martedì 28 dicembre 2021

Mosebach accusa papa Francesco di essersi vendicato contro Benedetto XVI

Interessante registrare, nella nostra traduzione dal Katholisch.de le recenti dichiarazioni su Traditionis custodes di un illustre difensore della Tradizione, Martin Mosebach, del quale di seguito riprendo anche quelle più a ridosso della pubblicazione del motu proprio a suo tempo apparse su First Things. Denominatore comune di tutti gli interventi e reazione corale è: Resistenza, di fatto la stessa obbediente disobbedienza di Sant'Athanasio al tempo dell'eresia ariana... Qui l'indice dei precedenti su TC e sui Responsa.

Il pontefice ha ristretto la celebrazione della forma preconciliare della messa 
Lo scrittore Mosebach accusa papa Francesco 
di essersi vendicato contro Benedetto XVI
I nuovi chiarimenti al decreto “Traditionis custodes” sul cosiddetto rito antico hanno suscitato le critiche dello scrittore Martin Mosebach, il quale ha rimproverato papa Francesco di aver utilizzato il documento per vendicarsi del suo predecessore Benedetto XVI
Berlino — 25 dicembre 2021 Lo scrittore Martin Mosebach ha accusato papa Francesco di aver voluto esercitare una vendetta personale contro il suo predecessore Benedetto XVI restringendo la celebrazione della messa secondo il rito antico in latino. Lo scrittore settantenne ha riferito al “Welt am Sonntag” di ritenere possibile una tale ipotesi, che però “per un senso di cortesia curiale verrebbe confermata solo dopo la morte di Benedetto XVI. Qui c’era ovviamente in gioco una componente di vendetta.”

Francesco non ha perdonato a Benedetto, continua Mosebach, “il fatto che il suo libro sul sacerdozio, all’inizio del 2020 [vedi], abbia influenzato l’esito del Sinodo dell'Amazzonia e abbia mandato all’aria il progetto della tanto desiderata abolizione del celibato”. Ciò ha fatto arrabbiare molto il papa: “Ora [Francesco] ha restituito il favore intervenendo contro la messa celebrata col rito antico, ossia contro una liturgia che stava molto a cuore a Benedetto e che questi aveva espressamente riabilitato”.

Alla domanda sul perché ai cattolici conservatori piaccia parlare di obbedienza, ma ora “stiano sperimentando la resistenza” poiché il papa sta respingendo la messa col rito antico, l’autore ha risposto che il papa è strettamente legato alla tradizione, a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e praticato. “Se Papa Francesco infrange la tradizione, non può più obbligare i credenti all’obbedienza. Soprattutto, egli attacca le fondamenta su cui si regge il papato. Il rito tridentino non è caduto dal cielo, ma è cresciuto nella storia”.

Una nuova lettera su “Traditionis custodes
Lo scorso fine settimana, il Vaticano ha pubblicato una nuova lettera sulle ambiguità nell’interpretazione del decreto papale “Traditionis custodes” di luglio. Il prefetto della Congregazione per il Culto Divino, Arthur Roche, ha confermato che con il decreto Francesco ha sancito che la “forma ordinaria” della messa è “l’unica espressione” del rito della messa romana. La forma straordinaria del 1962, in latino e con le spalle al popolo dei fedeli, consentita da Benedetto XVI su larga scala nel 2007, può dunque essere celebrata solo in casi eccezionali e a condizioni particolari.

Il decreto è considerato controverso dagli ambienti conservatori. Secondo Francesco, le linee guida hanno lo scopo di contrastare le tendenze divisorie che esistono all’interno della Chiesa. I difensori della liturgia tradizionale si lamentano non solo del contenuto del documento, ma anche del suo tono severo.

Il poliedrico autore Martin Mosebach si è espresso spesso in difesa della messa in rito antico e ha spesso criticato aspramente papa Francesco. Nel 2015, ad esempio, lo ha accusato di disinteressarsi della teologia. Da oltre vent’anni chiede alla Chiesa cattolica di tornare alla messa in latino. Nel 2002 ha pubblicato un libro polemico contro la riforma liturgica avvenuta dopo il Concilio Vaticano II (1962-1965), il cui titolo provocatorio è Häresie der Formlosigkeit. Die römische Liturgie und ihr Feind [Eresia dell’informe. La liturgia romana e il suo nemico]. [vedi]
[traduzione dal tedesco per Chiesa e post-Concilio di Antonio Marcantonio] 

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 A completamento, riprendo anche questo interessante articolo apparso in precedenza su First Things

Nessun Papa è al di sopra della Tradizione
di Martin Mosebach 

Col motu proprio Traditionis Custodes, papa Francesco ha emesso un ordine. Lo fa in un momento in cui l’autorità papale si sta disfacendo come mai prima d’ora. La Chiesa è da tempo giunta ad uno stato ingovernabile. Ma il Papa continua a combattere. Abbandona i suoi principi più cari – “ascolto”, “tenerezza”, “misericordia” – che rifiutano di giudicare o dare ordini. Papa Francesco è scosso da qualcosa che lo turba: la Tradizione della Chiesa. 

Il limitato respiro che i suoi predecessori hanno concesso alla tradizione liturgica non è più occupato solo da nostalgici senili. La Messa tradizionale in latino attira anche i giovani, che hanno scoperto e imparato ad amare il “tesoro nascosto nel campo”, come papa Benedetto ha chiamato l’antica liturgia. Agli occhi di Papa Francesco, questo è così grave che deve essere cancellato.

