Di fronte ad interlocutori capaci di procedere manipolando e invertendo la normale intelligenza delle cose, per sperare in un cambiamento di rotta, bisognava tener conto che il ferro va battuto finché è caldo e solo portando all'estremo il disagio fermando tutto ad oltranza si potrebbe ottenere qualcosa.
Infatti, realisticamente, col tempo c'è il rischio che fiammate e fiammelle si attenuino e poi si spengano: le proteste possono indebolirsi, soprattutto in un contesto un cui la maggior parte delle persone si è progressivamente e inesorabilmente abituata a tutto, anche a sottoporsi a vaccinazioni temute e rischiose o, in alternativa, a tamponi frequenti addirittura pagando per poter lavorare. Sostanzialmente a vedersi concedere, mediante un certificato arbitrario, quello che era è e dovrebbe rimanere un suo inalienabile diritto. Sotto due aspetti: la scelta riguardante la salute personale e l'accesso al posto di lavoro e al dispiegamento delle proprie attività con connessa sopravvivenza di intere famiglie. Senza trascurare il mantenimento di comparti produttivi per i quali il nostro paese già ha da temere la concorrenza estera. Col mantra ricorrente - persino dal già sacro soglio, ribadito ossessivamente in ogni ora del giorno dal martellamento dei media a reti unificate - del richiamo al dovere verso la collettività consistente nel rispetto della salute degli altri che, in teoria, dovrebbe essere coperta dal vaccino. Mentre chi non è vaccinato viene considerato un untore, invece che sano fino a prova contraria. Tra l'altro è stata abolita la categoria del portatore sano, trasformato in positivo asintomatico, considerato malato per definizione... Il tutto, nell'assoluta mancanza del riconoscimento dei diritti soggettivi del singolo, ridotto a un ingranaggio del sistema. L'uomo ad una dimensione...
Infatti, realisticamente, col tempo c'è il rischio che fiammate e fiammelle si attenuino e poi si spengano: le proteste possono indebolirsi, soprattutto in un contesto un cui la maggior parte delle persone si è progressivamente e inesorabilmente abituata a tutto, anche a sottoporsi a vaccinazioni temute e rischiose o, in alternativa, a tamponi frequenti addirittura pagando per poter lavorare. Sostanzialmente a vedersi concedere, mediante un certificato arbitrario, quello che era è e dovrebbe rimanere un suo inalienabile diritto. Sotto due aspetti: la scelta riguardante la salute personale e l'accesso al posto di lavoro e al dispiegamento delle proprie attività con connessa sopravvivenza di intere famiglie. Senza trascurare il mantenimento di comparti produttivi per i quali il nostro paese già ha da temere la concorrenza estera. Col mantra ricorrente - persino dal già sacro soglio, ribadito ossessivamente in ogni ora del giorno dal martellamento dei media a reti unificate - del richiamo al dovere verso la collettività consistente nel rispetto della salute degli altri che, in teoria, dovrebbe essere coperta dal vaccino. Mentre chi non è vaccinato viene considerato un untore, invece che sano fino a prova contraria. Tra l'altro è stata abolita la categoria del portatore sano, trasformato in positivo asintomatico, considerato malato per definizione... Il tutto, nell'assoluta mancanza del riconoscimento dei diritti soggettivi del singolo, ridotto a un ingranaggio del sistema. L'uomo ad una dimensione...
L'interlocuzione col governo per cercare soluzioni ragionevoli indubbiamente fa parte di uno scenario di correttezza, peraltro unilaterale, che stava in piedi in tempi non lontani ma di cui vediamo lo iato epocale. Tuttavia almeno è servita a non far degenerare oltre ogni limite la situazione e anche la narrazione ufficiale già criminalizzante i dissenzienti per la massa più addomesticata; ma talmente fuori dalla realtà vera da porre interrogativi in chi ancora ha un minimo di capacità di metter in fila i fatti nudi e crudi e ciò che significano. Persino la più alta carica dello Stato continua ad affermare che coloro che rifiutano l'iniquo certificato sono ignoranti antiscientifici, a cui non dare ascolto. In questi termini la ricerca del dialogo, se una volta era ragionevole, ora è pura utopia.
In ogni caso, se sembra che l'interlocuzione non sia servita ad altro che a far prender tempo (le decisioni del consiglio dei ministri sono state rinviate a giovedì 28) alle autorità governative di cui ormai sono ben noti i meccanismi perversi, se non altro ora sappiamo che i nostri amici di Trieste fanno sul serio e non demordono.
In Piazza Unità d'Italia si sono incrementati i presidi controllati da un imponente schieramento di forze dell'ordine. Sono tornati i gilet gialli dei portuali arrivati anche da Genova. Molto nervosismo e anche diffidenza nei confronti dei numerosi giornalisti presenti, poiché è noto l'andazzo delle relative testate sia cartacee che digitali nonché televisive. E nel contempo un'ondata di consapevolezza attraversa tutte le latitudini. I media non ne parlano, ma su Facebook, nonostante un'ostinata censura, circolano diversi toccanti filmati di manifestazioni di solidarietà, oltre che da tutta Italia, da ogni parte del mondo, a partire da Danzica, da altre città della Polonia, da Francia, Spagna, Regno Unito, Israele.
Nel frattempo già si sente parlare dell'allungamento del lasciapassare oltre il 31 dicembre e vengono continuamente aperte attraverso i media finestre di Overton pazzesche anche mentendo e amplificando ciò che accade all'estero in ordine alla pandemia.
Bisogna ripartire con un dissenso concreto denso di fermezza. E i portuali di Trieste annunciano un corteo per domani alle 9. L'assemblea ha deciso: «Ci ritroveremo alle 9 al Pane quotidiano a Domio dove riuniti in corteo sfileremo verso l'entrata dl Siot, che ricordiamo è l'oleodotto principale europeo. Poi successivamente ritorneremo giustamente a casa nostra, il nostro porto, da dove ci hanno cacciato ingiustamente con metodi totalmente illegali e vergognosamente violenti».
Alla manifestazione aderirà il coordinamento 15 ottobre, che invita tutti i cittadini italiani, in contemporanea, «ad aderire idealmente al Corteo dei portuali di Trieste, organizzandosi nelle proprie città in un luogo simbolo, significativo, che rappresenti la protesta». In attesa della comunicazione formale da parte del Governo.
Naturalmente siamo idealmente con loro. Mi è stato suggerito da una cara lettrice, a suggello di questa comunicazione che è anche riflessione partecipe, nella consapevolezza che il Signore è sempre dalla parte degli oppressi, di aggiungere alle altre preghiere la recita del Magnificat che riporto di seguito.
Magníficat ánima mea Dóminum, et exsultávit spíritus meus in Deo salutari meo, quia respéxit humilitátem ancíllæ suæ. Ecce enim ex hoc beátam me dicent omnes generatiónes, quia fecit mihi magna, qui potens est, et sanctum nomen eius, et misericórdia eius in progénies et progénies timéntibus eum. Fecit poténtiam in bráchio suo, dispérsit supérbos mente cordis sui; depósuit poténtes de sede et exaltávit húmiles; esuriéntes implévit bonis et dívites dimísit inánes. Suscépit Israel púerum suum, recordátus misericórdiæ, sicut locútus est ad patres nostros, Abraham et sémini eius in sæcula. Glória Patri, et Fílio et Spirítui Sancto. Sicut erat in princípio, et nunc et semper, et in sǽcula sæculórum. Signum Crucis. Amen. |
L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Segno della Croce. Amen. |
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