lunedì 14 aprile 2025

Colligite fragmenta/ Domenica delle Palme

Nella nostra traduzione da OnePeterFive la consueta meditazione settimanale che, nell'ottava della Domenica precedente, ci consente di approfondirne i doni spirituali qui.

Questa domenica sono iniziati gli ultimi giorni di Cristo. Questa domenica ripartiamo liturgicamente. Attraverso il nostro culto liturgico sacro8i e il nostro crisma battesimale (che imprime il sigillo spirituale indelebile del carattere), questi sacri misteri, nella loro devota celebrazione,  sono resi presenti a noi, e noi a loro. Ora, di nuovo, nostro Signore viene a Gerusalemme, in groppa a un puledro d'asina.

Il contesto. Per mesi, gli scribi e i farisei sono diventati sempre più ostili al Signore. Poco prima del grande pellegrinaggio a Gerusalemme per la Pasqua, Cristo ha compiuto il Suo più grande miracolo: la resurrezione di Lazzaro di Betania (Giovanni 11:1-45). I capi del Tempio "tennero consiglio sul come farlo morire" (v. 53).

Dopo un breve soggiorno a Efraim e Gerico, dove predisse il Suo tradimento, la Sua Passione e la Sua Resurrezione, Cristo tornò a Betania, a casa di Maria, Marta e Lazzaro, per un paio di giorni prima del Suo ultimo viaggio a Gerusalemme. La notizia del miracolo di Lazzaro si diffuse. La gente attendeva con ansia ogni Sua mossa.

Cristo si diresse infine a Gerusalemme per la Sua ultima Pasqua. Percorse la strada battuta, lungo la quale, anno dopo anno, gli ebrei compivano i loro pellegrinaggi annuali. Cristo, l'Agnello di Dio, passò per Betfage, da dove venivano portati gli agnelli pasquali annuali al Tempio. Qui ordinò ai discepoli di portargli un puledro d'asina, sul quale misero i loro mantelli perché Lui lo cavalcasse, come il sacerdote davidico Re Salomone che cavalcò l'asina di Davide in città con una grande folla (Matteo 21:7 cfr. 1 Re 1). La gente che accorreva in città per i giorni santi copriva la strada con rami e mantelli. Tutta la città era eccitata per l'arrivo di Gesù. A ogni curva e salita, scorci della città si dischiudevano dal Monte degli Ulivi, scorci del Tempio. I pellegrini cantavano salmi della Pasqua primaverile e la gente rispondeva: " Hosha-na !... "Salvaci!" Osanna… Benedetto colui che viene nel nome del Signore.

Poi ci fu un cambiamento tra la folla di pellegrini e autoctoni. La gente smise di cantare i soliti salmi pasquali e invece intonò i salmi per la festa autunnale del raccolto di Sukkoth, Capanne o Tabernacoli(1). Sukkoth risale ai giorni in cui il popolo nel deserto viveva in "capanne" fatte di rami. Sukkoth attendeva anche il ritorno nrl Tempio della nube della presenza di Dio, che se n'era andata con l'Arca. In quella prima Domenica delle Palme, la gente tagliava rami e li agitava verso Gesù, cantando i salmi di Sukkoth anziché quelli della Pasqua. Agitando le palme si ricordava il secondo libro dei Maccabei 10 e la purificazione del Tempio dopo l'espulsione degli oppressori stranieri. Pensavano che Cristo sarebbe andato al Tempio per offrire sacrifici come sacerdote davidico per portare una nuova era, libera dall'oppressione romana, e che la Presenza di Dio sarebbe tornata.

Tuttavia, Cristo avrebbe invece purificato con violenza il cortile del Tempio dai Gentili, dove si erano introdotti venditori e cambiavalute. Avevano negato ai Gentili un luogo dove pregare l'unico vero Dio. Pochi giorni dopo, quando i Gentili chiesero di parlare con Cristo, il Signore disse: "Gesù dichiarò finalmente che la sua ora era giunta". La voce del Padre fu udita per la terza volta. La Passione ebbe inizio.

Il Signore aveva il Suo puledro d'asina per condurlo alla Sua Passione e alla Sua Vittoria. Sebbene in quella prima Domenica delle Palme il puledro d'asina ricordasse Salomone, e sebbene Cristo solo cavalcasse mentre tutti gli altri camminavano, gli asini erano una visione comune e quotidiana. Nei nostri riti, noi battezzati celebriamo il trionfo dell'arrivo di Cristo a Gerusalemme. Nella vostra processione della Domenica delle Palme, rivendicate parte di quella vittoria come partecipi della missione di Cristo.

