giovedì 25 novembre 2021

La morte della filosofia, dell'etica e delle scienze umane

Dovrebbe ormai essere chiaro a tutti che la figura dell'intellettuale appartiene al passato, e che essa è stata sostituita da un nuovo modello di uomo di sapere, solidale all'ordine della religione scientista e suo strumento di propaganda militante. Non che l'intellettuale di professione, figura tipicamente borghese e post-moderna, incarnasse chissà quale valore etico o fosse investito di una qualche missione sociale. Egli era tuttavia il residuo di un mondo in cui esistevano istanze che non potevano essere risolte ricorrendo esclusivamente a comitati tecnico scientifici o a modelli previsionali, ma che si riconosceva utile problematizzare anche alla luce della memoria storica, delle scienze umane e della coscienza critica. Dobbiamo riconoscere che quell'epoca, assieme all'ordine borghese, è ormai agonizzante, e che presto qualsiasi attività di pensiero che non sia esclusivamente la celebrazione o l'apologia dell'esistente, sarà relegata all'ambito dell'intrattenimento e tollerata in quanto innocuo diversivo al pensiero unico.

Se ciò è possibile, è essenzialmente perché i principali centri di produzione e diffusione della conoscenza sono stati infeudati a quelli del potere, grazie alla progressiva introduzione di logiche di mercato laddove per definizione l'indipendenza dall'interesse doveva essere garanzia di autonomia, oggettività e merito. Non addentriamoci ora nella penosa storia della graduale compromissione degli istituti scolastici, universitari e di ricerca; accontentiamoci di prendere atto del fatto che le strutture a cui un tempo veniva demandata la formazione di cittadini, politici e uomini di sapere, sono oggi i principali centri di irradiamento di legittimazione e consenso incondizionati.

La recente levata di scudi, in larga misura accademica, contro Cacciari e Agamben è la dimostrazione del fatto che l'intellettuale e ciò che rappresenta gode di riconoscimento, autorità e considerazione finché rimane nell'ambito ininfluente dell'editoria e non tange minimamente la realtà. Quando pretende, invece, di incidere sul reale, facendo valere la sua voce come pungolo critico, va riportato d'autorità nel proprio recinto dai pastori del discorso, che poi altro non sono che esponenti compiacenti di quei luoghi di asservimento da cui il ribelle ha preteso di emanciparsi. 
Fonte Weltanschauung Italia

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