Si cerca di cancellare ogni legame con Dio, con il trascendente, con il sacro dalla vita sociale, ma poi non si può fare a meno di creare cerimonie che scimmiottino liturgie, sacramenti, simboli cristiani, con effetti comici.
Nulla di nuovo sotto il sole, peraltro. Dalla prima, grande esplosione politica dell'irreligiosità in Europa - la fase giacobina della Rivoluzione francese - si cominciò a fare il verso blasfemo al cristianesimo con il culto della "dea ragione", e il positivismo proseguì su quella strada con la "religione dell'umanità" di Comte. Di questa imitazione rimase la statalizzazione - dunque relativizzazione e svalutazione - del matrimonio, con le note conseguenze sulla disgregazione dell'istituto familiare. E da essa originò una strabordante retorica civile nazionalistica e ideologica: bandiere, inni, monumenti. Tutto cristianesimo svuotato, contraffatto e tradito.
Oggi, nell'Occidente governato da élites apertamente scristianizzate, il relativismo woke spaccia l'idea di un trans-umano autodeterminato potenzialmente onnipotente, liberato da ogni dipendenza e dalla condizione creaturale. Ma poi puntualmente, in ogni occasione importante della vita individuale e collettiva, è costretto a ricorrere ancora a "surrogati" del sacro cristiano. Perché naturalmente l'essere umano non può rinunciare a ricercare il senso della realtà, della propria esistenza terrena, della propria razionalità e libertà nell'origine e nel destino assoluto che le trascendono.
Farebbero quasi tenerezza questi atei, laicisti, presunti "razionalisti" incapaci di vivere razionalmente nella secolarizzazione radicale da essi stessi sostenuta, nostalgici del Creatore che rinnegano, se non facesse rabbia la loro ipocrita arroganza.
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