martedì 8 marzo 2022

I decreti di papa Francesco confondono i modernisti

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Lo specialista friburghese in liturgia Klöckener ritiene che la completa liberazione della liturgia preconciliare per la Fraternità San Pietro con un decreto di papa Francesco [qui] sia "totalmente incomprensibile nella sostanza".
Martin Klöckener è professore all'Università di Friburgo in Svizzera. Specialista in liturgia, insegna teologia pratica. Il decreto di papa Francesco a favore della Fraternità San Pietro (FSSP) lo ha profondamente confuso.
Per questo liturgista, papa Francesco segue un percorso a zigzag: prima limita radicalmente la liturgia preconciliare, e ora dà il massimo delle concessioni alla FSSP. Lo specialista friburghese critica chiaramente questa situazione.

Per lui, con questo decreto, il Papa ha rivisto la propria osservazione secondo la quale esiste una sola forma di espressione del rito romano, e cioè quella successiva alla riforma liturgica, ha scritto martedì, in un articolo destinato al portale svizzero kath.ch. "Ci sono semplicemente di nuovo due forme di espressione riconosciute", continua lo specialista liturgico.

Martin Klöckener si aspettava nuove regole per le comunità tradizionaliste, in accordo con Traditionis Custodes. "Ciò avrebbe richiesto un riorientamento dell'immagine di sé della FSSP nel quadro delle restanti possibilità liturgiche."

"Il motivo per cui il Papa decide diversamente resta per me un enigma", spiega lo specialista in liturgia, che nel 2020 si è espresso, con più di 130 teologi, contro uno sviluppo della liturgia preconciliare.

L'antica liturgia non è conciliabile con il Vaticano II
Nel caso della FSSP, non è una liturgia specifica della comunità, come capita per molti ordini religiosi, sottolinea Klöckener. Non si tratta qui di certi testi e riti particolari o particolarità del calendario liturgico utilizzato, ma "della versione integrale del rito romano, sostituita da un concilio".

I riti preconciliari costituiscono certamente "un'alta testimonianza della storia della liturgia". Ma sono "spesso legati a posizioni teologiche, ecclesiologiche, teologiche del ministero" che "non possono più essere conciliate con le decisioni del Concilio Vaticano II, i documenti ecclesiastici che ne sono seguiti e le attuali conoscenze teologiche", continua il liturgista.

Una posizione incoerente
Se seguiamo il ragionamento dell'eminente liturgista, i riti in uso da centinaia di anni, e alcuni da più di mille anni, sono diventati, a causa delle decisioni del Concilio Vaticano II, incompatibili con la corrente teologica. Senza dimenticare che un certo numero di questi riti è stato mantenuto nella riforma liturgica, e che sono stati riutilizzati elementi molto antichi.

Così, la lex orandi della Chiesa sarebbe diventata falsa, erronea, fuorviante, da un giorno all'altro, per la magia di decreti che non sono insegnamenti infallibili. Si afferma, in un certo modo, che la Chiesa si è sbagliata durante tutti questi secoli, o che aveva una nozione molto incompleta di ciò che è. Chi vogliamo prendere in giro?

Ma è possibile vederla in un altro modo. Se questa lex orandi, levigata per secoli dalla Santa Chiesa, ha conservato tutto il suo valore e la sua capacità dottrinale, e se il nostro eminente liturgista ha visto giusto, allora dobbiamo concludere che proprio queste decisioni sono incompatibili con la teologia e la dottrina della Chiesa. Questo pone evidentemente un problema serio.
(Fonti : cath.ch/katholisch.de – FSSPX.Actualités)

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