modernista e la crisi della Chiesa
La morte di Papa Francesco segna la conclusione di un papato che ha diviso la Chiesa come mai prima d’ora. Più che un “pontefice della misericordia”, come molti amano definirlo, Francesco è stato il simbolo di un pontificato modernista, che ha sfidato la Tradizione millenaria della Chiesa in nome di un falso ecumenismo e di un dialogo sottomesso al mondo. La sua morte non chiude solo un’epoca, ma lascia aperte le cicatrici di un pontificato che ha cercato di cambiare la Chiesa, allontanandola dalle sue radici.
Un pontificato senza radici: l’accoglienza a tutti i costi
Il principale tratto distintivo del papato di Francesco è stata la sua costante ricerca di “accoglienza”, una parola che, nei suoi pronunciamenti più noti, ha assunto un significato ambiguo, talvolta opposto ai principi cristiani di verità e giustizia. In nome di questa accoglienza, ha abbattuto barriere dottrinali e disciplinari che erano rimaste in piedi per secoli. L’esempio più lampante è il sinodo sulla famiglia, che ha aperto la porta alla comunione dei divorziati “risposati”, una rottura radicale con la dottrina tradizionale della Chiesa, senza un adeguato dibattito teologico, senza nemmeno un chiaro discernimento sulle implicazioni spirituali di tali cambiamenti.
A questo si aggiunga la sua propensione a minimizzare le differenze tra le religioni, facendo della Chiesa un attore di dialogo interreligioso che ha diluito la missione evangelizzatrice. Quante volte Francesco ha speso parole lodevoli nei confronti dell’Islam, o ha cercato di “migliorare” i rapporti con chi rifiuta il Cristo? La sua Chiesa è divenuta quella del compromesso, del sorriso benevolente verso il peccato, e non più della denuncia chiara del male, come la Tradizione ha sempre voluto.
Il papato del relativismo: una Chiesa senza verità chiara
Il pontificato di Francesco è stato anche un papato che ha favorito il relativismo, laddove la Chiesa dovrebbe invece essere un faro di verità assoluta e incrollabile. Le sue aperture su temi scottanti, come l’omosessualità, l’aborto e la famiglia, sono state spesso fatte con toni volutamente sfumati, in un tentativo di evitare il conflitto con il mondo moderno. Ma il relativismo che ha alimentato ha fatto sì che la Chiesa non fosse più un punto di riferimento morale, ma una realtà incerta, incapace di stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. La dottrina cattolica non può essere un’opinione tra le tante; non può essere mescolata con le correnti di pensiero che attraversano la società.
Le sue dichiarazioni confuse e il suo approccio di “inclusività” hanno dato spazio a interpretazioni che hanno minato il cuore della fede cattolica. Invece di rafforzare la Chiesa nel suo ruolo di guardiana della Verità, ha permesso che essa diventasse terreno di sperimentazioni ideologiche. Il caso emblematico è Amoris Laetitia, in cui le linee dottrinali tradizionali sono state messe in discussione senza che si fornisse una base teologica solida per tali modifiche. La Chiesa, in questi anni, non ha proclamato la verità con forza, ma si è piegata alle richieste della società postmoderna, che rifiuta ogni assolutismo morale.
Politicizzazione del papato: una Chiesa al servizio dell’agenda globalista
Ma la modernità che Francesco ha abbracciato non è solo quella spirituale; è anche quella politica. Il pontificato di Bergoglio è stato caratterizzato da un evidente allineamento con le agende politiche progressiste, in particolare quelle che riguardano il cambiamento climatico, l’immigrazione incontrollata e la giustizia sociale, senza mai mettere in discussione i meccanismi economici e politici che hanno alimentato le disuguaglianze globali. La sua Chiesa è diventata un terreno fertile per il cosiddetto “progressismo” laico, quella ideologia che trova nelle politiche ambientali, nella lotta per i “diritti umani” e nell’apertura indiscriminata delle frontiere il suo campo di battaglia. La Chiesa di Francesco è diventata l’ennesimo alleato di un’agenda mondialista che ha come fine non il bene dell’anima, ma il controllo e la manipolazione del popolo.
I suoi appelli sull’immigrazione, per esempio, hanno ignorato le esigenze delle popolazioni europee, costrette ad affrontare l’impatto sociale e culturale di flussi migratori incontrollati. La Chiesa, sotto la sua guida, ha abbandonato il suo dovere di difendere la cultura cristiana europea e di promuovere politiche che rispettassero le tradizioni e la dignità dei popoli. La figura del Papa come guida morale si è trasformata in quella di un leader politico, che ha cercato di ridefinire i confini della giustizia sociale secondo il modello globalista.
Un’eredità scomoda: la Chiesa alla ricerca di se stessa
La morte di Papa Francesco non cancella la realtà della Chiesa che ha plasmato. La sua eredità, purtroppo, lascia una Chiesa che fatica a riconoscere se stessa, che sembra aver smarrito il coraggio di difendere la Verità con chiarezza e fermezza. Non basta un semplice cambio di Papa per risolvere questa crisi. Il problema non è solo l’individuo alla guida della Chiesa, ma un sistema che ha permesso che il pensiero moderno invadesse ogni angolo della gerarchia ecclesiastica, contaminando la dottrina e minando le fondamenta della Tradizione. La vera sfida che attende la Chiesa non è certo quella di trovare un successore che continui a ballare sulle stesse corde del pontificato bergogliano, bensì quella di riscoprire una visione teologica e spirituale che si è progressivamente indebolita. Un ritorno alla fede autentica, senza compromessi e senza dubbi, è l’unica via per salvare la Chiesa dalla sua irreparabile deriva.
Antonio Marcantonio
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV6722_Vigano_Intervista_del%2023%20aprile_2025.html : impagabile e imperdibile intervista, questa, richiesta a Mons, Viganò da Rete 4 (precisamente dalla Redaxizione della trasmissione "Fuori dal coro", di Mario Giordano) ma poi non trasmessa, senza nessuna giustificazionne. Stravolta Mario Giordano si era spinto troppo in avanti, così lo hanno bloccato...)
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