mercoledì 13 ottobre 2021

Comunicato del Movimento Distributista Italiano in occasione dell’estensione del Green Pass ai lavoratori il 15 ottobre 2021

Mi è stato segnalato il comunicato che segue del Movimento Distributista Italiano. Scopro così che questo movimento nasce a Bergamo il 13 novembre 2012 da un gruppo di cittadini sinceramente interessati a rimettere il senso comune, l'adesione al reale e l'uso della retta ragione al centro dell'agire politico, al di là di ogni ideologia e nell'interesse del bene comune. Affonda le sue radici nel pensiero di Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) e Hilaire Belloc (1870-1953), per applicare quei principi di dottrina sociale della Chiesa cattolica che affondano le proprie radici nell'esperienza benedettina (ora et labora) ed espressi modernamente nella dottrina di papa Leone XIII contenuta nell'enciclica Rerum Novarum e ulteriormente sviluppati da papa Pio XI nell'enciclica Quadragesimo Anno. Nel documentarmi, ho trovato un articolo che inserisco a seguire.

Comunicato
del Movimento Distributista Italiano
in occasione dell’estensione del Green Pass ai lavoratori il 15 ottobre 2021

Il Comitato Direttivo del Movimento Distributista Italiano esprime la sua decisa opposizione al provvedimento legislativo che ha previsto per il 15 ottobre 2021 l’estensione del Green Pass a tutti i lavoratori.
Tale provvedimento segna a nostro giudizio un grave passo verso la degenerazione della vita politica, un’offesa mortale, prima ancora che al dettato costituzionale, al diritto naturale di ogni uomo di accedere al lavoro e attraverso la propria fatica mantenere autonomamente se stesso e la propria famiglia.
Questa estrema privazione di libertà viene giustificata riferendosi a un presunto stato di necessità, quando tutti i dati che abbiamo a disposizione mostrano come al momento non esista una situazione di emergenza sanitaria tale da motivare questo provvedimento lesivo dell’ordine sociale naturale. Denunciamo anche l’estrema gravità del fatto che informazioni di tipo medico-scientifico vengono chiaramente strumentalizzate a fini politici, dando vita a un vero e proprio totalitarismo pseudo-sanitario.
Ci rivolgiamo pertanto a tutti gli uomini di buona volontà, in questo periodo particolarmente difficile della nostra nazione, perché testimonino pacificamente ma con determinazione la loro netta opposizione a questo e a ogni altro analogo provvedimento legislativo o amministrativo che metta a serio rischio le basi stesse della nostra civiltà e della convivenza civile.
Il Comitato Direttivo del Movimento Distributista Italiano

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«L’ALTERNATIVA DISTRIBUTISTA» - Roberto Pecchioli
L’alternativa distributista di Gilbert K.Chesterton. Una grande lezione? La proprietà privata va protetta da cose molto più grandi dei ladri e dei borseggiatori ha bisogno di protezione contro le congiure di un’intera plutocrazia
Un importante prelato cattolico ha recentemente asserito che la Cina sarebbe un modello di applicazione della dottrina sociale della Chiesa. Dichiarazioni folli e insensate, giacché avvicinare il tecnocapitalismo autoritario in salsa comunista e confuciana dell’Impero di Mezzo e la dottrina sociale è impresa che richiede grandi doti acrobatiche oltreché una formidabile faccia tosta.

Ancora più importante è riferirci al grande scrittore cattolico inglese (1874-1936) dopo che Jorge Mario Bergoglio, in Fratelli tutti (qui - vedi), ha fornito una lettura distorta, assai vicina a quella collettivista, dell’istituto della proprietà privata. Chesterton, in linea con la dottrina di sempre e con il diritto naturale, pensava che Il problema del capitalismo non fossero i troppi capitalisti, ma i troppo pochi capitalisti. Voleva cioè combattere concentrazioni e monopoli per estendere al massimo la proprietà, distribuirla al maggior numero di persone e soggetti sociali. Una visione profetica che anticipa il presente, in cui pochi iper ricchi, i padroni universali, cumulano una ricchezza e un potere immensi, impensabili al tempo di Chesterton. L’idea chiave del distributismo, una sorta di uovo di Colombo economico, è che la proprietà – della casa, della terra, dei “mezzi di produzione” – è un potente elemento di crescita personale e comunitaria, nonché di responsabilità civica da diffondere (distribuire) il più possibile.