Durante i riti della Domenica delle Palme si svolgono le benedizioni delle palme o dei rami d'ulivo che vengono distribuiti ai fedeli per la processione che segue. La benedizione delle palme ha un impatto consacratorio. Il Card. Schuster, commentando i Riti della Settimana Santa precedenti il 1955, li paragona a un'anafora, ovvero ad una preghiera eucaristica. Osserva che una delle collette prima di tale benedizione sta alla benedizione come la preghiera secreta della Messa sta al Prefazio, che rappresenta l'ingresso nell'anafora del Canone Romano. Diamo un'occhiata alla colletta prima della benedizione delle palme. Purtroppo, tra i tagli e gli attacchi degli "esperti", che prefiguravano il lavoro devastante del Consilium al tempo del Concilio, molti elementi dei riti precedenti al 1955 non sono sopravvissuti nel Missale Romanum del 1962. Questa preghiera è una di essi. Tuttavia, anche se non potreste partecipare ai riti nella forma precedente al 1955 o nella versione del 1962, essi sono comunque adeguati per un momento della vostra preparazione alla Settimana Santa. La nostra partecipazione liturgica, quando siamo in stato di grazia, ci forma a rendere un culto appropriato e a vivere la nostra vocazione, entrambe cose gradite a Dio.
Auge fidem in te sperántium, Deus, et súpplicum preces cleménter exáudi: véniat super nos múltiplex misericórdia tua: bene✠dicántur et hi pálmites palmárum, seu olivárum: et sicut in figúra Ecclésiæ multiplicásti Noë egrediéntem de arca, et Móysen exeúntem de Ægýpto cum fíliis Israël: ita nos, portántes palmas et ramos olivárum, bonis áctibus occorrerámus óbviam Christo: et per ipsum in gáudium introëámus ætérnum:…

Accresci la fede di coloro che sperano in te, o Dio, e ascolta con misericordia le preghiere di chi ti supplica: discenda su di noi la tua misericordia moltiplicata; siano benedetti questi rami di palma o di ulivo; e come in figura della tua Chiesa hai moltiplicato Noè che usciva dall'arca e Mosè che usciva dall'Egitto con i figli d'Israele; così possiamo andare incontro a Cristo con buone opere, portando palme e rami di ulivo; e per mezzo di lui possiamo entrare nella gioia eterna.
Anche in questo caso, potreste non partecipare ai riti pre-55, ma ciò non significa che il vostro cuore liturgico non possa essere arricchito dai profondi tesori della saggezza della Santa Chiesa. Ora che conoscete questa preghiera, lasciatela risuonare dentro di voi, che siate nel Novus Ordo o nel Vetus Ordo. La Domenica delle Palme annuncia la sconfitta della morte e dell'Inferno. Le vostre palme, mentre andate in processione e le portate a casa, sono un simbolo della palma imperitura della vittoria. La palma terrena che ricevete si seccherà e si deteriorerà, ma la vostra palma celeste no. Conservate il vostro ramo o fronda di palma e mettetela in un luogo dove la possiate vedere, magari nascosta dietro un'immagine di Cristo Crocifisso. Che vi ispiri, soprattutto quando la vita è dura, a perseverare e a lottare con grazia per la vittoria finale.
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Nota di La Catholica e la sua continuità
SUKKOTH
La festa delle capanne
La festa di Sukkoth inizia il 15 del mese di Tishrì. Sukkoth in ebraico significa "capanne" e sono appunto le capanne a caratterizzare questa festa gioiosa che ricorda la permanenza degli ebrei nel deserto dopo la liberazione dalla schiavitù dall'Egitto: quaranta anni in cui abitarono in dimore precarie, accompagnati però, secondo la tradizione, da "nubi di gloria". Nella Torà (Levitico, 23, 41-43) infatti troviamo scritto: "E celebrerete questa ricorrenza come festa in onore del Signore per sette giorni all'anno; legge per tutti i tempi, per tutte le vostre generazioni: la festeggerete nel settimo mese. Nelle capanne risiederete per sette giorni; ogni cittadino in Israele risieda nelle capanne, affinché sappiano le vostre generazioni che in capanne ho fatto stare i figli di Israele quando li ho tratti dalla terra d'Egitto". La festa delle capanne è una delle tre feste di pellegrinaggio prescritte nella Torà, feste durante le quali gli ebrei dovevano recarsi al Santuario a Gerusalemme, fino a quando esso non fu distrutto dalle armate di Tito nel II secolo e.v. Altri nomi della festa sono "Festa del raccolto" e anche "Festa della nostra gioia", poiché cade proprio in coincidenza con la fine del raccolto quando si svolgevano grandi manifestazioni di gioia. Questa festa è detta anche "festa dei tabernacoli" e il precetto che la caratterizza è proprio quello di abitare in capanne durante tutti i giorni della festa. Se a causa del clima o di altri motivi non si può dimorare nelle capanne, vi si devono almeno consumare i pasti principali. Altri nomi della festa sono "Festa del raccolto" e anche "Festa della nostra gioia", poiché cade proprio in coincidenza con la fine del raccolto quando si svolgevano grandi manifestazioni di gioia.
La capanna deve avere delle dimensioni particolari e deve avere come tetto del fogliame piuttosto rado, in modo che ci sia più ombra che luce, ma dal quale si possano comunque vedere le stelle. È uso adornare la sukkà, la capanna, con frutta, fiori, disegni e così via.
La sukkà non è valida se non è sotto il cielo: l'uomo deve avere la mente e lo spirito rivolti verso l'alto. Un altro precetto fondamentale della festa è il lulàv: un fascio di vegetali composto da un ramo di palma, due di salice, tre di mirto e da un cedro che va agitato durante le preghiere. Forte è il significato simbolico del lulàv: la palma è senza profumo, ma il suo frutto è saporito; il salice non ha né sapore né profumo; il mirto ha profumo, ma non sapore ed infine il cedro ha sapore e profumo. Sono simbolicamente rappresentati tutti i tipi di uomo: tutti insieme sotto la sukkà. Secondo un'altra interpretazione simbolica la palma sarebbe la colonna vertebrale dell'uomo, il salice la bocca, il mirto l'occhio ed infine il cedro il cuore. L'uomo rende grazie a Dio con tutte le parti del suo essere.
L'uomo è disposto a mettersi al servizio di Dio anche nel momento in cui sente che massima è la potenza che ha raggiunto: ha appena raccolto i frutti del suo raccolto, ma confida nella provvidenza divina e abbandona, anche se solo per pochi giorni, la sua dimora abituale per abitare in una capanna. Capanna che è insieme simbolo di protezione, ma anche di pace fra gli uomini. "E poni su di noi una sukkà di pace" riecheggiano infatti i testi di numerose preghiere; ci sono dettagliate regole che stabiliscono l'altezza massima e minima che deve avere una sukkà, ma per quanto concerne la larghezza viene stabilita solo la dimensione minima: nei tempi messianici infatti la tradizione vuole che verrà costruita una enorme unica sukkà nella quale possa risiedere tutta l'umanità intera.
[Spesso la sukkà ha solo tre pareti: la parete mancante rappresenta l'apertura alla comunità. Inoltre non aderisce al terreno, ma è innalzata a 10 cm. da esso (numero evidentemente simbolico) -ndr]
Midrash
La struttura della sukkà, simbolo della protezione del Signore, e le regole che descrivono come debbano essere le sue pareti, sono già contenute nella parola stessa: La sukkà è valida infatti se ha quattro pareti complete, secondo la forma della lettera Samech qui, se ha tre pareti, secondo la forma della lettera Kaf qui; se ha due pareti complete e una porzione della terza, secondo la forma della lettera He  qui. Gaon di Vilna

