'abate Michel Viot sottolinea che negli ultimi anni si è assistito a una rinascita della devozione mariana, ma che promuovere la dottrina della Corredenzione sarebbe dannoso per questa devozione. La sua critica può essere paragonata, senza dire che dipende da essa, a quelle che all'epoca del Concilio denunciarono "l'inflazione" del discorso sulla Santa Vergine, o che nel XVII secolo denunciarono gli "eccessi" della letteratura mariana. Fu pensando a questi "devoti critici" che san Luigi Maria Grignion de Montfort, un riferimento di grande peso in materia di devozione mariana e di teologia, compose il suo Trattato della vera devozione alla Santissima Vergine, una devozione il cui scopo è essenzialmente il radicamento in Gesù Cristo attraverso sua Madre: "Di tutte le devozioni, quella che più consacra un'anima a Gesù Cristo è la devozione alla Santissima Vergine" (n. 120).

Ma Michel Viot sostiene sorprendentemente che san Luigi Maria Grignion de Montfort insegnava una devozione in un certo senso debole, nella misura in cui la mediazione di Maria sarebbe, secondo i termini del Trattato, solo una mediazione di intercessione, non di acquisizione e dispensazione di grazie, e per questo motivo non troviamo traccia di corredenzione nel suo Trattato della vera devozione. San Luigi Maria, infatti, chiama Maria niente più e niente meno che «la riparatrice del genere umano». » Egli spiega: « Tale è la volontà dell'Altissimo, che esalta gli umili, che il cielo, la terra e l'inferno si pieghino, volenti o nolenti, ai comandamenti dell'umile Maria, che egli ha costituito sovrana del cielo e della terra, generale dei suoi eserciti, tesoriera dei suoi tesori, dispensatrice delle sue grazie, operatrice dei suoi grandi prodigi, restauratrice del genere umano, mediatrice degli uomini, sterminatrice dei nemici di Dio e fedele compagna della sua grandezza e dei suoi trionfi [6]. » Dice ancora: «Il Figlio di Dio si è fatto uomo per la nostra salvezza, ma in Maria e per mezzo di Maria » [7]. E la sua preghiera di consacrazione contiene questa supplica: «O Madre ammirabile! presentami al tuo diletto Figlio come schiavo eterno, perché, avendomi redento per mezzo tuo, egli mi riceva per mezzo tuo» (n. 29).

A proposito di uno dei passi evangelici più espressivi della partecipazione subordinata di Maria al mistero della redenzione, quello della profezia di Simeone, Michel Viot nega così il suo legame con la Corredenzione, perché secondo lui le sofferenze di Maria, espresse con le lacrime e non con il sangue versato, non hanno alcun valore propiziatorio. La critica dell'«esagerazione» implicita sarebbe forse valida se si affermasse la parità nel sacrificio redentore sostenendo che Maria ha partecipato de condigno, come Cristo, alla redenzione [8]. Ma san Luigi Maria rimane entro un quadro rigoroso di vera devozione e afferma a proposito della Passione dell'uno e dell'altro, il che ci fa parlare di Compassione che potremmo qualificare come Co-passione : «Ecco, accanto a Gesù Cristo, una spada che trafigge e che penetra fino in fondo il cuore tenero e innocente di Maria, che non ha mai avuto alcun peccato, né originale né attuale. Vorrei potermi soffermare qui sulla Passione di entrambi, per mostrare che ciò che soffriamo noi è niente in confronto a ciò che hanno sofferto loro! [9] »

O ancora nella sua “Canzone 74” , comunque per l’intensità del dolore:
«Contempliamo Maria afflitta
presso la croce del Salvatore,
vediamo la sua anima santa trafitta
dal filo di un dolore acuto.
Vedendo su una forca infame
l'oggetto di tutti i suoi desideri,
soffre più nell'anima
di tutti i martiri.»
Come opportuno parallelo, la qualità di "riparatrice del genere umano" attribuita a Maria da Grignion è fortemente espressa da san Giovanni Eudes, con questa nota della Scuola di Spiritualità francese sull'offerta del sacrificio di suo Figlio da parte di Maria in una sorta di modo sacerdotale: "Per la strettissima unione che ella aveva con suo Figlio, con il quale, avendo un solo Cuore, un'anima sola, una sola mente e una sola volontà, volle tutto ciò che egli volle, fece e soffrì in qualche modo con lui e in lui, tutto ciò che egli fece e tutto ciò che soffrì. Così che quando egli si sacrificò sulla croce per la nostra salvezza, anche lei lo sacrificò con lui per lo stesso fine. [...] Il Cuore di questa gloriosa Maria ha contribuito all'opera della nostra redenzione, perché Gesù, che è allo stesso tempo sia l'ostia sacrificata per la nostra salvezza, sia il sacerdote che la immolò, è il frutto del Cuore di questa beata Vergine, come è stato detto; e che questo stesso Cuore è anche sia il sacerdote che offrì quest'ostia divina, sia l'altare sul quale fu offerta, non solo una volta, ma mille e mille volte", nel fuoco sacro che ardeva incessantemente su questo altare; e che il sangue di questa adorabile vittima, versato come prezzo della nostra redenzione, è parte del sangue verginale della Madre del Redentore, che Ella donò con tanto amore da essere pronta a donarne con tutto il cuore l'ultima goccia per questo fine [10]. »