Sono sempre stati numerosi i tentativi di sfigurare, distorcere e denigrare il pensiero economico di Chesterton. Non stupiscono gli attacchi di chi lo ha posto nel mirino in quanto apologeta della fede; colpiscono di più le false rappresentazioni provenienti da un cattolicesimo guardingo, difensivo, che ha spesso manipolato Chesterton concentrando gli attacchi sul suo pensiero economico, attraverso la totale elusione e la falsa rappresentazione. Costoro, con irritante sufficienza, hanno spesso descritto il distributismo come una dottrina economica insoddisfacente. In verità Chesterton non ha mai preteso di essere un economista, né ha inteso formulare una precisa dottrina economica, come è assai chiaro a chi legga Il profilo della ragionevolezza(L.C.), considerato il manifesto distributista. Piuttosto, ha tracciato alcune linee guida per un’organizzazione economica basata sulla distribuzione della proprietà privata – in opposizione alla concentrazione monopolistica su cui si basa il capitalismo – sempre sostenuta dal pensiero tradizionale.

In tempi di iper capitalismo e per converso di nuovi statalismi, è urgente restituire voce a una delle più limpide figure di intellettuale del secolo XX, Gilbert K. Chesterton(1). Non si tratta soltanto di rileggere la sua vasta produzione letteraria o di rammentare la straordinaria vena di polemista ed ironista dell’inventore di Padre Brown(2). Ci interessa in particolare il suo intenso lavoro di animatore e divulgatore di una teoria economica, il distributismo, concreta traduzione in realtà della dottrina sociale cattolica, ispirata da Leone XIII (Rerum Novarum, 1891), Pio XI (Quadragesimo Anno, 1931) e più recentemente da Giovanni Paolo II, con le encicliche Sollicitudo Rei Socialis (1987) e Centesimus Annus (1991).

Chesterton non si addentra nelle formulazioni tecniche, né pretende di elaborare un sistema al modo di un Keynes o di Milton Friedman; si sforza piuttosto di restituire ai suoi lettori un criterio mentale e morale cristiano, sottolineando che il capitalismo “crea un’atmosfera e forma una mentalità”, ossia non si limita a organizzare l’economia, ma impone una devastante agenda antropologica. Qualcuno, per distorcere le intenzioni del pensiero economico di Chesterton, afferma che le proposte distributiste mirano a combattere allo stesso modo il capitalismo e il comunismo. Questo non è del tutto vero. Chesterton avvertiva che spesso quelli che più gridano contro il comunismo sono gli stessi che applaudono le calamità che il capitalismo ci ha portato. “Mentre quel vecchio signore urlava contro i ladri immaginari che chiama socialisti”, scrive nel Profilo della ragionevolezza, “è stato effettivamente catturato e portato via da veri ladri che non poteva nemmeno immaginare.”

Fu consapevole dell’errore storico che stavano commettendo molti cattolici nella difesa del capitalismo, impegnato – esattamente come il comunismo – a creare “una civiltà centralizzata, impersonale e mono-tona capace di distruggere ogni resistenza umana.” Non si stancò di proclamare che “il capitalismo ha fatto tutto ciò che il socialismo minacciava di fare”. Osò anche sottolineare che i “piaceri permissivi” offerti dal capitalismo corrompono assai più di quelli offerti dal socialismo. Il tempo gli ha dato ragione: senza dubbio, il comunismo ha ucciso più corpi del capitalismo, ma non ha distrutto così tante anime. 

