L’ira di Dio si manifesta dal cielo sopra ogni empietà e ingiustizia di quegli uomini che tengono prigioniera la verità di Dio nell’ingiustizia. […] Per questo Dio li ha consegnati alle concupiscenze dei loro cuori per l’impurità, perché disonorino i propri corpi fra di loro. Essi hanno trasformato la verità di Dio in menzogna e reso culto e servizio alla creatura piuttosto che al Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Perciò Dio li ha consegnati a passioni ignominiose: infatti le loro donne hanno mutato il rapporto naturale in quel rapporto che è contro natura. Similmente però anche i maschi, abbandonato il rapporto naturale con la donna, hanno reciprocamente divampato nelle loro concupiscenze, operando turpitudini maschi fra maschi e ricevendo in sé stessi la ricompensa che occorreva del loro inganno; e come non hanno riconosciuto di possedere Dio nella conoscenza, Dio li ha consegnati a una mente insensata perché facciano ciò che non conviene. […] Pur avendo conosciuto la giustizia di Dio, non han compreso che quanti compiono tali cose son degni di morte: non solo quelli che le fanno, ma anche quelli che concordano con coloro che le fanno (Rm 1, 18.24-28.32).
La Provvidenza può a volte disporre che uno, nel corso della stessa giornata, mediti su un certo passo della Scrittura e riceva una notizia sconvolgente connessa proprio a quell’argomento, sul quale egli preferirebbe mille volte non dover tornare, ma che gli si impone per la gravità dell’accaduto. Non si tratta infatti di eventi isolati, ma di crimini perpetrati per decenni ai danni di numerose vittime – se non altro, secondo natura – da un religioso che passa per un grande artista, nonché per teologo e maestro di spirito. In verità non siamo mai stati ferventi ammiratori della sua presunta valentia di mosaicista, benché sia talmente di moda che le sue opere hanno riempito le chiese di mezzo mondo, compresi santuari di altissima frequentazione: le sue figure tutte uguali, con volti inespressivi dai grandi occhi sgranati e impersonali, hanno un che di inquietante e sono lontanissime dai modelli dell’iconografia orientale, di cui sembrano piuttosto una profanazione. Tuttavia non avremmo mai immaginato che si trattasse di un predatore sessuale che ha subìto un processo ecclesiastico dal quale è uscito assolto per prescrizione, anziché per l’insussistenza dei fatti; le misure cautelari prese dal suo superiore generale inducono anzi a pensare che la condotta illecita non sia cessata e che l’intenso ministero di confessore, direttore spirituale e predicatore di ritiri sia sfruttato per adescare e plagiare le prede.
In base a certe indiscrezioni il soggetto sarebbe altresì incorso, per aver assolto una complice, nella scomunica latae sententiae riservata al Romano Pontefice. Se però il capo supremo è stato membro dello stesso Ordine del condannato, anche la più severa delle pene – a quanto pare – può esser rimessa con un tratto di penna poche ore dopo la notifica. Quest’ultimo, per i suoi amici, è disposto persino a bloccare i processi canonici, come avvenuto nel Giugno del 2013 a vantaggio di uno dei suoi grandi elettori, ora deceduto ma non privo di eredi. Sono forse i miracoli della tolleranza zero, tanto solennemente promessa davanti alle telecamere? Il fatto è che lo sfrontato manipolatore, che ha addirittura riammesso all’esercizio del ministero sacerdoti ridotti allo stato laicale per abusi su minori, non gode certo di ottima salute, se è vero che va in ospedale tre volte a settimana per la radioterapia. Sembrerebbe proprio che stessero praticando l’accanimento terapeutico già visto nel caso di altri dittatori tenuti artificialmente in vita per interesse del loro entourage, i cui membri dovevano avere forti timori di perdere l’impunità e altri vantaggi sul piano del potere, della pecunia e del piacere. Tuttavia la morte, come il giudizio particolare, è un’ineluttabile necessità per tutti; sarebbe molto più saggio, di conseguenza, cominciare a fare i conti con quest’evenienza.