Attestazioni papali
Michel Viot non dà il peso che meritano alle parole chiarissime di Pio XI in un discorso del 30 novembre 1933: "Il Redentore ha dovuto necessariamente associare sua Madre alla sua opera. Per questo la invochiamo con il titolo di Corredentrice. Ella ci ha dato il Salvatore. Lo ha condotto alla sua opera di redenzione fino alla Croce. Ha condiviso con lui le sofferenze di agonia e morte in cui Gesù ha consumato la redenzione di tutti gli uomini". Questa non è certo una definizione formale, ma le parole sono molto precise: l'associazione di Maria a Cristo era necessaria, una necessità di congruenza, naturalmente; l'invocazione di Maria sotto il titolo di Corredentrice è un fatto accertato; la condivisione della sofferenza redentrice si spiega con il dono iniziale che ci ha fatto da parte del Salvatore.

Già in precedenza, Leone XIII, nell'enciclica Adjutricem populi del 5 settembre 1895, già citata, nella quale affermava che la riconciliazione dei popoli separati dalla Chiesa è opera soprattutto di Maria, scriveva, collegando la cooperazione alla Redenzione e la dispensazione delle grazie: «Da qui infatti, secondo il disegno di Dio, Ella cominciò a vegliare sulla Chiesa, ad assisterci e a proteggerci come una Madre, così che, dopo essere stata cooperatrice dell'umana Redenzione, divenne anche, per la potestà quasi immensa a lei concessa, dispensatrice della grazia che da questa Redenzione scaturisce per sempre».

San Pio X, nell'enciclica Ad Diem illum del 2 febbraio 1904 sull'Immacolata Concezione, giustifica l'appellativo di "riparatrice dell'umanità decaduta" e dispensatrice di tutte le grazie: "Quando giunse l'ora suprema per Gesù, la Vergine fu vista "ritta presso la croce, presa senza dubbio dall'orrore dello spettacolo, felice tuttavia che suo Figlio si immolasse per la salvezza del genere umano, e, inoltre, partecipando così tanto alle sue sofferenze che prendere su di sé i tormenti da lui patiti le sarebbe sembrato, se la cosa fosse stata possibile, infinitamente preferibile" (San Bonaventura, I Sent., d. 48, ad Litt., dub. 4). La conseguenza di questa comunione di sentimenti e di sofferenze tra Maria e Gesù è che Maria "meritò legittimamente di diventare la riparatrice dell'umanità decaduta", e, quindi, la dispensatrice di tutti i tesori che Gesù ha acquistato per noi con la sua morte e il suo sangue. […] È quindi ben lungi dall'essere il caso, poiché vediamo che attribuiamo alla Madre di Dio una virtù che produce la grazia, una virtù che è di Dio solo. Tuttavia, poiché Maria supera tutti in santità e in unione con Gesù Cristo, e poiché è stata associata da Gesù Cristo all'opera della redenzione, ella merita per noi de congruo, come dicono i teologi, ciò che Gesù Cristo ha meritato per noi de condigno, ed è la suprema ministra della dispensazione delle grazie. «Questo Gesù siede alla destra della Maestà nel più alto dei cieli» (Ebrei 1:3). »

Allo stesso modo, Benedetto XV, nella Lettera apostolica Inter sodalicia del 22 marzo 1918, parla dell'associazione della Vergine Maria alla redenzione operata dal Figlio, associazione che si potrebbe chiamare corredenzione : «Ella soffrì infatti e quasi morì col Figlio sofferente e morente, abdicò ai suoi diritti materni per la salvezza degli uomini e, per quanto le competeva, sacrificò il Figlio per placare la giustizia di Dio, così che si può dire a ragione che Ella, con Cristo, ha redento il genere umano.»

