venerdì 29 ottobre 2021

“Mafia” di San Gallo, Dimissioni di Benedetto. Un Accordo in Conclave?

Da LifeSiteNews, una interessante recensione di Maike Hickson di un nuovo libro sulla 'Mafia di San Gallo'. Ce ne siamo occupati in numerosi articoli: qui - qui - qui - qui - qui - qui.

“Mafia” di San Gallo, Dimissioni di Benedetto. Un Accordo in Conclave?

Un nuovo libro suggerisce che un accordo della mafia di San Gallo potrebbe aver condotto alle dimissioni di papa Benedetto XVI

– La studiosa ed editorialista americana Julia Meloni ha appena pubblicato la sua tanto attesa, eccellente e profondamente studiata storia della Mafia di San Gallo, un gruppo di vescovi progressisti che si riunivano regolarmente in Svizzera e complottavano per rivoluzionare ulteriormente la Chiesa Cattolica. The St Gallen Mafia: Exposing the Secret Reformist Group Within the Church ci dice molto sulle macchinazioni di questi vescovi e cardinali di sinistra, la loro agenda, e anche la loro idea che la Chiesa avesse bisogno di un nuovo “Francesco” molto prima che Papa Francesco fosse eletto. Ma l’accattivante libro ci dice anche di più sul possibile intreccio di Papa Benedetto XVI con questo gruppo.

Meloni è in grado di ripercorrere, con l’aiuto di diverse fonti, gli eventi del Conclave del 2005 che hanno portato all’elezione di Papa Benedetto e forse alle sue successive dimissioni. Metteremo in evidenza questo aspetto di questo nuovo libro, dal momento che molti aspetti dell’elezione di Papa Francesco sono già meglio conosciuti, e anche perché i paralleli tra le intenzioni del gruppo di San Gallo e l’agenda di Papa Francesco sono ormai abbastanza noti, come la Meloni mostra così mirabilmente nel suo libro.

La Mafia di San Gallo, come molti lettori sapranno, era un gruppo di cardinali e vescovi che si incontrava regolarmente, dal 1996 in poi, a San Gallo, in Svizzera, per discutere la loro agenda di riforma della Chiesa. Ciò che hanno discusso – dalla Comunione per i divorziati e “risposati”, all’intercomunione, alla collegialità e sinodalità, al decentramento della Chiesa, e così via fino al sacerdozio “sposato” – è stato anche nell’agenda di Papa Francesco. I cardinali Karl Lehmann, Walter Kasper, Achille Silvestrini, Godfried Danneels, Carlo Maria Martini, S.J., Cormac Murphy-O’Connor e Basil Hume, solo per citarne alcuni, erano tra questi.

Meloni mostra che Martini era il capo di questo gruppo e che il suo padrino era padre Karl Rahner, S.J., il leader del gruppo rivoluzionario al Concilio Vaticano II. Ciò che questo padrino aveva iniziato, la mafia sangallese voleva portare a buon fine. È interessante notare che in un libro del 2017, Per una riforma missionaria della Chiesa, curato da padre Antonio Spadaro, S.J. e dal professor Carlos Maria Galli (entrambi stretti collaboratori di Papa Francesco), c’è un riferimento diretto a padre Rahner e al suo appello per una Chiesa decentralizzata che sembra molto vicino all’idea di creare una Chiesa “amazzonica”, per esempio. Rahner è citato per aver detto, nel 1962: “Chiese maggiori con una propria disciplina, una propria liturgia e una propria eredità spirituale e teologica potrebbero anche essere formate in futuro, per ‘divina provvidenza’ [sic], diciamo in Africa, Asia o Sud America.”

L’interconnessione tra questi rivoluzionari e i recenti Papi è interessante. Meloni racconta che il cardinale Silvestrini, a capo del gruppo di San Gallo dopo che il cardinale Martini si era ammalato di Parkinson, dal 2003 in poi, “era stato vicino a Giovanni Paolo II per decenni”, e che, intorno a quel periodo del 2003, “forniva alla mafia informazioni di prima mano sul declino della salute del pontefice”. Silvestrini fu anche una delle ultime persone a vedere il Papa prima che morisse. Ci si chiede perché Giovanni Paolo II dovrebbe dare tanta attenzione e accesso a un uomo che lui stesso, nel 1993, ha rimosso dall’incarico di capo del progressista Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE), a causa dei suoi tentativi di sovvertire l’autorità romana. Eppure, Giovanni Paolo II lo fece cardinale nel 2001.

Come si può vedere già qui, le linee di demarcazione tra i Papi “conservatori” e le loro controparti progressiste non sono così chiaramente tracciate.

Anche lo stesso Papa Benedetto aveva uno stretto legame con un leader del gruppo, Martini. Meloni racconta come egli elogiò ripetutamente Martini in pubblico nel corso degli anni. Per esempio, il cardinale tedesco invitò Martini a lavorare con lui alla Congregazione per la Dottrina della Fede negli anni ’80. Nel 1995 affermò che, nonostante le loro differenze, Martini lo completava. Nel 2006, da Papa, elogiò Martini davanti a un gruppo di giovani.

Poi, durante il conclave del 2005 – per il quale Silvestrini invitò i suoi colleghi cardinali sangallesi a Villa Nazareth a Roma per complottare contro l’elezione di Ratzinger – ebbe luogo un infausto colloquio tra Martini e Benedetto durante il pranzo prima del quarto scrutinio. Afferma Meloni: “Secondo il vaticanista Bernard Lecomte, più testimoni oculari hanno visto una misteriosa conversazione a pranzo tra Martini e Ratzinger”, aggiungendo che questa conversazione “ha lasciato almeno un testimone con l’impressione che Martini abbia spostato i suoi voti su Ratzinger, forse in cambio di una garanzia sugli orientamenti del nuovo pontificato”. Papa Benedetto, tuttavia, avrebbe poi negato l’esistenza di un tale accordo.

A quel punto, durante il Conclave, era diventato chiaro che “una lotta ‘drammatica’ tra il gruppo di Sankt Gallen e i sostenitori di Ratzinger ha preso forma”, con Ratzinger in testa e Bergoglio, il candidato del gruppo di San Gallo, dopo di lui. È interessante notare che durante quella stessa pausa pranzo in cui Ratzinger incontrò Martini, Bergoglio avrebbe detto ai suoi sostenitori di votare per Ratzinger. “Aspettatevi sorprese”, furono le parole di Martini non molto tempo dopo l’elezione di Ratzinger. Un memoriale anonimo di un cardinale, pubblicato nel 2007 e sospettato di essere stato scritto da Silvestrini, sosteneva la stessa linea: proponeva Jorge Bergoglio come futuro Papa, aggiungendo: “Questo punto è da ricordare per il futuro, nel caso in cui il pontificato di Benedetto XVI non dovesse durare a lungo”.

Martini e Ratzinger hanno fatto una sorta di accordo, con Martini che ha promesso i suoi voti e con Ratzinger che si sarebbe dimesso se la mafia sangallese lo avesse ritenuto opportuno? - Fonte

Nessun commento:

Posta un commento