venerdì 17 dicembre 2021

Una processione cattolica attaccata a Nanterre

Le mie considerazioni in conclusione.
A Nanterre, cittadina alle porte di Parigi, dei cattolici non hanno potuto fare la processione dell'8 dicembre per l'Immacolata. Sono stati bloccati e insultati da un gruppo di islamici. Un fatto analogo è accaduto tempo fa a Parigi.
Mercoledì 8 dicembre, durante una processione mariana con fiaccolata a Nanterre, un gruppo di fedeli cattolici ha sfilato tra le chiese di Saint-Joseph e Sainte-Marie-des-Fontenelles.

Durante la marcia, erano previste due soste, racconta la diocesi di Nanterre in un comunicato, annunciando la presentazione di una denuncia. Durante la prima tappa, il corteo è stato attaccato da militanti islamisti che hanno pronunciato insulti e minacce grossolane e violente. La torcia di un devoto è stata strappata e gettata sui partecipanti.

Le Figaro evoca diversi insulti e minacce: «kouffars» («miscredenti»), o anche «Wallah sul Corano ti taglierò la gola», «Questa è terra di Allah, andatevene». Insulti e minacce per tutta la processione coperti da canti alla Vergine. Contattata, la diocesi di Nanterre conferma i termini utilizzati.

Sulle pagine di Le Figaro è intervenuto il vescovo di Nanterre, mons. Matthieu Rougé che ha dichiarato: «Non si tratta di un incidente banale. La reattività dei responsabili pubblici, a tutti i livelli dello Stato, manifesta bene che queste violenze sono considerate realmente indicative delle fratture molto profonde che rischiano di far esplodere la nostra società».
Ha però aggiunto che 
«Non basta esprimere vicinanza sui social», riferendosi alle reazioni di solidarietà coi cattolici di Nanterre manifestate sui social da esponenti politici e delle istituzioni. «Nell’epoca della società dell’immediatezza, le reti sociali possono contribuire alla manifestazione della verità ma favoriscono anche le esagerazioni e l’istintività delle reazioni senza prospettive e senza una vera riflessione in vista dell’azione. Ho trovato singolare che certi responsabili di altissimo livello, non tutti naturalmente, abbiano reagito soltanto sui social, senza prendersi il tempo di una chiamata o di un messaggio personalizzato, come se la cosa più importante non fosse sostenere le persone ferite o aggredite, ma piuttosto di non dare l’impressione di essere in ritardo nel gioco della comunicazione sociale. Al contrario, sono le chiamate, gli scambi reali, le conversazioni approfondite, talvolta incontri che hanno luogo per la prima volta a causa della gravità dei fatti, che risultano creatori di relazioni costruttive e pacificatrici. Quando i social si sostituiscono alla conversazione democratica e fraterna sul posto, il posto stesso diventa una specie di terra di nessuno abbandonata a tutte le violenze. Se l’energia spesa online fosse investita in sforzi giuridici ed educativi di prossimità, la nostra società andrebbe un po’ meglio».
Mentre il ritorno alla realtà, uscendo dall'uso prevalente del virtuale, è quanto mai indispensabile in ogni caso,  ciò che ci aspetteremmo tutti, a tutti i livelli, ecclesiastici e civili, anche nel nostro paese, è un'azione energica e responsabile educativa e di guida: autentici sforzi giuridici ed educativi di prossimità - ma non solo - e che non siano il trito e ritrito "dialogo ad oltranza" evocato dal vescovo.
(Mi sono documentata su diverse fonti tra cui Boulevard voltaire e France.tv)

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