Particolarmente elaborato è infine il ragionamento teologico di Pio XII, nell'enciclica Ad cæli Reginam, dell'11 ottobre 1954, in cui parla dell'associazione di Maria alla Redenzione basata sulla tipologia Eva/Maria: «Nell'opera della salvezza spirituale, Maria è stata, per volontà di Dio, associata a Cristo Gesù, principio di salvezza, e ciò in un modo simile a quello in cui Eva è stata associata ad Adamo, principio di morte, cosicché si può dire che la nostra redenzione è avvenuta secondo una certa "ricapitolazione" in virtù della quale il genere umano, sottoposto alla morte da una vergine, viene salvato anche per mezzo di una vergine; anzi, si può dire che questa gloriosa Sovrana è stata scelta come Madre di Dio proprio per essere associata a Lui nella Redenzione del genere umano.»

Inoltre, è sorprendente che l'abate Viot veda nelle costituzioni apostoliche che proclamano i dogmi dell'Immacolata Concezione e dell'Assunzione delle invalidazioni esplicite della dottrina della Corredenzione? Al contrario, sembra che Pio XII, nella Munificentissimus Deus, abbia sviluppato il tema parallelo dell'associazione di Maria all'opera di redenzione sul diavolo: «Dobbiamo ricordare in modo particolare che, fin dal secondo secolo, i santi Padri hanno designato la Vergine Maria come la nuova Eva che, pur essendo sottomessa al nuovo Adamo, è a lui intimamente associata in questa lotta contro il Nemico infernale e che, come aveva annunciato il Protovangelo, aveva come risultato finale la vittoria totale sul peccato e sulla morte.»

Lo stesso tema correlato si ritrova nell'Ineffabilis Deus di Pio IX, dell'8 dicembre 1854. Lì affermava che il privilegio dell'Immacolata Concezione era stato concesso a Maria "in vista dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano". Affermando che Cristo è il Redentore di tutto il genere umano, anche per anticipazione, per preveggenza, di colei che sarebbe divenuta sua Madre, non escludeva in alcun modo, poiché diceva che l'ufficio di «riparatrice» e di «vivificatore» - di cooperatrice alla riparazione e alla vivificazione - che le era stato affidato era contenuto nello stesso privilegio dell'esenzione dal peccato originale: «[I Padri] hanno anche professato che la Vergine gloriosissima era stata la riparatrice dei suoi antenati e che aveva vivificato la sua posterità; che l'Altissimo l'aveva scelta e riservata a sé fin dall'inizio dei tempi; che Dio l'aveva predetto e annunziato quando disse al serpente: «Egli porrà inimicizia tra te e la donna» (Gen 3,15), e che, senza alcun dubbio, Ella schiacciò la testa velenosa di quello stesso serpente. »

Riflessione teologica sulla Corredenzione
È noto che John Henry Newman (1801-1890) difese il titolo di Corredentrice davanti a un prelato anglicano che si rifiutò di conferirle questo titolo, dicendogli: «Sentendoti chiamarla, con i Padri, Madre di Dio, Seconda Eva, e Madre di tutti i viventi, Madre della Vita, Stella del Mattino, Nuovo Cielo Mistico, Scettro dell'Ortodossia, Madre Immacolata della Santità, e così via, [questi stessi Padri della Chiesa] avrebbero giudicato che stavi rendendo un misero omaggio a tali parole rifiutando di chiamarla Corredentrice » [11].

L'appellativo di Corredentrice appare infatti quasi debole rispetto a tanti altri che san Cirillo d'Alessandria accumulò per esprimere quello di Theotokos, nella celebre preghiera del suo discorso al Concilio di Efeso: «Ti salutiamo, o Maria, o Theotokos, Tesoro degno di venerazione e che appartiene all'intero universo. Lampada la cui Luce è inestinguibile. Ti salutiamo, Corona della verginità; Scettro della vera dottrina; Tempio indistruttibile; Luogo di Colui che nessun luogo può contenere; Vergine e Madre, grazie a te ha potuto essere nominato nei Vangeli “Colui che è venuto nel nome del Signore”. E tu hai portato, nel tuo Grembo verginale, l'Incomprensibile e l'Immenso. È grazie a te che la Santissima Trinità riceve gloria e adorazione; è grazie a te che il Cielo è in esultanza; che gli Angeli sussultino di gioia; che i demoni siano messi in fuga; che il Tentatore sia caduto dalle altezze celesti, e che la creatura umana, una volta caduta, sia ammessa alle gioie immortali. È grazie a te che tutte le creature, dopo aver conosciuto le follie dell'idolatria, siano tornate alla conoscenza della Verità. È grazie a te che il Santo Battesimo sia conferito ai fedeli, con l'olio che dà forza e gioia. Ti dobbiamo la fondazione di tante chiese in tutto il mondo, ed è grazie a te che vediamo tante nazioni in marcia verso la Penitenza! È grazie a te (perché dire di più?) che l'unigenito Figlio di Dio è apparso, come un Essere risplendente, alla povera umanità che sedeva nelle tenebre e nell'ombra di morte. Senza di te i Profeti non avrebbero espresso i loro oracoli; senza di te gli Apostoli non avrebbero predicato la dottrina della salvezza alle genti; È grazie a te che i morti tornano in vita e i Re regnano nel nome della Santissima Trinità. Ma quali labbra umane potrebbero celebrare degnamente la Vergine Maria, che è veramente al di sopra di ogni lode? »

