lunedì 1 novembre 2021

La maledizione di Papa Francesco (II) - La questione ecologica

Dopo aver affermato (qui) che Bergoglio è una specie di Re Mida al contrario, perché svaluta e rovina tutto ciò che tocca e nella fattispecie si riferiva alla sinodalitàThe Wanderer torna sull’argomento affrontando in particolare la questione ecologica. Qui l'indice degli articoli riguardanti il clericalismo politicante di Bergoglio. Qui indice degli articoli sulla questione ecologica.

La maledizione di Papa Francesco (II)

Il secondo danno che ha fatto papa Francesco a causa della sua goffaggine, per essere generosi nell’indicare una causa, è quello che si riferisce alla cura dell’ambiente o, come direbbe un cristiano, del Creato.

Capita spesso che le buone cause, promosse dalle persone sbagliate, suscitino rifiuto. Ed è quello che accade in questo caso. Il fatto che l’insistenza sulla cura della natura sia guidata dall’Onu, da Greta, da Bill Gates e, quel che è peggio, da papa Francesco, risveglia in molti — in me, per esempio — un’immediata sfiducia e il desiderio quasi irrefrenabile di fare il contrario. Ma sono consapevole che agire in questo modo sarebbe lasciarsi trasportare dalle emozioni e non dalla ragione; sarebbe insensato.

Qualsiasi persona di buon senso sarà d’accordo che dobbiamo prenderci cura della natura e dell’ambiente, e sarà anche d’accordo che le condizioni in cui si verifica l’attuale crescita della popolazione mondiale implicano un pericolo [sottolineo che il problema non è nella crescita della popolazione, ma nelle condizioni in cui avviene]. Le foreste e le giungle tendono a scomparire per far posto a colture intensive; fiumi e mari tendono a essere inquinati da sostanze chimiche e rifiuti delle megalopoli; le specie animali tendono a estinguersi per mancanza di habitat eccetera. Nessuno è contento di vedere isole di bottiglie di plastica galleggiare nell’oceano, o della devastazione dell’Amazzonia, o dello scioglimento dei ghiacciai. Per più di un secolo, grandi autori ci hanno avvertito di questo pericolo attraverso le loro opere letterarie. Basta leggere William Blake o J.R.R. Tolkien.

La Creazione è stata data all’uomo per servirsene affinché possa vivere, e non per sfruttarla e accrescere irragionevolmente le sue ricchezze artificiali. C’è un dovere di coscienza verso la cura e il buon uso delle risorse naturali che sono, in definitiva, doni di Dio.

Il problema di Bergoglio e della sua corte di adulatori è che difendono questa buona causa con i peggiori argomenti, quelli forniti dall’establishment mondiale, e sono incapaci, per codardia o empietà, di ricorrere agli argomenti che la nostra fede cristiana ci offre, e che sono gli unici validi. È vero che il capitolo II della Laudato sì offre le basi cristiane per la cura del Creato, ma questo capitolo è passato senza molto rumore. Nessuno se lo ricorda e nessuno lo cita. Si è perso tra le chiacchiere progressiste del resto del documento.

Il nostro problema è che, senza rendercene conto, possiamo contaminarci con la concezione moderna del soggetto individuale, retaggio del dualismo cartesiano, e abbandonare la tradizionale visione cristiana del mondo, trascurando completamente la cura del Creato.

Nell’universo biblico il corpo non è mai qualcosa di diverso dall’uomo. L’atto del conoscere non è il prodotto di un’intelligenza separata dal corpo. L’uomo è una creatura di Dio, così come lo è il mondo nel suo insieme. Il mondo è stato creato dalla Parola. Dio disse e tutto fu fatto; ordinò, e tutto esistette. La materia è, dunque, una “emanazione” della parola, non è né fissa né morta, frammentata, senza solidarietà con le altre forme di vita. Non è indegna come nel dualismo. L’incarnazione — e il mondo creato — è l’atto dell’uomo, non il suo artefatto.

Queste considerazioni filosofiche non sono altro che la razionalizzazione di ciò che l’uomo medievale, colui che abitava nella Cristianità, viveva quotidianamente. Era immerso in una totalità sociale e cosmica, nella quale partecipava al comune destino degli animali, delle piante e del mondo invisibile. Nei periodi di siccità o gelate, gli uomini, gli animali e le piante sentivano e soffrivano la fame e il freddo. Tutto era collegato, tutto risuonava insieme, nulla era indifferente, ogni evento aveva un significato. C’era un rapporto di simpatia con tutte le forme animate e inerti che confluivano nell’ambiente in cui l’uomo viveva. Era una sorta di “comunità di tutti gli esseri viventi”, che rendeva impossibile separare una forma di vita dal resto del mondo.

