martedì 18 aprile 2023

È il Vaticano II che ha fallito, non la Chiesa

Nella nostra traduzione da OnePeterFive un articolo che dimostra come e perché non sia pensabile che i fedeli mettano in discussione l'autorità della Chiesa se le sue gerarchie ammettono che il Vaticano II ha commesso errori o non ha raggiunto i suoi obiettivi. 

È il Vaticano II che ha fallito, non la Chiesa 
Dr. Darrick Taylor, 13 aprile 2023 

Eccovi un paradosso. Siamo nell’anno 1545 e la Chiesa cattolica è allo sfascio. La rivolta protestante si è diffusa in Germania, in Francia, in Scandinavia e in Europa orientale. Le violente rivolte contro l’ordine costituito durante la guerra dei contadini (1525), l’assedio di Munster (1534), l’invasione ottomana dell’Europa orientale (1529) e la guerra tra la Francia e il Sacro Romano Impero minacciano la stabilità dell’Europa mentre il virus dell’eresia si diffonde rapidamente. Quasi tre decenni dopo l’inizio dello scisma luterano, Roma, in mano a una curia profondamente corrotta, è paralizzata dal timore che i risultati di un concilio ecumenico possano mettere a repentaglio il suo potere.
Ma ora, una nuova generazione di vescovi e uomini di Chiesa è finalmente riuscita a riunirsi nella città di Trento per discutere delle crisi causate dalla guerra e dalla Riforma, a volte in modo piuttosto aspro ma con la determinazione di fare qualcosa al riguardo. I vescovi sfilano nella navata della basilica di Santa Maria Maggiore, prendono posto, un mare di berrette rosse riempie la grande cattedrale. Si inizia a discutere l’importante questione di come riformare la Chiesa e sanare la divisione causata dalla Riforma. Ma prima che il primo vescovo possa alzare la voce per parlare, si ode un’esclamazione.
"Fermatevi! Questo concilio non può continuare! Deve essere sciolto immediatamente!”.
Gli altri vescovi osservano i loro confratelli, i cui volti tradiscono lo stupore per questa affermazione. Prima che essi possano reagire, la voce acquista un volto, che grida contro di loro con indignazione. “Siete tutti eretici e scismatici, colpevoli del peccato di negare lo Spirito Santo!”. L’uomo che pronuncia queste parole, che per il resto appare del tutto sano di mente, continua a esprimersi in questi termini a lungo, finché i vescovi non esigono delle spiegazioni. Egli risponde: “Avete tradito il Quinto Concilio Lateranense, un concilio ecumenico indetto da papa Giulio II, il quale fu scelto dallo Spirito Santo. La vostra infedeltà al concilio è il motivo per cui la Chiesa non è fiorita. Dobbiamo tornare ai suoi documenti e assaporarne la dottrina pura e viva, e solo allora la Chiesa rifiorirà!”.

Per quanto assurdo possa sembrare questo scenario — è divertente immaginare cosa potrebbe fare un San Carlo Borromeo a una persona del genere —, ciò è esattamente quello su cui insistono tutti coloro che continuano ad affermare, in barba a ogni prova contraria, che “il Vaticano II non è stato ancora messo in pratica”, negando che il precipitoso declino dei fedeli e delle persone che frequentano la Messa degli anni ’60 e ’70 abbia a che fare con il Vaticano II. Tutto quel che sanno fare è sparare al messaggero, insinuando che i cattolici che tirano fuori questo dato sono in un certo modo infedeli, forse anche eretici, perché ne denunciano il fallimento.

Breve storia dei concili falliti
I fedeli cattolici comuni e correnti, non conoscendo la storia dei concili ecumenici, potrebbero essere tentati di credere a tali affermazioni. Ma come ha notato Mons. Paprocki, un concilio può aver “fallito nei suoi obiettivi” pur rimanendo valido. Bastano pochi esempi per chiarire questo punto.
I più importanti sono quelli dei concili falliti in gran parte perché non sono stati “accolti” da grandi porzioni della Chiesa e non hanno ottenuto ciò che si erano proposti di fare. Sembrava che il Secondo Concilio di Lione (1274) potesse riunificare l’Oriente e l’Occidente, ma alla fine Papa Martino IV scomunicò l’imperatore cattolico di Costantinopoli per aver indetto una crociata illegittima contro di lui. L’altro concilio di riconciliazione, quello di Ferrara e Firenze (1439), fu più fruttuoso e riuscì a formare una base per le chiese cattoliche orientali. Tuttavia, la maggior parte dei cristiani orientali non è ancora entrata in comunione con Roma.
In altre parole, questi concili erano validi ma hanno fallito nei loro obiettivi.

Qualcosa di simile è accaduto nel caso del Quinto Concilio Lateranense, citato nello scenario immaginato sopra. Papa Giulio II controllava in modo così rigido i lavori del Laterano V che, a molti, esso sembrava non essere affatto un vero concilio; molti tedeschi, ad esempio, lo ignorarono, chiedendo la convocazione di un “libero concilio cristiano nelle terre tedesche” all’interno del Sacro Romano Impero. Lo scetticismo sulla sincera volontà del papa di riformare la Chiesa fece naufragare ogni suo proposito, anche se molte delle idee lì formulate sarebbero state poi riproposte a Trento.

