lunedì 7 marzo 2022

«Il conflitto poggia sulla visione per noi assurda che per frenare la deriva antropologica europea si possa ricorrere anche alle armi»

Un aspetto ed elementi da non sottovalutare: pensieri che avevo fatto anch'io e che stavo elaborando; ma visto che c'è chi mi ha preceduta li riprendo di seguito. 
Del resto leggevo proprio su Il Messaggero di ieri e cito: Per il Patriarca Kirill la guerra è moralmente giusta e utile a fermare la lobby gay occidentale – Città del Vaticano – In Ucraina è in corso una guerra giusta, dal punto di vista morale, che serve per proteggere la regione del Donbass che da anni è attaccata dalle forze del male, da una specie di Anticristo che avanza e oscura i valori tradizionali cristiani. Dietro le quinte di tutto questo si muove potente la lobby gay. Il Patriarca di Mosca, Kirill ha manifestato oggi - in un discorso pubblico apparso sul sito ufficiale -  questa visione apocalittica. Da una parte le forze del male, e dall'altra le forze del bene. Egli  ha rilevato di come nel Donbass [che peraltro ha sofferto anni di repressioni sanguinose da parte dei miliziani ucraini che non entrano nella vulgata del mainstream -ndr] la gente (a maggioranza russofona) rifiuti «i cosiddetti valori di chi rivendica il potere mondiale».  Kirill descrive un mondo marcato dal consumo eccessivo e da una apparente libertà. «La prova è molto semplice e allo stesso tempo terrificante: si tratta di una sfilata dell'orgoglio gay. La richiesta di organizzare una sfilata dell'orgoglio gay è una prova di fedeltà a quel mondo molto potente; e sappiamo che se le persone o i paesi rifiutano queste richieste, non fanno parte di quel mondo, ne diventano alieni». Il Patriarca di Mosca rincara poi la dose e afferma che «per entrare nel club di quei paesi bisogna fare una parata dell'orgoglio gay (…) Si tratta quindi di imporre con la forza il peccato che è condannato dalla legge di Dio, il che significa imporre con la forza la negazione di Dio e della sua verità alle persone». [vedi].
Ma in ballo non è solo la cultura Lgbt, c'è l'inversione legalizzata di tutti i principi fondanti della nostra fede nonché della nostra civiltà: basti pensare al dilagare dell'aborto, all'eutanasia, all'imposizione del gender e dei matrimoni omo, allo ius soli troppo spesso evocato dalla sinistra, alla denatalità che si pretenderebbe risolvere, invece che con la cultura della vita riagganciata alle radici cristiane rinnegate, mediante una sostituzione etnica provocata dall'invasione di masse senza controllo [qui] (non mi riferisco ovviamente ai veri profughi, che è doveroso accogliere).

«Il conflitto poggia sulla visione per noi assurda che per frenare la deriva antropologica europea si possa ricorrere anche alle armi»

Molti pensano che le guerre scoppino solo a causa di motivi economici. Certo, l’approvvigionamento delle materie prime, il controllo delle rotte commerciali, la penetrazione dei mercati sono fondamentali; ma limitarsi a questo, pur se importante, fattore, impedisce di comprendere che è la logica di potenza – o di sub potenza – a muovere gli stati. Perciò è utile analizzare le vicende internazionali alla luce della geopolitica, la quale non può fare a meno di considerare aspetti che gli “economicisti” (e con loro gran parte della Politica) non solo faticano a comprendere ma che addirittura snobbano: culturali, sociali, antropologici, religiosi. Torna utile, in questo senso, nell’attuale crisi, capire i movimenti interni alle varie chiese presenti sul campo: le Chiese di Russia e Ucraina e le relazioni tra queste e la Chiesa di Roma.


