Conflitto di doveri o scelta del male minore
Don Pio Pace
La nota pastorale dell’episcopato francese del novembre 1968 silurava Humanæ vitæ, servendosi del concetto di conflitto di doveri o, ch’è poi lo stesso, di conflitto tra due mali, di cui si scelga il minore.
In realtà, l’espressione, tanto comune, di «male minore» si trova negli autori tradizionali solo per indicare che lo si può tollerare nel contesto di un «atto dal doppio effetto». Tollerare significa che si può eventualmente non impedire il sopraggiungere di un male minore, quando si voglia procurare un bene più grande o impedire un male più grande (Mt 13, 24-30: il Padrone della messe tollera la crescita della gramigna, perché, sradicandola, potrebbe sradicare anche la pianta buona). Allo stesso modo, si può compiere un atto (ad esempio, dare un analgesico ad una persona molto malata), per produrre l’effetto buono desiderato (calmare il dolore), benché possa comportare anche un effetto cattivo non cercato (la narcosi può avvicinare il momento della morte). In altre parole, il male, in questo caso, non è un mezzo voluto, ma una conseguenza tollerata. Tuttavia non si può mai commettere un male (sottoporre ad eutanasia il malato) per ottenere un bene (abbreviare le sue sofferenze). Perché un fine buono non giustifica un mezzo cattivo (Rm 3, 8).
Ciò nonostante, può essere un gesto delicato, in certi casi, tracciare una linea di confine tra l’atto medico, il cui fine è quello di alleviare il dolore, e l’atto, il cui fine è quello di provocare la morte. Oppure, nello stesso contesto, distinguere tra l’eutanasia ed il rifiuto dell’accanimento terapeutico. La questione non si pone, quando l’atto sia, nella sua essenza, contrario alla norma che l’anima, immagine di Dio creatore, ha in sé: non si può mai compiere un atto intrinsecamente malvagio, contrario in sé stesso alla legge iscritta da Dio nel cuore dell’uomo (uccidere l’innocente, distruggere le popolazioni innocenti, compiere un atto generativo distolto dal suo fine). Per questo l’aborto non viene mai consentito, nemmeno a scopo terapeutico. Per questo, una politica di dissuasione nucleare, che includa l’intenzione, benché condizionata, di uccidere innocenti (chi non combatte) è immorale. Per questo, servirsi del matrimonio in modo tale però da rendere direttamente impossibile la procreazione rappresenta, in sé, una grave violazione della legge morale.
Don Pio Pace
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