Michel Viot ci dice che, poiché il mistero di Maria è inesprimibile, bisogna evitare di eccedere nelle parole che la riguardano. Ma il mistero di Cristo è ancora più indicibile. Ora, tutta la cristologia, dal Nuovo Testamento fino agli atti più recenti del magistero, non usa forse delle parole per esprimere l'effetto, nella sua natura umana, dell'unione senza confusione con la natura divina nella Persona del Verbo: «Primogenito», «Capo», «Capo», «Re»? Quest'ultimo termine è simile anche ai "titoli" mariani - in particolare a quello di Regina, come spiegherò alla fine - e i titoli usati per esprimere il mistero di Maria aiutano in realtà a parlare del mistero di Cristo. Il rapporto tra cristologia e mariologia è, del resto, l'equivalente del rapporto tra le due devozioni: «Tra la devozione mariana e la devozione a Cristo esiste un legame non accidentale, ma essenziale [12] ».

Negli anni '40 e '50 del XX secolo prevalse una corrente pro-corredenzione. Nel 1946 si tenne a Grenoble-La Salette un congresso su "Maria Corredentrice", al quale contribuirono teologi specializzati in questa dottrina, p. Marie-Joseph Nicolas op (autore poi di Theotokos, il mistero di Maria, su cui tornerò), p. Rondet, Lépicier, Clément Dillenschneider ( Il mistero della corredenzione mariana. Nuove teorie, Vrin, 1951). Nel 1950, p. Junipero B. Carol pubblicò un'opera storica monumentale, De corredemptione beatæ Virginis Mariae: disquisitio positiva (Polyglot Vaticane), una prodigiosa indagine sul progresso di questa dottrina attraverso i secoli, alla quale aggiunse i risultati di una sorta di referendum da lui organizzato tra gli episcopati del mondo con l'apparente scopo di dimostrare che la dottrina era accettata dal punto di vista del magistero ordinario e universale. Molto più modesto, ma che deve molto al precedente, è il lavoro di René Laurentin, del 1951, su Il Titolo di Corredentrice. Studio storico (Nuove Edizioni Latine), che di fatto riproduce il suo contributo al Congresso Mariologico di Roma del 1950.

La tendenza si invertì nel periodo precedente il Concilio Vaticano II e anche in seguito. Al Concilio, le parole del riformato Karl Barth vennero ripetute fino alla nausea: "La corredenzione è una conseguenza, una forma malaticcia di pensiero teologico". Tali escrescenze devono essere amputate. Questo è un altro Vangelo. » Padre Yves Congar, OP, proprio per preoccupazione ecumenica, fu uno degli oppositori più virulenti di quella che lui chiamava "mariolatria" e che, insieme alla "papolatria", costituiva un sistema che, secondo lui, accumulava dogmi e condanne e tagliava fuori il cattolicesimo dalle sue radici evangeliche: "Dopo l'Assunzione, ci sarà la mediazione, poi la corredenzione, poi qualcos'altro ancora [13] . "Credeva che la mariologia costituisse la pietra di paragone tra due tipi di teologia, la sua e quella a cui si opponeva. I bersagli del suo disprezzo: p. Gabriele Maria Roschini, fondatore della rivista e del Pontificio Istituto Marianum, e P. Carlo Balić, specialista di Duns Scoto [14].

Dopo la morte di Pio XII, lo stesso René Laurentin divenne uno dei "minimalisti", e perfino colui che più efficacemente combatté la dottrina della mediazione di tutte le grazie, e quindi della corredenzione, all'ultimo Concilio [15], appoggiandosi alla sua opera polemica, La questione mariana [16], dove presentò il "massimalismo" del movimento mariano come "un problema", che definì "eccessivo" e perfino "patologico" [17] nella sua "esaltazione incondizionata" [18] della Vergine. Don Laurentin si batté perché venisse rimosso il titolo Mater Ecclesiæ, perché il testo De Beata Virgine fosse integrato nella Lumen Gentium e non costituisse più un testo separato [19], e perché il titolo Mediatrix fosse sommerso in mezzo a una litania di termini simili. Fino alla fine, divenuto tanto massimalista nelle apparizioni mariane quanto minimalista nella dottrina mariana, rifiutò la corredenzione e la mediazione delle grazie [20].

