Al punto in cui siamo anche gli atei se ne sono accorti. Senza Trascendenza l'uomo diventa Dio-denaro. Ma, dallo stralcio dell'intervista su La Stampa da cui abbiamo tratto la riflessione sotto riportata, Umberto Galimberti, citando San Tommaso, non focalizza l'essenziale. Per San Tommaso, come per ogni credente, il bello è uno dei trascendentali dell'Essere, quindi di Dio. Ciò esclude ogni visione o lettura soggettiva della Bellezza, indissolubilmente legata a Unità Verità Bene.
Umberto Galimberti, l’ultimo filosofo dell’etica, lo psicanalista della follia come grande affresco dell’umano, ha risposto a questa domanda qualche giorno fa a Villa Tornaforte-Aragno a Cuneo parlando di «metamorfosi e denaro».
E in che modo può farlo? In tanti. Partendo ad esempio dalla sua ossessione. O da come la società contemporanea lo abbia trasformato in un feticcio o in un dio.
Addentrandosi, poi, nel mondo oscuro della concupiscenza: l’uomo che accumula come forma pura di potere. Oppure parlandone da Aristotele in avanti. Fino a Hegel o Marx. E fino a chiedersi quando la Storia ha rotto gli argini: quando il denaro, cioè, da mezzo si è trasformato in fine. La sua, la nostra.
Ha ancora senso parlare di valori?
«Della bellezza, anche se così rara. Del suo incanto, della sua legge. San Tommaso dice che la bellezza è quello che vedi e ti piace. Kant aggiunge qualcosa in più: la bellezza è quel che piace senza concetto e senza possesso. Eppure più vado avanti nella vita più elimino vocaboli. Nel mio vocabolario, ad esempio, non c’è più la speranza. Già Pasolini l’aveva tolta dal suo orizzonte».
L'intervista completa di Chiara Viglietti è su La Stampa (leggibile solo per gli abbonati). Ma il nostro spunto è già sufficiente in quanto focalizza l'essenziale.
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