Se non è possibile correggere gli errori già commessi, si può almeno smettere di reiterarli. Anche ammesso che quell’anima scampi all’Inferno, dovrà rimanere in Purgatorio sino alla fine del mondo per le colpe di cui si è caricata, non ultima quella di essersi fatta sponsor di una campagna genocida le cui vittime non si contano più. Può anche accadere che un individuo non sia più libero di agire, dovendo sottostare alla volontà di chi ha procurato il suo innalzamento nonché dei collaboratori, non proprio virtuosi, di cui si è circondato; ma cosa si potrebbe ancora perdere, nell’imminenza del redde rationem? Forse la reputazione, se gli “amici” minacciano di aprire certi armadi. Pure questa, però, diventa una preoccupazione superflua di fronte al pericolo della dannazione eterna… sempre che uno ci creda. Il problema è tutto di fede: l’ideologia pseudoreligiosa inventata dai “teologi” moderni l’ha ridotta a vago sentimentalismo esente dal senso di responsabilità, ma non per questo la tremenda realtà del Giudizio cambia o può cambiare, soprattutto se il peccato non è un fatto accidentale, bensì un sistema consolidato.
Un sacerdote ormai maturo, quando era seminarista, aveva intuito che, se fosse entrato in un certo giro, avrebbe fatto una carriera fulminante. Ciò che tuttora lo sorprende è che, all’epoca, non sapeva nulla di una situazione che gli si sarebbe svelata molti anni più tardi, se non che le facoltà pontificie rigurgitavano di studenti dalla condotta non certo encomiabile. Egli è ben consapevole di dover ringraziare il Cielo ogni giorno con la faccia a terra di esser stato preservato dal cadere in quella trappola infernale, vista l’assoluta mancanza, di cui brillava il suo seminario, di formazione ascetica e morale. Come attenuante per chi vi è finito, questa carenza ha il suo peso, dato che, senza una severa e precoce educazione, non basta la nozione intellettuale di una colpa per acquisire la capacità di evitarla. Gli antichi autori spirituali non lesinano precisi consigli e indicazioni pratiche riguardo all’esercizio della castità, ma di tutto questo non si fa più parola nei luoghi in cui si prepara il futuro clero; è molto più facile, purtroppo, che per un’insufficiente vigilanza e selezione dei candidati si apprendano orrendi vizi piuttosto che le virtù.
Difficilmente un risanamento di tale triste situazione sarà avviato dall’alto, almeno nel presente contesto ecclesiale. La Conferenza Episcopale Italiana sta studiando una nuova ratio studiorum per i seminari, certo; abbiamo però fondati motivi di dubitare che affronteranno seriamente la piaga della lussuria e dell’omoerotismo, per non parlare del fatto che, comunque sia, quei testi rimangono quasi sempre lettera morta. Il sinodo sulla sinodalità (neologismo assente sia nella Chiesa antica che nelle attuali Chiese orientali) raccomanda sì l’ascolto di tutti, ma a chi osa evidenziare problemi reali il diritto di parola è di solito negato in partenza. San Benedetto prescrive che, sulle questioni più importanti, sia convocata tutta la comunità e sia data ad ogni monaco la possibilità di esprimere il proprio parere, giacché «spesso il Signore manifesta al più giovane la soluzione migliore» (Regola, 3, 3); nelle nostre assemblee, invece, non c’è spazio per opinioni discordanti. Sarebbe molto più fruttuoso ed evangelico ascoltare anche l’ultimo dei preti, per quanto scomodo, dato che il suo punto di vista è immune da interessi di carriera.