Chesterton sapeva bene che il capitalismo non è solo una meccanica economica nefasta, che “costringe le persone a comprare ciò che non vogliono comprare e produrre così goffamente affinché il prodotto si rompa, supponendo che lo vogliano acquistare ancora una volta, mantenendo in rapida circolazione robaccia, paccottiglia”, il che lo colloca tra i primi critici del consumismo. Il male oscuro capitalista è la sua antropologia distruttiva che, per raggiungere i suoi obiettivi, ha bisogno di dissolvere le comunità umane, materialmente – costringendole alla povertà e all’emigrazione – e spiritualmente interrompendo la loro vita morale e smantellando le strutture che la sostengono, a cominciare dalla famiglia. Il capitalismo e l’anti natalismo sono due facce della stessa medaglia, poiché il capitalismo ha bisogno di stimolare tutte le forme di “religione erotica” che prevengono o ostacolano la fertilità.

Quest’inesausta opera di distruzione antropologica si dispiega astutamente, attraverso alibi emotivi e maschere umanitarie, presentandosi come campione dei movimenti sociali e delle ideologie che interessano il suo scopo primario, l’accrescimento, il monopolio, la dominazione. Interessante e profetico è anche il disvelamento “consumistico” del soggettivismo contrario alle nascite. Citiamo dal Profilo della ragionevolezza: “le nascite sono impedite perché la gente vuole essere libera di andare al cinema o di comprare un giradischi o una radio. Quello che mi fa venir voglia di calpestare queste persone come zerbini è che usano la parola libero, quando con ciascuno di questi atti sono incatenati al sistema più servile e meccanico che sia stato tollerato dagli uomini.” Parole dure come pietre, da gettare in faccia per primi ai “cattolici liberali”, poiché questo sistema “servile e meccanico” non si limita all’organizzazione dell’economia, ma è innanzitutto un immenso sistema operativo di ingegneria sociale che distrugge le comunità umane.

Troppo spesso idee come quelle distributiste sono liquidate dagli osservatori pigri come “terza via”, intermedia tra il collettivismo e il socialismo. Non è così: il distributismo è un’altra cosa. Capitalismo e comunismo, è ormai evidente da decenni, sono fratelli; fratelli–coltelli, ma figli della medesima cultura materialista e giacobina. Le nostre generazioni sono state educate in dicotomie superate, rozze e manichee, lievito di passioni settarie che si rivelano il modo migliore per tenere prigionieri i popoli nella caverna platonica. - Fonte
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1. Gilbert Keith Chesterton, a volte citato come G.K. Chesterton, è stato uno scrittore e giornalista britannico. Scrittore estremamente prolifico e versatile, scrisse un centinaio di libri, contributi per altri duecento, centinaia di poesie, un poema epico, cinque drammi, cinque romanzi e circa duecento racconti, tra cui la popolare serie con protagonista la figura di padre Brown. Fu autore inoltre di più di quattromila saggi per giornali. Amò molto il paradosso e la polemica, contribuendo inoltre alla teoria economica del distributismo.
2.

1 commento:

  1. Ricciardi ci dice che:

    1) Se si vuole lavorare bisognerà va**inarsi
    2) Che le persone si stancheranno di fare tamponi poiché la "pandemia" durerà ANNI.

    Frasi di una gravità inaudita. La strada è tracciata.
    Ogni concessione che facciamo è uno step in più per loro.
    Ogni volta che pensiamo di cavarcela e che a breve finirà, la macchina si perfeziona.

    Ci stanno instradando e i compromessi non fanno altro che agevolarli.
    Green pass per lavorare? "No meglio i tamponi, che siano gratuiti!".

    Capite, non siamo neppure più all'assurdità dell'affermazione sul fatto che per lavorare devi dimostrare di essere sano, ma al passo successivo, ovvero: "vogliamo i tamponi gratis". Abbiamo già accettato un principio malsano.
    Se non si rigetta tutto ORA, a fine dicembre proseguiranno con nonchalance.

    Ormai il meccanismo dovrebbe essere chiaro.
    Una volta entrati nell'ingranaggio dei tamponi non se ne uscirà più, inutile che vi prenotiate fino a dicembre pensando di averla fatta franca.
    Non sarà così.

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