A tal proposito conviene leggere l’intervista della “Verità” al teologo Nicola Bux (esperto di liturgia, nominato da Papa Benedetto XVI consultore dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche e del Culto Divino). Lo stesso Bux che nello scorso dicembre affermava che nelle organizzazioni Ue è presente una influente componente anticristiana, ciò deducendosi, secondo lui, dai tanti pronunciamenti e comportamenti di favore nei confronti di gruppi e minoranze che «vogliono imporre una visione anticattolica»; e criticava la proposta fatta da Papa Francesco nel suo viaggio a Cipro. «Il paradosso attuale», sosteneva Bux, «è che si invoca l’inclusione dei migranti provenienti dai Paesi islamici, ma si finisce per proporre loro il modello Lgbt, cioè un’impostazione che gran parte di queste persone rifiuta. Se non si considera la fisionomia del corpo che accoglie, il processo di integrazione finirà con un violento rigetto, proprio come un trapianto andato a male». Secondo Bux con l’Islam non può esserci compatibilità, «al massimo, può esserci tolleranza». Ma, e qui il paradosso diventa davvero enorme, «oggi l’Europa pecca di una grave intolleranza nei confronti di chi, egualmente europeo, non la pensa come i gruppi di potere che dettano l’agenda. Se non siamo in grado di proporre tolleranza tra noi stessi, come possiamo pretendere di essere inclusivi verso le altre culture?»

Nicola Bux (esperto di Chiese e liturgie orientali), nell’intervista pubblicata oggi, parla dell’altra guerra, quella religiosa. Don Nicola ritiene che questo conflitto metta fortemente in imbarazzo il Vaticano, perché «dopo aver portato avanti un ecumenismo falso, papa Francesco è bloccato, non sa che pesci prendere: se si muove in favore di Mosca, si espone alle accuse dell’Occidente; se si muove contro, rischia di pregiudicare la parata in agenda con il patriarca russo Kirill». 

 Prima dei missili c’è una questione culturale: «La Russia ha recuperato le radici cristiane che l’Europa ha smarrito. Il conflitto poggia sulla visione, per noi assurda, che per frenare la deriva antropologica europea si possa ricorrere anche alle armi». D’altronde, precisa il teologo, «gli Usa hanno fatto la stessa cosa: abbiamo visto che cosa ha comportato l’idea di esportare la democrazia nei regimi mediorientali». 

Lo scisma tra il patriarcato di Mosca e quello di Kiev è stato un duro colpo per il patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, e il riconoscimento della Chiesa ucraina indipendente da parte del patriarcato di Costantinopoli ha indebolito la sua figura. Bux ricorda come sia importante per gli ortodossi la “sinfonia” tra Chiesa e Stato: «Le due realtà, se pur distinte, devono marciare in armonia se vogliono raggiungere la salvezza dell’umanità». Solo alla luce di questa “sinfonia” si può comprendere come «Mosca voglia proteggere la parte di nazione russa presente in Ucraina con una sua Chiesa, anche se ciò contrasta con la visione della cultura e della politica proprie della Chiesa ortodossa ucraina, su cui ha steso il suo manto Bartolomeo di Costantinopoli». E non a caso, ricorda Bux, Bartolomeo è «supportato dagli americani; e tollerato dai turchi, perché dietro c’è l’America», ma anche il Vaticano protegge il patriarcato di Costantinopoli, «altrimenti Ankara lo avrebbe già buttato a mare: turchi e greci sono cane e gatto».

Ma che ruolo potrebbe avere il Vaticano in questa guerra? «Appiattita com’è sulla visione democratica americana e su quella popolar movimentista latino americana, temo che la Santa Sede non avrà alcun ruolo, almeno non di peso». Papa Francesco si è schiacciato sulle posizioni del Patriarca di Costantinopoli e sulle sue battaglie “verdi”. «Credo che ciò sia imbarazzante anche per Mosca: come potrebbero accettarlo dopo aver ascoltato le proposte che in questi anni ha portato avanti?». Quali? «L’appoggio all’immigrazionismo indiscriminato, per lo più di matrice islamica. Per i russi, quello islamico è un popolo da evangelizzare e non riescono a tollerare che l’Europa cristiana si lasci invadere in maniera passiva». E qui Bux ricorda la lectio magistralis dell’alto rappresentante del patriarcato moscovita, il metropolita Hilarion Alfeev, che dalla facoltà di Bari lanciò un duro attacco al cristianesimo europeo «asservito a una agenda che svende il continente e stravolge l’antropologia». 

E sulla visita di papa Francesco all’ambasciata russa presso la Santa Sede? «Francesco si lancia in questi atti spettacolari perché vuole farsi notare, far vedere che rompe gli schemi. Non si accorge che rompe la sacralità della figura del papa.» (Antonio Catalano)

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