lunedì 24 aprile 2023

La festa di Liberazione ancora usata come una bandiera di parte

Segnalazioni dei lettori assemblate e integrate a modo mio in vista di domani, 25 aprile.
Premessa
Forse non tutti sanno e nessuno ricorda che il 25 aprile è nato come festa patriottica e non come festa ideologica, tanto meno una festa comunista.
22 Aprile 1946 - Umberto di Savoia 
istituisce la festa nazionale “25 Aprile”
DECRETO LEGISLATIVO LUOGOTENENZIALE 22 aprile 1946 - N.185
Umberto di Savoia Principe di Piemonte
Luogotenente Generale del Regno
(...) Abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Art. 1
A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato Festa Nazionale.
In vista del 25 Aprile Giorgia Meloni lancia il suo appello, in occasione della commemorazione della morte dei due fratelli Mattei, Stefano e Virgilio, figli di un esponente locale del Movimento sociale italiano, morti nell'incendio appiccato da alcuni militanti di estrema sinistra: 
"Erano gli anni nei quali l’avversario politico era un nemico da abbattere, erano gli anni dei cattivi maestri sempre pronti a giustificare anche il più orrendo dei crimini o a costruire false verità per coprire i responsabili, erano gli anni delle fazioni contrapposte e della delegittimazione reciproca... Il popolo italiano ha saputo superare quegli anni così duri. Non lo ha fatto senza difficoltà. Le cicatrici delle profonde ferite subite ne sono il segno concreto e, spesso, tornano a far male. Non possiamo cancellare la storia o chiedere alle famiglie delle vittime di dimenticare ciò che è successo. Non possiamo restituire la vita ai troppi giovani che l'hanno sacrificata a un'ingiusta violenza. Quello che possiamo fare oggi è tenere viva la memoria di quanto accaduto, per evitare il pericolo di ricadute e condurre l'Italia e il nostro popolo verso una piena e vera pacificazione nazionale... È l'obiettivo che mi auguro tutte le forze politiche, le Istituzioni, le agenzie educative e la società vogliano porsi per trasmettere alle nuove generazioni un messaggio di rispetto e tolleranza. Perché nel confronto politico non ci siano più nemici da abbattere o da distruggere, ma soltanto avversari, con i quali confrontarsi civilmente e nel riconoscimento reciproco".
In effetti, tra i cittadini (ad eccezione degli intellettuali d'assalto in sevizio permanente effettivo su tutti i canali mediatici che la destra ancora non ha imparato a procurarsi) chi si ritiene una persona totalmente libera e democratica, aborre ogni forma di totalitarismo che sia fascismo che sia comunismo... E vorrebbe che il 25 aprile fosse la festa di tutti, la festa di chi ha davvero una coscienza democratica. 
Poi invece vedi, leggi e ascolti che ancora, dopo 78 anni, una parte politica se ne ritiene proprietaria e si arroga il diritto di essere la sola a poter festeggiare e non solo... ma pretende anche di stabilire chi può e chi non può farlo, chi può e chi non può salire su un palco. E lo fa con arroganza e violenza dialettica, ignorando tutti i problemi e le opportunità che l'Italia deve affrontare e cogliere, sia sul piano etico che su quello antropologico e conseguentemente economico politico e giuridico, in questo difficile passaggio epocale. 
E vedere sfilare bandiere rosse mette una tristezza infinita... La sinistra non vuole che sia la festa dell'Italia libera, non vuole che sia una festa che unisca la nazione... vuole mantenere un clima di odio nel paese, vuole conservare una contrapposizione per giustificare, per mera convenienza esistenziale, il loro falso, mellito, stucchevole, stantio antifascismo di attacco. Vivono solo di questo, non c'è altro da proporre... 