Anche i concili di cui registriamo i successi non hanno tutti raggiunto sempre i loro obiettivi immediati. Il Concilio di Trento (1545-1563), che riuscì a rettificare in modo molto efficace gli abusi che portarono alla Riforma e a rinvigorire la vita cattolica alla fine del XVI secolo, non ottenne “l’estirpazione delle eresie… la pace e l’unione della Chiesa” o “la disfatta e l’estinzione dei nemici della fede cristiana”, come promesso nella sua sessione di apertura. Il IV Concilio Lateranense (1215) mieté grandi successi nei suoi sforzi di riforma, ma fallì nel suo “ardente desiderio di liberare la Terra Santa dalle mani infedeli”, che non riuscì a realizzare.

In certi casi si può persino affermare che un concilio ecumenico sia stato un fallimento proprio perché ha raggiunto gli obiettivi dichiarati. Il Concilio di Vienne (1311-1312) fu convocato da Clemente V, per volere di Filippo IV di Francia, al fine di ascoltare le accuse contro i Cavalieri Templari. Clemente V sciolse l’ordine, ma oggi sappiamo che perdonò alcuni cavalieri e che le motivazioni di Filippo IV sono sempre state sospette, poiché era in debito pecuniario con l’ordine stesso.

Naturalmente esistono anche casi di concili che non hanno raggiunto immediatamente i loro obiettivi ma sono stati successivamente accolti. Il primo Concilio di Nicea (325) è ricordato per il Credo che ha promulgato, ma non portò l’unità che l’Imperatore Costantino auspicava quando lo convocò. Ci volle un altro mezzo secolo di dispute teologiche, sinodi rivali, imprigionamenti, scomuniche e infine un altro concilio nel 381 (Primo Concilio di Costantinopoli) per definire la natura della Trinità e la forma finale del Credo. Ma questo concilio successivo non fu nemmeno riconosciuto come ecumenico fino a quando non ne venne convocato un altro a Calcedonia settant’anni dopo, nel 451.

I concili possono fallire, la Chiesa no
Ebbene sì, i concili ecumenici possono fallire. Ma questo non significa che sia la Chiesa a fallire quando ciò succede. Penso che uno dei motivi per cui molti cattolici non riescono a comprendere questo fatto sia un concetto confuso della dottrina dell’infallibilità. Sembra che molti pensino all’infallibilità della Chiesa in termini positivi piuttosto che negativi. Il Vaticano I e il successivo insegnamento sul tema spiegano che “infallibilità” significa solo che alla Chiesa è impedito di commettere gravi errori ai più alti livelli della sua autorità. Ma a quanto pare molti ritengono il Magistero una sorta di bacchetta magica divina che offre risposte facili a domande difficili ogni volta che la Chiesa o il papa lo desiderano.

Ma nessuna di queste ragioni giustifica il fatto assurdo che molti ecclesiastici e teologi cattolici insistano a voler rendere il sostegno o la presunta “opposizione” al Vaticano II una cartina di tornasole dell’ortodossia e della fedeltà alla Chiesa. Il Vaticano II fa ormai parte della storia e del patrimonio della Chiesa, ma è solo un concilio. Inoltre, i suoi documenti sono probabilmente tra i più controversi di tutta la lunga storia della Chiesa, il cui preciso significato è ancora oggetto di dibattito ai suoi più alti livelli. È stupefacente constatare il fatto che, nella Chiesa cattolica di oggi, si possa mettere in discussione o persino negare apertamente praticamente qualsiasi dottrina o pratica si voglia, eccetto il Vaticano II. Se un teologo o un ecclesiastico prova a farlo, la sua carriera finisce in un istante. Eppure Hans Küng ha scritto un libro intero che nega l’infallibilità papale (in gran parte nel nome del Vaticano II) ma quanto è morto era considerato un “cattolico in regola”, qualunque cosa ciò significhi.

I fedeli laici cattolici percepiscono l’abisso che esiste tra la realtà concreta e le affermazioni ufficiali che costantemente ne negano l’esistenza. Inoltre, la negazione del fatto che il Vaticano II abbia fallito o che ci sia qualcosa di sbagliato nei suoi documenti consente a coloro che desiderano distruggere l’insegnamento della Chiesa su tutta una serie di questioni di usarla come scusa per farlo. Perché tanti cattolici “conservatori” — che per altri versi sono invece fedeli — continuino a farlo rimane un mistero per me.