Nella Messa tradizionale, nell’astergersi le mani dopo l’Offertorio, il sacerdote ripete: «Laverò le mie mani fra gli innocenti e girerò attorno al tuo altare, Signore, per ascoltare un canto di lode e per narrare tutte le tue meraviglie. Signore, ho amato l’onore della tua casa e il luogo in cui abita la tua gloria. Non rovinare l’anima mia con gli empi, o Dio, e la mia vita con gli uomini sanguinari, nelle cui mani sono le ingiustizie e la cui destra è ricolma di regali. Io invece nella mia innocenza sono entrato; liberami e abbi pietà di me. Il mio piede sta su terra piana; nelle assemblee ti benedirò, Signore» (Sal 25, 6-12 Vulg.). Sebbene Gesù Cristo sia l’unico sacerdote assolutamente esente da colpe, la scelta decisiva che consente di cooperare con la grazia, per non precipitare in un abisso di peccato, è quella di stare con gli onesti e solo a loro dare confidenza: «Con il santo sarai santo, con l’uomo innocente sarai innocente, con l’eletto sarai un eletto, con il perverso ti pervertirai» (Sal 17, 26-27 Vulg.). Chi ama sinceramente il decoro della casa di Dio, in cui Egli stesso abita (che sia il tempio spirituale della Chiesa o l’edificio materiale in cui si radunano i fedeli), trova la propria felicità nella Sua lode e nel Suo servizio piuttosto che in piaceri illeciti, pur essendo consapevole di non poter fare a meno della grazia per non esser risucchiato nel vortice degli empi, così da poter conservare l’innocenza degli inizi e rimanere al sicuro nella famiglia del Signore.
Diversamente si incorre nel temibile giudizio di san Paolo, la cui pubblica lettura, qualche anno fa, costò a un parroco la rimozione dall’ufficio (mentre quelli che celebrano “matrimoni” sodomitici prosperano senza problemi); eppure si tratta della Parola di Dio, di cui in seminario ci hanno inculcato una devozione quasi esclusiva… Ad ogni modo, l’affondo paolino sui pagani del suo tempo – che piaccia o no – è più che mai attuale, soprattutto nei riguardi dei sacri ministri che deformano la verità divina per giustificare le proprie ripugnanti scelleratezze. Per punizione, Dio ha abbandonato gli empi a tre mali via via più gravi: ai desideri impuri, a passioni ignominiose e, all’apice del traviamento, alla perversione dell’intelletto. Oltre questi terribili castighi che si procurano da sé, essi meritano una pena ancor più grave: la morte, comminata dall’Apostolo non soltanto a chi commette tali turpitudini, ma pure a chi le approva, se non a parole, almeno con i fatti. Se le sue parole fossero applicate alla lettera, che si dovrebbe fare con i prelati corrotti, visto che tale condanna vale già per chi non conosce Cristo?
Sono quelli che Benedetto XVI aveva cominciato a epurare e che, per questo, lo han boicottato con tutto l’odio tipico delle checche clericali, fino a costringerlo a mollare; sarà Qualcun altro a epurarli per sempre, visto che stan seduti sopra la bomba inesplosa dei loro riprovevoli scandali. Nonostante l’età avanzata, il cosiddetto Papa emerito è sorprendentemente ancora fra noi; secondo il segretario, sono cinque anni che potrebbe morire da un momento all’altro, ma la Provvidenza ce l’ha lasciato fino ad ora. Ciò è sicuramente effetto di una precisa disposizione divina, i cui fini saran svelati a suo tempo. Intanto seguiamo il suo esempio di incessante offerta e preghiera per il bene della Chiesa, senza lacerarla ulteriormente, ma amandola e servendola nel dolore. Chiediamo la grazia di saper trasformare ogni scandalo che subiamo in grido accorato e fiducioso da rivolgere al Cielo, sicuri di essere ascoltati. Si avvicina il momento dell’intervento di Dio, che non delude mai i Suoi fedeli, per quanto deboli e zoppicanti, purché rimangano ognuno al suo posto e adempiano il proprio dovere fino in fondo, non recriminando, ma ringraziando.
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