Una visuale storico ecclesiale
Cito: "Il cattolico degli anni 30 e 40 si proponeva la conquista. Dopo la guerra ha ripiegato sulla testimonianza. Con i preti operai ha tentato la presenza. Dopo il Vaticano II ha scoperto il dialogo. Poi ha cominciato a dire che voleva limitarsi ad accompagnare. E adesso teorizza la necessità dell'assenza. Così il cerchio si è chiuso, finendo nel nulla". (P.Louis Bouyer)
Rispone Historicus:
Nota bene: quanto all'Italia, negli anni 30 e 40 c'era il fascismo, che ha rivitalizzato la Chiesa, a partire dalla Conciliazione. Non solo ha ridato al Papa un micro potere temporale, comunque sufficiente per i bisogni di oggi, ma ha ridato alla Chiesa il matrimonio, ha riconosciuto la scuola e l'università cattolica, etc. Lo spirito di rinnovamento nazionale e di conquista che il fascismo ha ispirato negli italiani si era trasmesso anche alla generazione più giovane del sacerdozio mentre molti sacerdoti erano spontaneamente grati a Mussolini per tutto quello che aveva fatto e faceva per la Chiesa. Gli errori del fascismo, a cominciare dalle leggi razziali, non hanno in realtà inficiato questo quadro.
IL clima pubblico era dominato da una retorica di un certo tipo, nazionalistica, ma non c'era solo quella, c'era anche cultura e c'era un autentico rinnovamento spirituale. Del resto la retorica domina sempre nel pubblico, noi siamo oberati da decenni dalla peggior retorica democratica, senz'altro peggiore di quella fascista, dal momento che vuole farci ingoiare le peggiori perversioni come se fossero legittima manifestazione dei diritti umani.
Il fascismo viene oggi liquidato anche in ambito cattolico come un regime "totalitario e anticristiano", etichetta falsa perché il regime non fu affatto anticristiano e il suo totalitarismo era "imperfetto" e comunque peculiare, non paragonabile a quelli veri, comunista e nazista.
Di contro al rinnovamento spirituale degli italiani all'insegna degli ideali di Patria, Nazione, spirito di sacrificio e di conquista, si opponeva il lavorio dei cenacoli cattolici antifascisti del tipo di quelli alimentati da prelati obliqui come mons. GB Montini, che, contro l'art. 43 del Concordato, faceva politica (antifascista) grazie ai gruppi cattolici universitari, riciclando anche vecchi arnesi del Partito Popolare Italiano (l'antenato della DC, fondato dal barone siciliano Don Luigi Sturzo).
Né si oppone a quanto detto lo scontro momentaneo con Pio XI sull'Azione cattolica. Il regime passò esteriormente dalla parte del torto per via di alcune ottuse violenze squadristiche contro sedi dell' AC, ma in sostanza aveva ragione perché l'AC, violando l'art. 43 del Concordato, che la limitava ad un'attività prevalentemente religiosa, faceva in realtà politica universitaria e sindacale.
E diciamo pure, per onestà di storico, che il fascismo, pur avendo commesso ingiustizie ed errori, anche gravi, è rimasto ben lontano dalle infamie perpetrate soprattutto in campo etico e morale dalla presente, decadente e corrotta democrazia occidentale.

Rivangare per odiare, no. Rivangare per ristabilire la verità, sì. Per lo meno per ristabilire alcune verità.
Una verità da ristabilire sarebbe quella delle vicende belliche. La vulgata resistenziale, quella che chiama ancora oggi i fascisti repubblicani "repubblichini", afferma in sostanza che le forze armate di Salò furono solo quelle di mediocri scherani al servizio del tedesco invasore, regolarmente sconfitte dagli eroici partigiani. Quattro gatti, maltrattati dai tedeschi, essendo le forze valide tutte dalla parte dei partigiani.
Ma questa vulgata fa parte del mito della Resistenza, mito demolito dai libri di GP Pansa, saggista di sinistra, nei suoi noti e terribili libri sul "Sangue dei vinti". Anche Pansa dimostra che le cifre di ecatombi di tedeschi e fascisti che si ritrovano in molte fonti partigiane sono gonfiate a dismisura. Chi vuole controllare può leggere un libro onesto e ben documentato, anche se non condivisibile in tutte le sue valutazioni politico-militari, quello di Alberto Leoni, "Il paradiso devastato. Storia militare della campagna d'Italia", 1943-1945, Ed. Ares, 2012, pp. 495. Per le cifre gonfiate: pp. 368-373. Un esempio. Secondo le fonti comuniste "a Camasco il battaglione M [Camicie Nere della Tagliamento] fu attaccato per due giorni di seguito e obbligato alla fuga dopo aver lasciato sul terreno 30 morti, il vicecomandante e la bandiera. Replica di Carlo Mazzantini, autore di 'I Balilla andarono a Salò': - Io c'ero. Si trattò di tre brevissimi scontri a fuoco in cui ci furono sei morti. Non ci fu nessuna fuga e nessuna bandiera perduta perché le bandiere non si portano per le montagne in missione di contro guerriglia. Lo stesso episodio è riportato in un'altra fonte comunista, con dovizia di particolari inventati".