I gesuiti non furono lasciati fuori. Talvolta la loro teologia era così avanzata che la questione mariana non si poneva nemmeno più. Così, Padre Joseph Moingt scrive con calma: «Continueremo a crederlo [che Dio è il padre di Gesù], anche se ci dicessero che Gesù è nato in modo del tutto normale da Giuseppe e Maria, perché sappiamo distinguere ciò che riguarda la persona da ciò che riguarda la costituzione fisica dell'essere [21] ». In un registro più «classico», Padre Bernard Sesboüé, con un articolo intitolato «Si può ancora parlare di Maria? Per una presentazione credibile» [22], attaccava tra l'altro un'opera in due volumi, pubblicata negli Stati Uniti nel 1995 e nel 1997, che aveva il titolo: Maria, Corredentrice, Mediatrice e Avvocata. Fondamenti teologici. Verso una definizione papale? [23], la cui metà dei contributi giustificava il titolo di Corredentrice. Bernard Sesboüé diceva di questo titolo «sappiamo quanto sia ambiguo, per non dire "oggettivamente erroneo". » La sua espulsione della Corredenzione si basava sulle conclusioni critiche di una commissione di teologi che aveva esaminato le richieste in favore di una dogmatizzazione di questa dottrina e sui commenti fatti su queste conclusioni dall'Accademia Mariana Internazionale [24], che difendevano entrambe « la via tracciata dal Concilio Vaticano II ». Tuttavia, non possiamo non sottoscrivere alcuni dei principi enunciati dal Padre Sesboüé: « Maria non deve mai essere isolata da tutto il discorso della fede cristiana »; « Maria è confessata dalla Chiesa come “Madre di Dio”: tutto ciò che la riguarda parte da lì e deve ritornare ad essa. » Infine, Papa Francesco, nel suo stile, ha ritenuto, nell'udienza del 12 dicembre 2019, a proposito del titolo di corredentrice, che non era necessario "perdere tempo" con queste tonterie (assurdità, sciocchezze, inettitudini).

D'altra parte, autori come padre Léon Cognet, storico della mistica, si sono pronunciati in difesa della devozione mariana in Le difficoltà attuali della devozione mariana [25], seguito da padre Jean Stern nel suo articolo già citato, "Maria nel mistero della nostra riconciliazione", secondo il quale la crisi mariana potrebbe essere "la conseguenza non di un cristocentrismo ritrovato, ma di un cristocentrismo spostato dalla persona alle idee, Cristo essendo considerato meno come Colui con cui posso avere relazioni cuore a cuore, che come il simbolo di un ideale di giustizia o di qualcos'altro". Padre Stern concludeva: "È chiaro che, in una tale prospettiva, il personaggio di Maria diventa inutile e persino fastidioso, nell'attesa che la persona di Cristo diventi a sua volta inutile e fastidiosa [26]. »

Per difendere propriamente la dottrina della Corredenzione, troviamo Padre Marie-Joseph Nicolas, nella Theotokos [27], già menzionata, e anche suo fratello, Jean-Hervé Nicolas, op., nella sua Sintesi dogmatica, dove tratta «dell'associazione di Maria a Cristo nella redenzione stessa» e del merito de condigno di Maria in questa partecipazione [28].

Più di recente, l'abate Guillaume de Menthière, in un'opera intitolata Maria, Madre della Salvezza. Maria, Corredentrice? Saggio sui fondamenti teologici [29], ha cercato intelligentemente di fare chiarezza: «Il titolo di Corredentrice, se conviene a Maria, non può essere un titolo qualsiasi, è il titolo per eccellenza, quello che dà senso a tutti gli altri». Ha notato che «si sta delineando nel magistero ecclesiastico una forte corrente in favore di una partecipazione eminente di Maria all'opera della salvezza» e anche che «questa corrente trova anche un'eco molto favorevole nella pietà dei fedeli». » Come non vedere in questo « il segno più sicuro di una tradizione autenticamente valida »? E con il suo stile caratteristico, come distaccato, soppesando i pro e i contro, cautelandosi con numerosi riferimenti al Vaticano II, ha ricordato che il termine Corredentrice era ricorrente nella letteratura mariana almeno dal XV secolo fino a Pio X e Pio XI, e che Giovanni Paolo II lo aveva usato oralmente in diverse occasioni.

