Don Roberto Repole è da qualche giorno il nuovo arcivescovo-metropolita di Torino e di Susa (due sedi oggi riunite in persona episcopi).
Non meriterebbe parlarne se non fosse che è il teologo che nel 2018 ha curato la pubblicazione degli undici volumetti della Libreria Editrice Vaticana “La teologia di papa Francesco” che Benedetto XVI rifiutò di recensire. Ne abbiamo dato notizia in diretta [qui].
A suo tempo, nel corso di una conferenza stampa, mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, cercò di far credere all’opinione pubblica che Benedetto XVI approvasse tale iniziativa e il nuovo paradigma teologico che vi era esposto. Lo fece manipolando la lettera con cui invece Benedetto XVI aveva addirittura negato la propria recensione. Fu tale lo scandalo che il Viganò fu costretto a dimettersi, ma papa Francesco lo fregiò incarico particolare nella stessa Segreteria per la Comunicazione.
Curatore della collana in predicato è il teologo torinese don Roberto Repole che, nell’occasione, si servì di colleghi teologi — in linea con la sua attitudine a mantenersi in un dialogo vivo con la cultura del mondo contemporaneo — i quali si erano già distinti per la loro opposizione al magistero dei precedenti pontificati mentre, nell'attuale, finalmente si trovavano nel loro elemento. Tra essi il tedesco Peter Hünermann che «durante il mio pontificato si è messo in luce per aver capeggiato iniziative anti-papali ... inoltre attaccò in modo virulento l’autorità magisteriale del Papa specialmente su questioni di teologia morale», come ha scritto [qui] Benedetto XVI nella sua lettera di diniego a recensire la collana.
Per la stessa collana, sempre nella linea del cosiddetto pensiero umile sbandierato da Bergoglio e dai suoi corifei, è anche la scelta di affidare la trattazione della teologia morale di papa Francesco a don Aristide Fumagalli che, nell’occasione, in linea con l'Amoris laetitia — per la quale notoriamente sono stati ignorati i Dubia di 4 cardinali e gli appelli di diversi studiosi e pastori [qui] —, non mancò di promuovere il «matrimonio progressivo», che apre la porta all’idea che azioni intrinsecamente cattive possano diventare, all’interno del matrimonio progressivo, l’unico bene possibile in un dato momento...
Lo stesso don Repole. in uno dei libretti, presenta l’ecclesiologia bergogliana: Il sogno di una Chiesa evangelica, dove le sue idee si intrecciano a quelle del suo mentore. Una linea ecclesiologica di rottura rispetto alla Communionis Notio della Dottrina della Fede, inviata nel 1992 a tutti i vescovi del mondo per chiarire che la Chiesa universale non è il risultato della somma o della comunione delle Chiese particolari, ma «è una realtà ontologicamente e temporalmente previa ad ogni singola Chiesa particolare» (n. 9). Com'è ormai più che evidente, invece per Bergoglio vale la linea Kasper «per cui non si possa intendere l’universalità della Chiesa come realtà previa all’esistenza delle Chiese locali». Un passo avanti nell'ottica dell’ossessione per la sinodalità che caratterizza l'attuale pontificato [qui - qui - qui].
Ed ora a Don Roberto Repole è arrivato il “premio” per aver saputo “arruolare” i teologi adeguati in quell’occasione, ma soprattutto per aver ben recepito il cambio di paradigma. Lui stesso è stato relatore a un incontro, dal titolo ambiguo, di cristiani omosex. Emblematica (il titolo dice tutto) la sua tesi di dottorato in teologia sistematica (2001) presso la pontificia Università Gregoriana in Roma: «Chiesa pienezza dell’uomo. Oltre la postmodernità: G. Marcel e H. de Lubac». E così è stato nominato, a soli 55 anni, arcivescovo-metropolita di Torino, anticamera per il cardinalato. In una Chiesa irriconoscibile.
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