Le fonti non resistenziali sembrano più attendibili, dato che i caduti della RSI in combattimento, a detta degli storici più seri, furono circa 5000. Se fossero vere le cifre di cui sopra sarebbero stati molti di più, cosa impossibile secondo l'analisi incrociata dei dati.
I "molti di più" si ebbero appena finita la guerra, quando cominciarono i massacri contro chi si era regolarmente arreso e il personale civile della Repubblica fascista.
Va anche ricordato che alla Liberazione furono fatti uscire dalle carceri anche i delinquenti comuni. (Historicus)
* * *

Propongo anche l’ottimo intervento di Daniele Lanza, italiano che vive e lavora a Mosca. Scritto in modo informale, ma efficace, pubblicato sulla sua bacheca FB.
Di sfuggita: non serve a nulla meravigliarsi della risposta della senatrice a vita Liliana Segre al “Corsera”. Alla domanda se a Milano una donna ucraina salirà sul palco del 25 aprile e se la resistenza degli ucraini è paragonabile a quella contro il nazifascismo la Segre risponde: «Condivido la scelta di dare voce a una rappresentante del popolo ucraino. Lo vedo anche come un segno di solidarietà verso i tantissimi anziani, donne, bambini, costretti a lasciare il loro Paese. Del resto sarebbe difficile in un anno come questo intonare Bella ciao senza rivolgere un pensiero agli ucraini che nelle scorse settimane si sono svegliati e hanno “trovato l’invasor”». Quello della Segre è il naturale epilogo della saga resistenziale. Come scrive Daniele Lanza, il 25 aprile OGGI diventa inevitabilmente filo Kiev perché chi ha prodotto il sistema costituzionale che segue al 25 aprile 1945 sono forze ATLANTICHE. Forze atlantiche oggi di nuovo in guerra… e lo stato italiano, che è una sua diramazione, batte i tacchi, così come li battono i cultori del mito della Liberazione, non a caso schierati disciplinatamente dalle parti del protettorato atlantico ucraino del quisling Zelensky. [Per i fessi sempre in agguato: non è che i non cultori del mito resistenziale, anch’essi, non si schierino per lo stesso protettorato… siccome siamo in democrazia l’atlantismo prevede la versione sia di sinistra che di destra.]
25 APRILE (Festeggiatelo. Voi)
di Daniele Lanza

La finisco coi giri di parole e vado al punto, cui secondo mio stile, mi appropinquo strisciando (mi scusino per la lentezza): sono imbarazzato di non poter condividere, dalla mia prospettiva, alcuna epica nazionale legata agli eventi del 43-45 e RESPINGO entrambe le definizioni con cui ho introdotto la questione.
  1. RESPINGO la versione classica (“Guerra di liberazione”): siamo stati “liberati”, ma da CHI? Per quali scopi? Non certo dai partigiani che da 4 gatti che erano, si moltiplicano magicamente fino alle centinaia di migliaia giusto nelle settimane immediatamente antecedenti la sicura vittoria (tanto quanto un partito comunista allo stato virtuale da circa 20 anni che a partire dalla fine del 44 si ritroverebbe con quasi 500'000 tesserati di punto in bianco (…). All’estero si sorride (di scherno) quando si raccontano questi aneddoti rivelatori dell’animo italiano (senza nulla togliere a coloro che in tali idee credettero per davvero sin dal principio, sperimentando carceri fasciste, confini e quanto d’altro… ma è un’altra storia).