Dopo di che propone una "dimostrazione" sotto forma di articoli della Summa Scolastica, cioè ponendo una serie di domande ("È nel titolo di Madre di Dio che Maria coopera alla Redenzione?"), ciascuna seguita da obiezioni tendenti a rispondere negativamente, poi da un sed contra, cioè dall'argomentazione in senso opposto di un'autorità (Sant'Anselmo disse: "La Madonna ha redento il mondo mentre era prigioniero"), su cui si fonda una conclusione positiva, argomentata ("la maternità divina è in un certo modo la ragione di tutti i privilegi di Maria", compreso quello della Corredenzione), che consente di dare risposte alle obiezioni. Guillaume de Menthière arrivò a giustificare il titolo di «Vergine-Sacerdote» che la scuola spirituale francese aveva audacemente attribuito a Maria per esprimere la sua cooperazione alla Redenzione: Maria offrì dall'Annunciazione alla Croce la Vittima del sacrificio; e se non si tratta di attribuirle un carattere sacerdotale, ella «possedeva l'analogo di un carattere nella sua qualità ontologica di Madre di Dio».

Maria responsabile dei suoi figli, Maria Regina
Cristo, che ha compiuto il suo sacrificio redentore con questo atto supremo di obbedienza al Padre, ha voluto condizionarlo con l'atto di obbedienza di sua Madre. La partecipazione di quest'ultimo alla Redenzione venne così stabilita nel momento dell'Annunciazione. L'obbedienza di Colei che con il suo fiat diventa Madre di Dio coopera con l'obbedienza espressa dal Dio-Uomo concepito in quel momento («Per questo, entrando nel mondo, Cristo disse: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato; non hai gradito né olocausti né sacrifici per i peccati. Allora ho detto: Ecco, io vengo, perché di me sta scritto nel rotolo del libro: per fare, o Dio, la tua volontà») (Ebrei 10,5-7).

Proprio perché è Madre del primogenito della nuova umanità, questo contributo ha una caratteristica specifica rispetto a quello di tutti i santi: vale non per la salvezza di singole persone, ma per la salvezza dell'intero genere umano. Il merito di un giusto, per quanto grande, è particolare, ma nella sua estensione, il merito di Maria è universale: tutti ne ricevono il frutto.

Nell'Ineffabilis Deus, Pio IX sottolinea la sollecitudine di Maria per la salvezza di tutto il genere umano e, in questo contesto di applicazione universale, quella dell'efficacia della sua intercessione: è Colei che, «trattando lei stessa la questione della nostra salvezza, estende la sua sollecitudine a tutto il genere umano», e che «intercede efficacemente con tutta la potenza delle preghiere materne». Il titolo di Madre della Chiesa dato da Paolo VI a Maria – titolo evocato dallo schema preparatorio che egli ha ripreso da Leone XIII nell'Adjutricem populi del 5 settembre 1895, ma che i redattori della Lumen gentium hanno omesso – non esprime forse proprio questo diritto materno universale, su tutti i membri effettivi della Chiesa, come su tutti i suoi membri potenziali, chiamati ad esserlo anche se alcuni non lo raggiungeranno mai [30]? Tanto che possiamo dire che Maria, Madre di Dio, è Madre di tutti gli uomini. [attenzione a non cadere nella 'variazione' di Gaudium et Spes n.22 : "Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo". Cristo non si è incarnato "in ogni uomo" ma nella persona individua di Gesù di Nazaret e diventa figlio di adozione nel Figlio chi lo accoglie nella Sua Chiesa (non "tutti gli uomini") -ndT]

Maria ai piedi della Croce rappresentava tutta l'umanità che Cristo ha ricapitolato per salvarla, dice Jean-Hervé Nicolas [31]. Dovette accettare questo passaggio di redenzione. Fu in nome di tutti che aderì al sacrificio del Figlio. Ho citato sopra le parole di Pio XII in Ad caeli Reginam, il quale affermava che la nostra redenzione si è realizzata secondo una certa «ricapitolazione», per cui l'umanità, sottoposta alla morte dalla prima Eva, è stata salvata tramite la nuova Eva. E su questa “ricapitolazione” basa il titolo di Regina che le riconosce: «Senza dubbio, solo Gesù Cristo, Dio e uomo, è Re, nel senso pieno, proprio e assoluto della parola; Maria, tuttavia, partecipa anche della sua dignità regale, sebbene in modo limitato e analogico, perché è Madre di Cristo Dio ed è associata all’opera del Divin Redentore nella sua lotta contro i nemici e nel suo trionfo su tutti loro. Anzi, per questa unione con Cristo Re, Ella raggiunge una gloria così sublime che supera l’eccellenza di tutte le cose create: da questa stessa unione con Cristo, scaturisce il potere regale che la autorizza a distribuire i tesori del Regno del Divin Redentore; infine, questa stessa unione con Cristo è la fonte dell’inesauribile efficacia della sua materna intercessione presso il Figlio e il Padre.»

