lunedì 22 novembre 2021

Libera la tua Chiesa, o Signore, da una liturgia manchevole

Centrato e interessante, come sempre, il tema sviluppato da Peter Kwasniewski, uno dei nostri costanti punti di riferimento, nella nostra traduzione da Rorate Caeli. Una risorsa per rimanere ben orientati e non lasciar seppellire i nostri tesori. Qui l'indice dei precedenti sulla Traditionis custodes.

Oggi (20 novembre) nel calendario romano tradizionale è la festa di San Felice di Valois (†1212). Chi è questo santo sconosciuto, potreste chiedere, e perché occupa il nostro calendario? Non sarebbe giusto cancellarlo? E così, infatti, è avvenuto nel calendario Novus Ordo del 1969: Felice è svanito nel nulla, o meglio, si è ritirato nella sua pagina del Martirologio dove poche anime lo ricordano.

Ma vorrei suggerire che, come sempre, la Santa Madre Chiesa ha proceduto con saggezza nel suo corso millenario, e che l'allontanamento di questo santo e di molti altri segna l'ennesimo caso di Alzheimer ecclesiastico.

Si dice che San Felice sia stato un membro della corte reale in Francia. È noto, in ogni caso, che egli abbia rinunciato a tutti i suoi beni terreni per vivere da eremita. Fu cercato da San Giovanni de Matha, che aveva sentito parlare della fama della sua santità, e insieme fondarono l'Ordine della Santissima Trinità per la redenzione dei prigionieri, comunemente noto come i Trinitari. I membri di questo ordine si sarebbero recati in Terra Santa e si sarebbero consegnati in cambio del rilascio dei prigionieri cristiani in mano ai musulmani. Un ordine simile fu fondato nel 1218 da San Pietro Nolasco, San Raimondo di Peñafort e Re Giacomo d'Aragona, l'Ordine di Nostra Signora della Mercede (i Mercedari -ndT).(1)

Quali lezioni può insegnarci San Felice? A differenza di tanti prelati di oggi nella Chiesa, che si aggrappano al loro potere, prestigio e piaceri, e che rifiutano di riformare se stessi o le istituzioni di cui sono responsabili, Felice era disposto ad abbandonare tutto per la "perla di grande valore" che è Gesù Cristo. Ha rinunciato alle sue opportunità di successo, posizione e prestigio, per fare ciò che era intrinsecamente degno per la sua anima immortale e per il bene della Chiesa. In questo senso Felice è l'antitesi del vescovo o sacerdote mondano, che possiamo chiamare l'“anti-Felice”: infelice nei propri peccati, siano essi di azione o di omissione, e causa di un gregge infelice.

Cosa ha fatto l'ordine co-fondato da San Felice? Ha redento i cristiani dalla mano dei loro oppressori pagani. Oggi niente, niente è più necessario quanto il fatto che la Chiesa cattolica riscopra la sua radicale opposizione al mondo, alla carne e al diavolo, tre nemici sui quali ha autorità spirituale, e dal cui pesante giogo può liberare i fedeli. Lo fa predicando la sana dottrina e alimentando una vita santa con i sacramenti e la liturgia celebrata con riverenza. Ancora una volta, San Felice è stato davvero felice nella sua battaglia senza compromessi con le forze delle tenebre, con l'oscurità dell'Islam in particolare. Se i vescovi, il clero, i fedeli d'Europa recuperassero anche solo una minima parte del coraggio e della convinzione di questi santi delle crociate!
Un'ultima puntualizzazione. Più volte all'anno, la Chiesa, nel ciclo santo della sua liturgia tradizionale, implora il Signore di liberarci dalla schiavitù o dalla prigionia. Permettetemi di offrire quattro esempi. La Colletta per l'odierna festa di San Felice recita:
O Dio, che con celeste ispirazione ti degnasti di chiamare il beato Felice tuo confessore all'opera del riscatto dei prigionieri: concedi, ti supplichiamo, che liberati per Tua grazia e per sua intercessione dalla schiavitù del peccato giungiamo in salvo alla nostra patria celeste. Per nostro Signore...
L'8 febbraio preghiamo il compagno di San Felice:
O Dio, che con celeste visione ti sei degnato di istituire, per mezzo di San Giovanni [di Matha], l'ordine della Santissima Trinità per riscattare i prigionieri dal potere dei Saraceni, concedi, ti supplichiamo, che col soccorso dei suoi meriti e della Tua grazia, possiamo essere liberati da ogni prigionia dell'anima e del corpo. Per nostro Signore.
Il 24 settembre:
O Dio, che per mezzo della gloriosissima Madre di tuo Figlio ti sei compiaciuto di dare nuovi figli alla tua Chiesa per la liberazione dei fedeli di Cristo dal potere dei pagani; concedi, ti supplichiamo, che noi che la amiamo e la onoriamo come fondatrice di una così grande opera, possiamo per i suoi meriti e la sua intercessione essere noi stessi liberati da ogni peccato e dalla schiavitù del maligno. Per lo stesso nostro Signore...
Il 1° agosto:
O Dio, che hai fatto uscire illeso dal carcere sciolto dai suoi vincoli il beato apostolo Pietro: sciogli, ti preghiamo, le catene dei nostri peccati, e nella tua grande misericordia preservaci da ogni male. Per il nostro Signore.
Sono preghiere che abbiamo un disperato bisogno di fare: per noi stessi, per i nostri cari, per la Chiesa dovunque sia accerchiata dai pagani, soffocata dai saraceni. La liturgia conosce i nostri bisogni, li conosce intimamente e pone queste parole sulle labbra dei suoi sacerdoti e nel cuore dei suoi figli.