2 commenti:

  1. «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura»
    Gv 12,7

    Lunedì Santo

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  2. Oggi, nel Lunedì Santo, la Chiesa ci fa memoria di un’immagine forte e provocante: Gesù entra nel Tempio di Gerusalemme e rovescia i tavoli dei cambiavalute. Un gesto drammatico, che forse ci mette a disagio, ma che ci rivela qualcosa di profondo sul cuore di Cristo.

    Gesù non è indifferente a ciò che ha invaso il sacro. Non rimane spettatore. Agisce. Purifica. Ristabilisce l’ordine. Rende di nuovo santo ciò che l’uomo ha profanato.

    Ma quel Tempio non è solo un edificio antico. Quel Tempio… sono anch’io. Il mio cuore è il luogo che Lui desidera abitare. E allora mi fermo, in questo giorno che apre la Settimana Santa, e mi chiedo:

    Quali tavoli devono essere rovesciati dentro di me?
    Quali sicurezze false hanno preso il posto della fiducia in Dio?
    Quali rumori hanno soffocato la voce della preghiera?

    Gesù non entra per condannare. Entra per reclamare ciò che è Suo. Per ristabilire nel cuore ciò che deve essere sacro. Per liberarlo da tutto ciò che lo ha reso un mercato di pensieri inutili, paure, dipendenze, compromessi.

    Lascio che entri. Che rovesci, con forza e amore, ciò che non Gli appartiene. Che resti. Che faccia della mia anima, ancora una volta, una casa di preghiera.

    Inizia la Settimana Santa. Che sia per tutti noi l’inizio di una purificazione profonda. Che ogni tavolo rovesciato nei nostri cuori diventi spazio libero, finalmente, per una comunione vera con Lui. Che non temiamo la Sua presenza che scuote, ma ci lasciamo amare e ricostruire da Colui che entra non per distruggere, ma per salvare.

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