Il caso del Concilio di Costanza
I sostenitori irriducibili del Vaticano II sperano ancora che le idee contenute nei documenti conciliari diventino un giorno importanti come è avvenuto nel caso del Laterano V. A volte penso che su questo punto possano avere ragione, ma che semplicemente i documenti del Vaticano II non possano essere il veicolo di tali idee, perché sono troppo pieni di ambiguità, silenzi e contraddizioni, e quindi troppo facili da usare a sproposito.
A tal proposito, i sostenitori del Vaticano II invocano a volte anche il Concilio di Nicea, ricordando che ci è voluto del tempo per vederne gli effetti. Ma, storicamente parlando, il Vaticano II è molto simile al Concilio di Costanza: non solo i suoi sforzi di riforma sono falliti, ma ha anche messo in discussione l’autorità della Chiesa. Si ricorderà che l’obiettivo principale del Concilio di Costanza era quello di porre fine allo Scisma d’Occidente, cosa che riuscì a fare. Ma il suo vero scopo era la riforma. Lo scisma aveva stimolato la crescita del conciliarismo,(1) la dottrina secondo cui la Chiesa dovrebbe essere governata universalmente dai concili, non dai papi. Molti partecipanti al Concilio di Costanza erano teologi impressionanti, come Jean Gerson. (Quello di Costanza è stato il primo concilio ecumenico in cui i teologi accademici hanno svolto un ruolo di primo piano, un'altra somiglianza con il Vaticano II e i suoi periti.) 
Il Concilio di Costanza incarnava le speranze dei riformatori di mezzo secolo fa, ma il suo tentativo di includere il conciliarismo nei suoi documenti ha quasi fatto a pezzi la Chiesa. Ha provocato lo scisma hussita e, per decenni, la convocazione di concili rivali. I suoi nefasti effetti si sono estesi fino all’epoca della Riforma e vi hanno contribuito. Un concilio rivale si tenne a Pisa mentre Giulio II convocava il Laterano V. Hubert Jedin, il grande storico del Concilio di Trento, ha scritto che i vescovi tedeschi sono rimasti passivi di fronte alla rivolta di Lutero perché, per affrontarla, stavano aspettando un concilio “vero”, come quello di Costanza. Cambiò qualcosa solo quando, a Trento, salì al potere all’interno della Chiesa una generazione di vescovi finalmente decisi a fare qualcosa per risolvere la crisi.

È probabile che la stessa cosa succederà con la crisi attuale. Così come il fantasma del conciliarismo ha perseguitato la Chiesa per decenni e ha contribuito al fallimento del Laterano V, anche lo spirito del Vaticano II perseguita la Chiesa di oggi. Nel primo caso ci volle un cataclisma ancora più grande, quello della Riforma protestante, perché la Chiesa abbandonasse il suo flirt con i propri, falliti tentativi di riforma. Dovremmo imparare dal passato piuttosto che ripetere tali errori. Sebbene Dio non lascerà che la sua Sposa alla fine venga sconfitta, la Chiesa è riuscita a mettere alla prova il Suo amore per Lei più spesso e in modi più terribili di quanto vorremmo ammettere, e questo è un terribile fatto storico.

Difendere l’autorità della Chiesa
I difensori del Vaticano II sembrano sinceramente preoccupati per l’effetto che ciò avrà sull’autorità della Chiesa. Si tratta di una lodevole preoccupazione, ma dopo tutte le rivelazioni sugli abusi sessuali, dopo tutta l’eresia che si è diffusa negli ultimi sessant’anni all’interno della Chiesa, dopo lo smascheramento della corruzione finanziaria all’interno della curia, qualcuno pensa davvero che i fedeli decideranno improvvisamente che la Chiesa non ha più autorità solo se i suoi leader ammettono che il Vaticano II ha commesso errori o non ha raggiunto i suoi obiettivi?

No, non lo faranno. Si rendono conto che il tempo del Vaticano II è passato, ma che Dio non ha abbandonato la Sua Chiesa, cosa che i difensori del Vaticano II devono ricordare. È comprensibile che alcuni abbiano difficoltà a farlo, poiché ci sono cose belle nelle aspirazioni del Concilio Vaticano II. Tuttavia, per quanto triste possa essere, a volte bisogna lasciare andare le persone a cui si vuole bene per continuare a vivere. Così è nella Chiesa: è tempo di riconoscere che il Vaticano II non ha né rifatto né distrutto la Chiesa e di riconciliarsi col fatto che esso è solo una parte della vita della Chiesa che dovrebbe essere lasciata definitivamente nel passato.
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Nota di Ciesa e post-concilio
1. Conciliarismo. Quello radicale è un errore ecclesiologico, secondo il quale il Concilio ecumenico è per sé superiore al Papa; mentre il Conciliarismo moderato ritiene che il Papa è inferiore al Concilio solo in caso di eresia e quindi può essere giudicato e deposto dal Concilio. Il principio speculativo da cui parte il Conciliarismo è quello secondo cui “il Papa può personalmente errare, la Chiesa o il Concilio, no”. 
La dottrina cattolica, invece, insegna che il Papa da solo ha il pieno potere di Magistero e di giurisdizione sulla Chiesa universale; mentre il Concilio imperfetto, ossia i vescovi senza il Papa non hanno il supremo potere di Magistero e di giurisdizione, che viene loro da Dio tramite il Papa.
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A I U T A T E, anche con poco,
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