  2. CHI ha sgomberato la penisola dai crucchi sono stati 200'000 yankee in possesso di armamenti ed equipaggiamenti che non ci si poteva nemmeno sognare, forti di linee rifornimenti letteralmente illimitate: liberavano un territorio in vista di una sua inclusione nel proprio ordine geopolitico atlantico in qualità di grande e irrinunciabile satellite mediterraneo. Stalin aveva pacificamente consentito mesi prima a YALTA (laddove, come sempre, si ufficializzarono sul piano diplomatico le linee di confine GIA’ tracciate dagli eserciti sul campo. Funziona così dai primordi, signori e signore: la diplomazia serve a prevenire le armi, certo, ma una volta queste messe in moto, altro non può fare che certificarne l’effetto…e ufficializzare ciò che già è avvenuto, come farebbe un bravo notaio). NON sono stati gli italiani a liberare l’Italia, ma gli stormi di bombardieri a stelle e strisce a far sloggiare l’Oberkommando Wehrmacht. VICEVERSA, se anche, ucronicamente, avessero prevalso le camicie nere… il merito non sarebbe stato loro, quanto delle migliaia di panther germanici in prima linea. Gli ITALIANI di per sé (destra o sinistra che fossero) non hanno vinto né liberato NULLA.
  3. RESPINGO la versione buonista (“Guerra civile”) attualmente dominante, per le seguenti ragioni:
    Signori e signore, mi costerna dover fare da saccente dizionario eppure la trappola semantica lo richiede per forza: l’espressione “guerra civile” sta ad indicare un conflitto INTERNO ad uno stato sovrano, nel corso del quale due fazioni armate, LIBERE ed indipendenti (pur occasionalmente appoggiate da qualche potenza straniera) si scontrano sinché non ne emerge un vincitore. Ripeto, un aiuto da mano straniera è possibile ed anzi frequente, ma non altera la natura di base del confronto in corso che vede due fazioni della medesima cittadinanza misurarsi con le armi, da una posizione di SOVRANITA’ indiscussa (questa parola ha un significato totale in questo discorso).
L’Italia dopo l’8 settembre del 1943 non ha più alcuna sovranità, nemmeno l’ombra: la sovranità la detengono forze straniere (Wehrmacht e US-ARMY) dislocate capillarmente sul territorio con mezzi enormi. Codeste forze straniere per i PROPRI interessi (gli uni far sopravvivere il proprio reich creando uno sbarramento sull’Appennino, gli altri guadagnarsi un super satellite nel cuore del Mediterraneo) combattono senza esclusione di colpi, avvalendosi della popolazione autoctona, estremamente utile per la conoscenza del territorio nonché potenzialmente coscrivibile come truppe di supporto… e CHE supporto! Da un lato Brigate nere, X° MAS, Guardia nazionale repubblicana a strafare per coprire le retrovie germaniche formicolanti di partigiani. Dall’altra parte… reparti superstiti del regio esercito a supporto del corpo di invasione angloamericano + profusione di divisioni partigiane tra le montagne dell’alta Italia a supportare l’avanzata alleata formicolando pertinacemente in mezzo alle retrovie germaniche (vedi sopra!).
Tutti a SUPPORTARE! Un immenso sforzo collettivo di SUPPORTO. Oltre agli ori, gli argenti e i bronzi dovrebbero conferire in questo caso, anche il platino alla funzione di “supporto”. Tanto partigiani quanto repubblichini si sono distinti nel supportare i rispettivi sovrani del campo, fossero crucchi o yankee.
Mi rammarica ricordare che il verbo “supportare” ha implicazioni non indifferenti. Colui che supporta, rende una grande servigio al proprio condottiero, il che però non fa di lui a sua volta un “condottiero” (!): piuttosto ne fa un ottimo SCUDIERO. “Supportare” si associa maggiormente alla funzione di aiutante di campo, tipo portare gli speroni al signore sellargli il cavallo… cose del genere.
Per tagliar corto con metafore aulico-comiche, affermo che entrambe le parti in gioco difettavano di quella sovranità che è requisito essenziale per poter definire un conflitto “guerra civile”. Gli italiani, pur chiamati in massa all’azione militare, su un piano freddamente politico NON costituivano soggetto dotato di potere decisionale che travalicasse i propri superiori (occupanti germanici o americani). Gli ITALIANI, tanto quelli dalla parte giusta quanto quelli non... si ritrovavano in uno status di subalternità nei confronti delle forze straniere cui facevano capo : quando c’è una guerra civile in cui le fazioni nazionali contrapposte sono entrambe a loro volta ETERODIRETTE da potenze extra-nazionali, allora il conflitto in questione perde la sua definizione di “guerra civile” in senso proprio, in quanto tale guerra non è che un urto tra fazioni locali, a sua volta riflesso di una collisione di ordine superiore tra le due potenze globali (Terzo reich e USA, in questo caso).
