Si potrebbe pensare che è confusionario; ma è l'ennesima stortura e, oltre che idolatra, sembra luterano: pecca fortiter crede fortiter...
Se è vero che si resta membri della Chiesa anche se peccatori, per ricevere i doni divini necessari al cammino di fede e ad essere membra sane del corpo mistico di Cristo, occorre il pentimento e la riconciliazione. E, al solito, le parole di Bergoglio aprono a interpretazioni errate e a confusione.
Nella catechesi nell’Aula Paolo VI su San Giuseppe e durante l’Udienza Generale di ieri, mercoledì 2 febbraio 2022, Bergoglio ha detto testualmente sulla comunione dei santi quanto segue:
«Pensiamo, cari fratelli e sorelle: in Cristo nessuno può mai veramente separarci da coloro che amiamo perché il legame è un legame esistenziale, un legame forte che è nella nostra stessa natura; cambia solo il modo di essere insieme a ognuno di loro, ma niente e nessuno può rompere questo legame. “Padre, pensiamo a coloro che hanno rinnegato la fede, che sono degli apostati, che sono i persecutori della Chiesa, che hanno rinnegato il loro battesimo: anche questi sono a casa?”. Sì, anche questi [gli apostati -ndr] , anche i bestemmiatori, tutti. Siamo fratelli: questa è la comunione dei santi. La comunione dei santi tiene insieme la comunità dei credenti sulla terra e nel Cielo.» (qui).
Cito il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1861):
«Il peccato mortale è una possibilità radicale della libertà umana, come lo stesso amore. Ha come conseguenza la perdita della carità e la privazione della grazia santificante, cioè dello stato di grazia. Se non è riscattato dal pentimento e dal perdono di Dio, provoca l’esclusione dal regno di Cristo e la morte eterna dell’inferno; infatti la nostra libertà ha il potere di fare scelte definitive, irreversibili.»E la Mistici corporis
Neppure deve ritenersi che il corpo della Chiesa, appunto perché è fregiato del nome di Cristo, anche nel tempo del terreno pellegrinaggio sia composto soltanto di membri che si distinguono nella santità, o di coloro che sono predestinati da Dio alla felicità eterna. Infatti si deve attribuire all’infinita misericordia del nostro Salvatore il non negare ora un posto nel suo mistico corpo a coloro ai quali già non negò un posto nel convito (cfr. Matth. 9, 11; Marc. 11, 16; Luc. 15, 2). Poiché non ogni delitto commesso, per quanto grave, è tale che di sua natura (come lo scisma, l’eresia, l’apostasia) separi l’uomo dal corpo della Chiesa. Né si estingue ogni vita in quelli che, pur avendo perduto col peccato la carità e la grazia divina sì da non essere più capaci del premio soprannaturale, conservano tuttavia la fede e la speranza cristiana, e, illuminati da luce celeste, da interni consigli e impulsi dello Spirito Santo, sono spinti a concepire un salutare timore e vengono eccitati a pregare e a pentirsi dei propri peccati.
Aborriscano quindi tutti il peccato, col quale vengono macchiate le mistiche membra del Redentore; ma chi, dopo aver miseramente mancato, non si rende con la propria ostinatezza indegno della comunione dei fedeli, sia ricevuto con sommo amore, e in lui si ravvisi con carità fattiva un membro infermo di Gesù Cristo. È infatti preferibile, come avverte il Vescovo d’Ippona, "essere risanati nella compagine della Chiesa, anziché esser tagliati dal suo corpo a guisa di membra inguaribili" (August. Epist., 157, 3, 22; Migne, PL 33 23, 686). "Finché una parte aderisce al corpo, la sua guarigione non è disperata; ciò che invece fu reciso, non può né essere curato né guarire" (August. Serm., 137, 1; Migne, PL 38 col. 754). qui
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