È la modernità, con il suo dualismo e con la sua deificazione della ragione e il conseguente disprezzo del corpo e della materia, che rende possibile il disprezzo per la natura e per altre forme di vita che non godono del privilegio della ragione. L’uomo ha cessato di essere il re della creazione, così come Dio lo aveva costituito, per diventarne tiranno e padrone assoluto.

Ma c’è un’altra ragione ancor più importante. Tutti gli esseri della Creazione, anche i più piccoli e insignificanti, sono un’impronta di Dio. Ci permettono di conoscere di più il Creatore e di avvicinarci a Lui, e non attraverso un sillogismo, come sembrano suggerire alcuni manuali scolastici scadenti, ma perché il cristiano percepisce in essi l’eidos divino, ovvero le ragioni di Dio. Nella piazza della città dove sono nato c’era una Vittoria di Samotracia realizzata in gesso. La scultura, senza testa, non mi piaceva particolarmente e mi sembrava persino brutta. Ma quando ho visitato per la prima volta il Louvre, e salendo distrattamente la scalinata di Daru, mi sono imbattuto nella scultura originale, ne sono rimasto affascinato. Ricordo che non riuscivo a muovermi; l’ho guardata a lungo, attratto, quasi calamitato dalla bellezza della scultura greca [io, inaspettatamente toccata nel profondo, di fronte a quella meraviglia ho pianto -ndr]. L’eidos dell’artista abitava ancora quel pezzo di marmo ed esercitava una sorta di magia verso chi lo contemplava. Qualcosa di simile avviene con gli esseri della Creazione. In essi abita l’eidos o la ragione che è stata concepita dal Verbo e poi plasmata in quell’essere particolare. E ciò che affermo non è poesia filosofica; è il puro insegnamento dei maestri cristiani, dai Padri della Chiesa a san Giovanni della Croce. Cos’altro se non quello, spiega nel suo Cantico spirituale? Mille grazie spargendo / qui pei boschi s’affrettava, / e, mentre li guardava, / la sola sua presenza / adorni di bellezza li lasciava. Sì, la Creazione è il riflesso della bellezza di Dio. E proprio per questo merita cura e rispetto.

La Creazione è una scala discendente di teofanie o manifestazioni di Dio. Dio discende a noi attraverso le Sue “energie” che Lo manifestano, e noi a Lui ascendiamo attraverso la contemplazione di quelle “energie”, o “ragioni” o eidos che troviamo nelle cose. La creazione è, in definitiva, uno strumento privilegiato ed essenziale del progresso spirituale e della santità.

Queste sono, sinteticamente, le ragioni per cui un cristiano dovrebbe prendersi cura e preoccuparsi del Creato – non dell’ambiente, termine pagano – ed è un dovere che obbliga la coscienza.

Tuttavia, abbiamo mai ascoltato Bergoglio alludere a ragioni cristiane nei suoi accessi amorosi verso la Pachamama? Ovviamente no. Le sue sono le ragioni del mondo; sono le ragioni di Greta Thunberg; sono, nella migliore delle ipotesi, le ragioni del paganesimo redivivo che il nostro pontefice incoraggia irresponsabilmente.

Ancora una volta papa Francesco ha marchiato e rovinato una causa buona e giusta. È la sua maledizione. A pagarne le conseguenze sono la Chiesa e tutti i fedeli cattolici.
Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com by Duc in altum
Traduzione di Valentina Lazzari
Titolo originale: La maldición del Papa Francisco (II)
Testo rivisto dall’autore
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Nota di Chiesa e post-concilio
1. “Il riscaldamento globale dipende dal motore metereologico dominato dalla potenza del Sole. Le attività umane incidono al livello del 5%: il 95% dipende invece da fenomeni naturali legati al Sole. Attribuire alle attività umane il surriscaldamento globale è senza fondamento scientifico”. "Greta Thunberg, non dovrebbe interrompere gli studi, come ha detto di volere fare". Antonino Zichichi, Professore Emerito di Fisica Superiore nell’Università di Bologna, e autore di oltre 1.100 lavori scientifici, tra cui sette scoperte, cinque invenzioni.

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