Dove sono queste preghiere nel Novus Ordo?

Questi santi sono spariti tutti. Tutti loro. Insieme alle preghiere che parlano di “disprezzare le cose della terra e aggrapparsi a quelle del cielo”.

Schiavitù, prigionia, catene? Troppo negativo. Troppo difficile. Troppo medievale. Troppo ultraterreno. Gli ottimisti patologici che facevano parte del Consilium hanno tirato fuori le loro moderne forbici e tagliato via ciò che non era più conforme ai tempi, anche a costo di scartare il materiale che da secoli sosteneva le anime cattoliche.* Così facendo si sono mostarti ingrati, auto-centrati e miopi.

Questo è uno dei mille motivi per cui dobbiamo, pazientemente, ripetere ai nostri amici del Novus Ordo, ancora e ancora: il problema non è “come si celebra la nuova liturgia”, come se vestirla come il più bel Bambino di Praga fosse tutto ciò che va fatto per migliorare le cose. No, perché il problema è molto più profondo: va al centro stesso dei testi e delle rubriche della nuova liturgia, che sono deformati, distorti, epuranti, inadeguati, fuorvianti e corrosivi del cattolicesimo. Ciò di cui c'è bisogno non è una "riforma della riforma" [ne parlo qui], o un'abbondanza di effluvi e di campane, violini e candelabri, per quanto queste cose siano certamente appropriate. Ciò che occorre, in definitiva, è il ripristino della vera liturgia romana nella sua pienezza, pienamente maturata in secoli di fede e di culto, e inequivocabilmente cattolica in ogni gesto, parola e canto.

Possa il Signore liberare la Sua Chiesa dalla schiavitù di una nuova liturgia semplificata, abbreviata, redatta per correttezza politica e dare a tutti i suoi figli l'accesso senza ostacoli ai riti della nostra salvezza, che include la nostra liberazione dai mali che ci opprimono.

San Felice di Valois, prega per noi!
Peter Kwasniewski

* La festa di San Felice iniziò a essere celebrata nella sua diocesi nel 1215, e fu estesa a tutta la Chiesa nel 1679.
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Nota di Chiesa e post-concilio
1. L'Ordine dei Trinitari e quello della Mercede, sebbene distinti, sono fratelli nel fine per il quale sono stati fondati; i loro benefici risultati, in sei secoli di durata, consistettero nel restituire alle famiglie ed alla patria oltre un milione di uomini, la fede dei quali venne preservata dai pericoli dell'apostasia. Giovanni di Matha, assistito dal suo fedele collaboratore Felice di Valois, stabilì in Francia, presso Meaux, il centro dell'opera sua. Quale più ammirevole modello di Giovanni di Matha e dell'intero suo Ordine, nei giorni di preparazione alla Quaresima, in cui abbiamo bisogno di ravvivare in noi la fiamma della carità verso coloro che soffrono! Non ebbe altra ragione la sua esistenza, che il desiderio d'andare a strappare agli orrori della schiavitù fratelli sconosciuti che languivano fra i barbari. Vi può essere un'elemosina, per quanto generosa e indimenticabile, che si possa paragonare alla dedicazione di questi uomini, che si obbligano per regola, non solo a percorrere la cristianità per cercare i fondi destinati a procurare la libertà agli schiavi, ma persino a caricarsi delle catene di qualche sventurato, per riuscire a liberarne di più? Non è questo, per quanto lo consenta l'umana debolezza, imitare alla lettera l'esempio del Figlio di Dio, che discende dal cielo per farsi nostro Redentore? (Da don Prspero Guéranger, L'Anno liturgico.)

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