Non è forse particolarmente opportuno, in quest'anno in cui celebriamo il centenario dell'enciclica Quas primas di Pio XI sulla regalità di Cristo, avvicinarla, come fece Pio XII, alla regalità di Maria, collegando questo potere regale alla sua associazione con l'opera della Redenzione e alla sua dispensazione di grazie sugli uomini, suoi figli? Non sarebbe forse proficuo sviluppare anche la riflessione su questo avvicinamento della Regalità di Cristo e della Regalità di Maria alle istituzioni umane e soprattutto alle nazioni? Per noi francesi in particolare, per cui Cristo, secondo la frequente affermazione di santa Giovanna d'Arco, è «Re di Francia» [32], che riconosciamo la Vergine Maria come «Regina di Francia» poiché nel 1638 Luigi XIII le consacrò il suo regno attribuendole questo titolo. Che la Vergine Santa ottenga con la sua efficace intercessione la redenzione della figlia apostata!
Don Claude Barthe
___________________________
[1] www.coredemptrice.net.
[2] Radio Courtoisie: Tutti i diritti, tutti i talenti!
[3] R.-M.de la Broise e J.-V.Bainvel, Marie, Madre della Grazia. Studio dottrinale, Beauchesne, 1921, p. 45.
[4] Dal laudibus del BMV ; PL 189, 1726-1727.
[5] Il titolo della Corredentrice, studio storico , Nouvelles Éditions latines, 1951.
[6] Trattato della vera devozione, n. 29.
[7] Op. cit. N. 16.
[8] Come fece coraggiosamente Joseph Lebon in “Sulla dottrina della mediazione mariana”, Angelicum, vol. 35, n. 1 (gennaio 1958), pp. 3-35.
[9] Lettera circolare agli Amici della Croce n. 31.
[10] Il Cuore ammirabile della Santissima Madre di Dio , Libro II, Capitolo IV.
[11] San Giovanni Enrico Cardinale Newman, Alcune difficoltà avvertite dagli anglicani nell'insegnamento cattolico considerate: in una lettera indirizzata al Rev. EB Pusey, DD, in occasione del suo Eirenicon del 1864, Volume 2, Longmans, Green, and Co., New York, 1900, p. 78.
[12] Jean Stern, «Maria nel mistero della nostra riconciliazione», Nouvelle Revue théologique, 97 n° 1 1975, p. 23.
[13] Nota interna del 1946 alla facoltà di teologia domenicana di Saulchoir dove era professore per protestare contro una possibile dogmatizzazione dell'assunzione di Maria. Cfr. Culto mariano cattolico.
[14] Yves Congar, Il mio diario del Consiglio, Parigi, Cerf, 2002, t. 1 pp. 64 e 66 e t. 2 pagine 90 e 147.
[15] https://www.robertodemattei.it/la-questione-mariana/
[16] René Laurentin, La question mariale , Seuil, 1963, un libro di “opinione” che egli considerava “urgente scrivere alle soglie del dibattito mariano del Vaticano II.”
[17] Ivi, p. 37.
[18] Ivi , p. 24.
[19] Yves Congar, Il mio diario del Consiglio, op. cit. 12-13 gennaio 1963.
[20] Raggiungere un consenso sul ruolo di Maria nella redenzione: la soluzione atanasiana di Mark Miravalle, STD e Robert Fastiggi, PH.D. in Ecce Mater Tua, una rivista dell'Associazione Mariana Internazionale, vol. 6, 25 marzo 2022, pag. 88.
[21] L'uomo venuto da Dio , Cerf, 1993, p. 655.
[22] Christus del luglio 1999.
[23] Marco I Miravalle (a cura di), Maria, Corredentrice, Mediatrice, Avvocata. Fondamenti teologici I. Verso una definizione papale ? (Queenship Publishing, 1995), II. Papale, Pneumatologico, Ecumenico ( Queenship Publishing, 1997).
[24] Documentazione Cattolica del 2 aprile 1995, n. 2113.
[25] Vrin, 1967.
[26] Loc. cit. P. 24.
[27] E già in “ La dottrina della Corredenzione nel quadro della dottrina tomista della Redenzione”, Revue thomiste, t. 47 (1947), pp. 20-44. M.-J. Nicolas propone questa idea "transazionale" secondo cui Maria avrebbe potuto contribuire al sacrificio redentore non come sacerdote ma come vittima. Vedi: Abate Hubert Bizard, fssp, Corredenzione, vertice della dottrina mariana di Padre Marie-Joseph Nicolas (tesi di licenza, Tolosa, 2020).
[28] Beauchesne, 1985, pp. 540-543.
[29] Tequi, 1999.
[30] Cristo è il Capo di tutti gli uomini, ma lo è in gradi diversi ( ST, IIIa q 8 a 3 e Commento alle Sentenze, III, d 13, q 2, a 2; che è ripreso in Lumen gentium n. 13). La maternità della Chiesa si estende, in diversa misura, anche a tutti gli uomini.
[31] Sintesi dogmatica, op. cit., p. 542. Cita Jacques Bur, Mediazione mariana, Desclée de Brouwer, 1955, p. 497. Jacques Bur, che, come padre Nicolas, tenta di conciliare i mariologi senza tuttavia cedere sulla cooperazione specifica di Maria alla Redenzione, afferma che ella è stata la «causa dispositiva della nostra Redenzione».
[32] O «Re dei Franchi», citato da san Pio XI durante la sua beatificazione, il 13 dicembre 1908.

