sabato 24 dicembre 2022

Per alzare la coppa del mondo 2022, Leo Messi ha dovuto indossare il Bisht

Dalla newsletter di G. Meotti: "...inaugurata anche la moschea di Ravenna, la seconda più grande d'Italia dopo quella di Roma, sempre con la generosità del Qatar. Poi la nuova moschea di Catania (la più grande del sud Italia). Poi la moschea di Albenga (la più grande della Liguria). Poi la moschea di Torino. Non si fermeranno più. Dal 2012, il Qatar ha finanziato 45 moschee in Italia". 
Oggi il Qatar si trova al centro delle questioni geopolitiche più urgenti del momento. Vicino all'Iran e agli Stati Uniti di Biden, vanta un canale diretto con i talebani in Afghanistan. E grazie alla da'wa, l'azione di proselitismo dell'islam diffusa nelle numerose moschee, è già pronta a controllare i musulmani d'Italia.
Nel caso di Messi, al momento di alzare la coppa del mondo 2022, gli è stato fatto indossare il Bisht, il più tradizionale dei mantelli sauditi nonché uno dei più prestigiosi, associato a regalità, ricchezza e cerimonia. Non è un caso che i Bisht vengano indossati in occasioni degne di nota, come le ricorrenze o i momenti speciali, e da personaggi di spicco. Sta di fatto che ciò è avvenuto proprio il giorno della festa nazionale del Qatar, che si tiene dal 18 dicembre 1878, dall'emiro, dai ministri e da tutte le autorità principali qatariote. Una mossa astuta quella delle autorità del Paese mediorientale: in questo modo si è legata l'immagine del Qatar, attraverso un suo indumento tipico, al calciatore argentino nel momento più importante della sua carriera. E l'immagine della premiazione dell'Argentina destinata a diventare iconica e restare nella storia del calcio per sempre, ci sarà anche il Bisht e dunque riferimento al Qatar per quello che è un atto di propaganda ben congeniato.

Per alzare la coppa del mondo 2022,
Leo Messi ha dovuto indossare il Bisht
di Giuliano Guzzo

Il mantello ha mostrato in mondovisione il livello di sottomissione dell'Occidente all'islam, del resto il Qatar investe molto in tutti i settori e finanziando moschee anche in Italia.
Tutte le grandi storie, quasi senza eccezioni, hanno dei retroscena o delle sbavature, delle piccole ombre che, se non offuscano la luce complessiva di una narrazione, un minimo comunque la ridimensionano. Sembra essere questo il caso del gesto compiuto dal calciatore di cui si parla di più, e giustamente, in questi giorni. Vale a dire il fuoriclasse argentino Lionel Messi, il quale - sollevando la Coppa del Mondo - ha indossato un bisht, un mantello tradizionale del golfo Persico e non solo.

Come rilevato da più osservatori, quel mantello è pregno di significati, dal momento che rispecchia opulenza e prestigio. E il fatto che, a porlo sulle spalle di quello che è universalmente riconosciuto come l'erede - ora ancor di più - di Diego Armando Maradona, sia stato l'emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani - peraltro facendolo in mondovisione -, a detta di molti ha rappresentato la globale sottomissione dello sport più popolare del mondo al potere e all'economia qatariota.

Esagerazioni? Probabilmente no. Lo stesso scandalo Qatargate, che sta investendo l'Unione europea in queste settimane, dimostra infatti che serve incassare un bel po' di banconote per convincersi e provare a convincere terzi che da quelle parti valori come i diritti umani, quelli dei lavoratori, delle minoranze e via di questo passo, contino qualcosa. Perché la realtà dice altro, se non l'opposto. In questo senso, sicuramente il gesto dell'emiro del Qatar risulta molto potente, anche se non va certo fatta colpa al solo Messi.

Come infatti dimenticare le parole - per molti analisti pregne d ipocrisia - di Gianni Infantino, il presidente della FIFA, il quale durante la conferenza stampa inaugurale dei Mondiali di calcio in Qatar aveva affermato: «Oggi mi sento qatariota, mi sento arabo, mi sento africano, mi sento gay, mi sento disabile, mi sento un lavoratore migrante». E lo stesso Infantino, alla vigilia della finale del Mondiale, ha rincarato la dose di ipocrisia, rispondendo - ad una domanda proprio sui diritti umani - che «ora pensiamo ai tifosi di calcio».

Ma torniamo alla politicizzazione, indubbia, dello sfoggio del bisht per un'altra considerazione, che è la seguente.

Si fa bene, anzi benissimo a riconoscere nel mantello rifilato a Messi un gesto clamoroso e vergognoso, ai limiti come si diceva poc'anzi della sottomissione culturale. Però bisogna essere franchi: non è certo il solo caso. Come la mettiamo, infatti, con analoghe politicizzazioni che da anni si abbattono in Occidente su eventi che nulla hanno a che vedere con la politica? Si pensi al collettivo inginocchiarsi prima di una manifestazione, oppure il rosso sfoggiato ovunque in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ricorrenza molto importante ma nel corso della quale è impossibile - salvo che uno non intenda affrontare una bella polemica - ricordare che il primo ad uccidere le donne è l'aborto volontario. E ancora: come la mettiamo con i nastrini arcobaleno esibiti da star, influencer e sportivi di ogni livello, in teoria un simbolo contro le discriminazioni subite dalle minoranze sessuali ma, di fatto, un obolo alle più estreme rivendicazioni Lgbt, incluso l'utero in affitto?

Come si può vedere, il discorso è molto ampio e non finisce né inizia in Qatar. Figuriamoci. Anzi, si può tranquillamente dire che la sudditanza di Lionel Messi all'emiro - sempre che sudditanza piena e consapevole sia poi stata -, è solo l'ultima di una lunga serie che si consumano ogni giorno in Occidente. Solo che queste ultime, anziché come tali, sono salutate anzi celebrate come "scelte di campo" coraggiose. Cosa ci sia mai di coraggioso in chi si accoda alla linea ideologica, se pensiamo ai cosiddetti diritti Lgbt, sposata non solo dalle più potenti cancellerie del pianeta, ma anche da colossi economici come Amazon, Apple o Disney, ecco, si fa fatica a capire.

Come si fa fatica a comprendere chi - giustamente - si indigna per il gesto politico e di sottomissione di indossare un bisht, ma non si indigna allo stesso modo o affatto per i gesti politici e di sottomissione pro-Lgbt. Immaginate per un attimo un Lionel Messi - ovviamente non in Qatar, sarebbe stato impossibile - avvolto da una bandiera Lgbt per alzare la Coppa. Sarebbe stato un gesto salutato come forse il più coraggioso della storia. Non sarebbe stata sottomissione a politica e ideologia anche quella? Il mantello è stato indossato proprio oggi, festa nazionale del Qatar, che si tiene dal 18 dicembre 1878, dall'emiro, dai ministri e da tutte le autorità principali qatariote. Ecco allora che il Bisht è stato dato anche a Leo Messi, protagonista principale dei Mondiali ormai giunti al termine. Una mossa astuta quella delle autorità del Paese mediorientale: in questo modo si è legata l'immagine del Qatar, attraverso un suo indumento tipico, al calciatore argentino nel momento più importante della sua carriera. E l'immagine della premiazione dell'Argentina destinata a diventare iconica e restare nella storia del calcio per sempre, ci sarà anche il Bisht e dunque riferimento al Qatar per quello che è un atto di propaganda ben congeniato. - Fonte

Nessun commento:

Posta un commento