In una freddissima (gelida) logica geopolitica gli italiani che militarono da una parte o dall’altra, a prescindere dalle ragioni, giuste o sbagliate che potessero essere (non lo discuto), si ritrovarono accomunate da uno status di subalternità, ridotte a tramite, o strumento traverso il quale il burattinaio (Berlino o Washington) poteva manifestarsi meglio sul territorio.
Gli ITALIANI, quale che fosse il loro colore o inquadramento, o sincere intenzioni, NON contavano più una mazza nell’arena dei grandi giochi (se mai qualcosa avessero contato): si industriavano semplicemente a supportare i rispettivi dominatori nella speranza che costoro nel dopoguerra concedessero loro uno status più vivibile.
Concludo: la storiografia italiana successiva al conflitto non poteva naturalmente ridurre quel tragico biennio scrivendo : “Nazisti e angloamericani si sono presi a cannonate per tutta la penisola, con mezzo milione di militari ciascuno (mezzi impressionanti gli yankee e determinazione folle i germanici) per quasi due anni : i cittadini italiani, non sapendo che fare han deciso, ognuno in coscienza propria, di servire in armi l’occupante che gradiva di più (e questo sorvolando l’immensa fascia GRIGIA di chi non si schierò proprio aspettando la conclusione degli eventi….)”.
ECCO: i nostri manuali scolastici, per amore di patria e pietà legittima per i caduti, NON potevano fornire spiegazioni simili. NON rendeva senso al troppo sangue versato; NON si poteva dire che gli italiani fossero come gli “Ewoks” della saga di guerre stellari (simpatici e pacifici esserini coinvolti in un conflitto galattico molto più grande di loro).
Insomma, ciò che era assolutamente indispensabile era dilatare il significato il senso dell’agire italiano tra il 43 e il 45, portandolo al titolo di “guerra”, come se si fosse trattato di una libera pugna tra fazioni e non il riflesso di forze più grandi in gioco cui si era asserviti. Varieranno, come ho tentato di argomentare, le definizioni contenenti il sostantivo “guerra” (di liberazione prima, e civile poi), ma senza mai toccare il perno essenziale concernente la natura del cittadino italiano in tale conflitto. Il messaggio da dare era: [GLI ITALIANI CONTANO! SONO ARTEFICI DEL PROPRIO DESTINO!], da incorniciare.
Le 300 righe con cui vi ho angustiato si riducono a questo: gli ITALIANI hanno combattuto, sì. Hanno combattuto valorosamente, in nome di ideali in cui sinceramente credevano. Hanno sopportato il peggio, dato che tutto si svolgeva a casa loro.
Il problema è che la guerra che si combatteva, benché in casa loro, non era LORO… era di superpotenze che passavano da quelle parti.
Gli italiani non hanno fatto una “loro” guerra, bensì hanno partecipato a una guerra altrui (ma disgraziatamente ambientata proprio in Italia… fattore quest’ultimo che ha facilitato oltremodo, alla maggiore confusione, cioè a convincere l’italiano che stava combattendo per la propria sovranità e libertà, cosa che entrambe le macchine propagandistiche nazi e Usa diffondevano a sirene spiegate.) [fine riflessione]
Possiamo tornare a noi quindi. Ecco perché il 25 aprile è inevitabilmente filo Kiev, disgraziatamente (si cercherà di declinarlo in quel senso): perché chi l'ha prodotto realmente, ovvero chi ha favorito il sistema partitico costituzionale che ne segue sono le forze ATLANTICHE. Semplice.
Quest'ultime 75 anni più tardi sono di nuovo in guerra... e lo stato italiano dato che ne è una diramazione deve seguirle.
Sono lieto di non essermi mai affezionato ad una mitologia costituzionale patriottica italiana, vedendo questa deriva (ma vedete, lettori miei, io tale deriva la vedevo tanti anni fa, molto prima che fosse.... dato che alla "liberazione" italiana non ho mai creduto fino in fondo).
Perché LIBERTA' non è semplicemente essere "liberi". Libertà è essere senza una direzione dall'alto (anche se quest'ultima fosse giusta). Libertà... è anche sbagliare. (Antonio Catalano)

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