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

5 commenti:

  1. Grazie Mic vedo che hai aggiornato anche molti link della colonna di destra. Ho ritrovato le preghiere del mattino e quelle della sera che consultavo ogni giorno

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te per l'apprezzamento. Per fortuna, risalendo da una pagina salvata tre aprile inviatami da un caro lettore, sto gradualmente recuperando diversi testi. Ma è un lavoro improbo... perdonate se non potete entrare nella maggior parte delle pagine dai link ancora a Chiesa e post-concilio non ancora riprodotte su questo blog. Occorre tempo pazienza e fatica!

      Elimina
  2. -- Il termine "corredentrice" va spiegato bene, perché si presta all'equivoco di mettere Maria sullo stesso piano del Figlio, di divinizzarla in qualche modo.
    -- Bisognerebbe anche spiegare bene i termini teologici tradizionali usati nell'articolo : de condigno e de congruo. Essi restano oscuri per noi moderni.
    -- San Pio X disse: "la vera devozione alla S.ma Vergine è quella di chi fa in tutto la volontà del Figlio, nostro Signore Gesù Cristo".

    RispondiElimina
  3. Ancora su de condigno e de congruo: un'interpretazione.
    Nell'articolo si scrive che i meriti "de condigno" sarebbero di pieno diritto. Quelli "de congruo" sarebbero invece accordati alla preghiera (e quindi alla misericordia). I meriti "de condigno" sarebbero come quelli lucrati da Gesù sulla Croce. Come spiega la Lettera agli Ebrei, Egli meritò il premio della vita eterna perché fece sino in fondo la volontà del Padre, accettando l'orribile supplizio. Perciò, avendo obbedito sino alla "testimonianza del sangue", ottenne il premio della Gloria presso il Padre: l'ottenne di diritto, de condigno nel linguaggio dei teologi d'un tempo, perché aveva obbedito sino alla fine.
    Invece la salvezza che si ottiene "de congruo" sarebbe quella che si ottiene grazie all'opera della misericordia che si avvale della preghiera e dell'intercessione presso la S.ma Trinità (ad opera della S.ma Vergine, p.e., ma non solo).
    Un esempio si potrebbe forse avere nella parabola degli operai assunti con la stessa paga all'undicesima ora. Quelli che avevano lavorato tutto il giorno ottennero di diritto quanto pattuito inizialmente (de condigno). Quelli che lavorarono solo nell'ultima ora, per la stessa paga, ottennero il prezzo per misericordia del datore di lavoro ossia de congruo. I loro meriti erano decisamente inferiori a chi aveva lavorato tutto il giorno ma il Padrone della vigna per bontà li trattò allo stesso modo, respingendo come vane le critiche di chi aveva lavorato tutto il giorno, che si ribellava alla disuguaglianza di trattamento, ragionando però con logica ristretta, di tipo meramente contrattuale.
    Non so se quest'interpretazione è esatta. Se sì, dovrebbe comunque dare l'idea.
    T.

    RispondiElimina
  4. Evviva la SS Vergine Maria, onnipotente per grazia! Ci conceda la Corredentrice e Mediatrice il trionfo della Santa Religione.

    RispondiElimina