La veemenza del linguaggio [della lettera di accompagnamento] del motu proprio suggerisce che questa direttiva è arrivata troppo tardi. Gli ambienti che aderiscono alla tradizione liturgica sono infatti drasticamente cambiati negli ultimi decenni. Alla Messa tridentina non partecipano più solo coloro che sentono la mancanza della liturgia della loro infanzia, ma anche coloro che hanno riscoperto la liturgia e ne sono affascinati, compresi molti convertiti, molti che sono stati a lungo lontano dalla Chiesa. La liturgia è la loro passione e ne conoscono ogni dettaglio. Tra loro ci sono molte vocazioni sacerdotali. Questi giovani non frequentano solo i seminari tenuti dalle fraternità sacerdotali della Tradizione. Molti di loro seguono la consueta formazione al sacerdozio, e sono tuttavia convinti che la loro vocazione sia rafforzata proprio dalla conoscenza del rito tradizionale. La curiosità per la Tradizione cattolica eliminata è cresciuta, anche se molti avevano descritto questa tradizione come obsoleta e malsana. Aldous Huxley ha illustrato questo tipo di stupore ne Il mondo nuovo, in cui un giovane dell’élite moderna, senza un senso della storia, scopre le ricchezze traboccanti della cultura premoderna e ne rimane incantato.

L’intervento del Papa può ostacolare per qualche tempo la crescita del recupero liturgico della tradizione. Ma potrà fermarlo solo per il resto del suo pontificato. Perché questo movimento tradizionale non è una moda superficiale. Ha dimostrato nei decenni della sua repressione prima del motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto che persiste una devozione seria ed entusiasta alla completa pienezza del cattolicesimo. Il divieto di papa Francesco susciterà resistenza in chi ha ancora la vita davanti e non permetterà che il proprio futuro venga oscurato da ideologie obsolete. Non era buono, ma non era nemmeno saggio, mettere alla prova l’autorità papale.

Papa Francesco vieta le messe in rito antico nelle chiese parrocchiali; esige che i sacerdoti ottengano il permesso di celebrare la Messa antica; chiede anche ai sacerdoti che non hanno ancora celebrato nel rito antico di ottenere questo permesso non dal loro vescovo, ma dal Vaticano; e richiede un esame di coscienza dei partecipanti alla Messa antica. Ma il motu proprio di Benedetto Summorum Pontificum ragiona su un piano totalmente diverso. Papa Benedetto non ha “permesso” la “vecchia Messa” e non ha concesso alcun privilegio per celebrarla. In una parola, non ha preso un provvedimento disciplinare che un successore può ritirare. La novità e la sorpresa del Summorum Pontificum è la dichiarazione che la celebrazione dell’antica Messa non necessita di alcun permesso. Non era mai stato proibito perché non poteva essere proibita.

Si potrebbe concludere che qui troviamo un limite fisso, invalicabile, all’autorità di un papa. La Tradizione sta al di sopra del Papa. La Messa antica, radicata profondamente nel primo millennio cristiano, è, in linea di principio, al di là dell’autorità del papa, quindi non può essere proibita. Molte disposizioni del motu proprio di papa Benedetto possono essere accantonate o modificate, ma questa decisione magisteriale non può essere eliminata così facilmente. Papa Francesco non tenta di farlo, lo ignora. Rimane in piedi, anche dopo il 16 luglio 2021, il riconoscimento dell’autorità della Tradizione secondo cui ogni sacerdote ha il diritto morale di celebrare il vecchio rito mai proibito.

La maggior parte dei cattolici del mondo non si interesserà affatto del Traditionis Custodes. In considerazione del piccolo numero di comunità tradizionaliste, la maggior parte difficilmente capirà cosa sta succedendo. C’è infatti da chiedersi se il Papa non avesse faccende più urgenti – in mezzo alla crisi degli abusi sessuali, agli scandali finanziari della Chiesa, ai movimenti scismatici come il cammino sinodale tedesco e alla situazione disperata dei cattolici cinesi – che cancellare questa piccola comunità devota.

Ma gli aderenti alla Tradizione devono concedere al Papa questo: come loro, pure lui prende sul serio la messa tradizionale, che risale almeno ai tempi di Gregorio Magno. Lui, però, la giudica pericolosa. Scrive che i papi in passato crearono più e più volte nuove liturgie e abolirono quelle vecchie. La verità è l’opposto. Piuttosto, il Concilio di Trento prescrisse l’antico messale dei papi romani – sorto nella tarda antichità – per uso generale, perché fu l’unico che non venne rovinato dalla Riforma protestante.

Forse non è la Messa antica ciò che più preoccupa il Papa.

Francesco sembra simpatizzare per l’ermeneutica della rottura, quella scuola teologica che afferma che con il Concilio Vaticano II la Chiesa ha rotto con la sua Tradizione. Se questo è vero, allora ogni celebrazione della liturgia tradizionale deve essere impedita.

Finché la Messa antica in latino sarà celebrata in un garage, il ricordo dei duemila anni precedenti non si estinguerà. Questa memoria, tuttavia, non può essere sradicata dall’esercizio brusco del positivismo giuridico pontificio. Tornerà ancora e ancora, e sarà il criterio con cui la Chiesa in futuro dovrà misurarsi.

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